Frosinone e Latina con la Campania: ecco perché il rischio è concreto

CORRADO TRENTO per CIOCIARIA EDITORIALE OGGI

Non si può far finta di non vedere. Il Governo Renzi ha riformato le Province: non abolendole ma trasformandole in enti di secondo livello. Depotenziandole sostanzialmente. Senza considerare i tagli di risorse, tema che per la verità ha riguardato anche i Comuni. Approvata pure la riforma del Senato: anche in questo caso non c’è l’abolizione, ma la trasformazione sì. Quindi voler sostenere che il riordino delle Regioni non avverrà mai è quantomeno azzardato.

Certamente non in questa legislatura, perché i tempi per l’approvazione di una legge di revisione costituzionale non ci sono. Però ormai il solco è tracciato: cambiare, cambiare, cambiare. L’elemento fondamentale è la velocità più che i risultati. Non si usa più tanto il verbo rottamare, ma la sostanza cambia poco.

Forse non è un caso che Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna, abbia detto: «Una riforma costituzionale come quella proposta dal governo, che prevede il superamento del bicameralismo, il taglio di oltre trecento parlamentari, un Senato dove sono rappresentati Regioni e Comuni, e l’abolizione di 110 Province non può ritrovarsi, tra qualche anno, con le stesse venti regioni di oggi».

Una frase che oggi appare quasi profetica.