Gli onori di Buschini ai maledetti Giornalisti

Il ricordo di Giovanni Bartoloni fatto in apertura di Consiglio Regionale dal presidente Mauro Buschini. Un riconoscimento alla categoria dei Giornalisti Portavoce ed al loro oscuro lavoro dietro le quinte

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Maledetti giornalisti. Ficcanaso dannati che si infilano in cose che non li riguardano. Solo per sparare un titolo e fare qualche click in più, vendere qualcuna delle loro copie. Di due tipi: o pezzentoni pagati 7 euro ad articolo (e quindi corruttibili) oppure strapagati dai loro editori (e quindi già corrotti, sicari a prezzo fisso mensile). Ci odiano perché spesso non sanno ciò che facciamo e quanta fatica ci sia dietro poche righe di piombo: ore rubate alla famiglia, angoscia di fronte alla tastiera, crisi nel dubbio tra una parola e l’altra. Peggio ancora se ad un certo punto della carriera ti stanchi di frequentare preti, poliziotti e puttane: lasci la Cronaca e passi alla Politica.

Il fondamentale ruolo dei portavoce

Qualche anno fa ci fu chi fece capire ai politici, alle industrie, alle pubbliche amministrazioni, che occorreva un salto nella modernità. Fu così che arrivarono gli addetti Stampa ed i portavoce. Non gente che batte un comunicato da inviare ai giornali e pregare poi che te lo pubblichino. Quella dell’Addetto Stampa e più ancora del Portavoce (la differenza sta in quanto margine di iniziativa politica hai) è un’arte: che presuppone esperienza, conoscenza del mezzo, capacità di dialogo con gli uomini sia tra i politici che devi rappresentare e sia tra i Giornalisti che recepiranno le notizie. Devi essere un diplomatico, tanto più sottile quanto più in alto sali.

Perché non devi inciuciare, non devi fare accordi con il Giornalista. Il tuo compito è quello di agevolargli il lavoro ma la tua abilità è fare in modo che nel resoconto ci sia anche la versione delle cose che tu vuoi che esca. È un dare e avere non dichiarato, nel quale si sta entrambi con la guardia alta.

Ecco, Giovanni Bartoloni era tutto questo. Un Giornalista che ad un certo punto della carriera decide di fare l’ufficiale di collegamento tra due mondi che parlano lingue diverse. Quello dell’industria o della politica con quello dell’informazione.

Giovanni Bartoloni

Giovanni era dannatamente bravo. Capiva al volo di cosa avevi bisogno, ti faceva arrivare a quell’informazione. Immancabilmente aveva l’abilità di disinnescare le situazioni più a rischioregalandoti‘ anche una chiave di lettura delle cose che, per onestà intellettuale, non potevi omettere. Anche se diceva una cosa diversa da quella che avresti voluto.

Era stato così in Equitalia, ad Alitalia, alla Provincia di Roma, al parlamento Europeo, in Regione Lazio. Se lo contendevano perché aveva tutto ciò che occorreva: la conoscenza della politica e dei suoi trucchi, la dimestichezza con la comunicazione e la professione giornalistica, soprattutto il garbo e la diplomazia.

Per dirla con le parole di Davide DesarioI suoi messaggi su whatsapp li trovavi la mattina presto quando prendevi in mano il cellulare. Perché lui aveva già letto tutti i giornali, aveva scandagliato i siti, faceva confronti e commenti. Ed erano sempre messaggi interessanti, garbati e spesso ironici. Come lui”. 

Talmente bravo che è riuscito a non farsi dimenticare. Anzi, a lasciare un vuoto. Pochi giorni fa il Covid lo ha portato via per sempre dal suo ufficio di Portavoce del Presidente del Consiglio Regionale del Lazio. In genere finisce lì: te ne vai, giusto una lacrima di circostanza, quelli più educati vanno a dare una pacca sulla spalla alla vedova. (Leggi qui Covid maledetto: ha portato via Giovanni Bartoloni).

Questa volta no. L’ultimo presidente del Consiglio Regionale del Lazio al servizio del quale Giovanni Bartoloni ha messo a disposizione le sue capacità è andato oltre. Con un gesto di garbo e di rispetto verso Giovanni e verso il silenzioso lavoro dei Comunicatori che stanno un passo indietro ai riflettori ma spesso sono loro a renderli luminosi ed evitare che ti ci bruci sotto.

Daniele Leodori con Mauro Buschini

Mauro Buschini ieri ha aperto il consiglio regionale del Lazio, l’assemblea che fa le Leggi nella Regione in cui c’è Roma, dedicando un commosso ricordo a Giovanni Bartoloni. Non una frase di circostanza, non un ricordo di comodo e poi via ad approvare.

Una cartella intera. Senza retorica, fin dalla prima riga.

Stai tranquillo, Giovanni, non sto per dedicarti Un minuto di silenzio, so che non li ami particolarmente. Penso, però, sia giusto che il Consiglio Regionale Ti rivolga un pensiero, dopo che lo hanno fatto tanti tuoi colleghi, organi di stampa, i due rami del Parlamento italiano e tante altre Istituzioni, a partire da quelle che hanno avuto la fortuna di averti come collaboratore.

C’è un misto di rabbia e di amarezza quando il presidente Buschini legge la frase

… non doveva accadere: a te come a migliaia di donne e uomini di ogni età, che stanno perdendo la vita a causa di questo maledetto virus. Non è bastata la tua prudenza, la tua saggezza, il tuo rispetto per le regole ed i protocolli, che hai cercato di trasmettere a tutti noi fino all’ultimo istante.

Il resto sono aneddoti, ricordi di caffè al mattino, pranzi nei quali capire e decidere come affrontare, ma anche nei quali commentare la Juve o avvertire che la luna era nera.

Ricordare Giovanni Bartoloni sarebbe stata un’impresa, Buschini in quell’intervento ne ha tracciato un affresco, rendendogli onore per il lavoro svolto e per il modo in cui lo aveva fatto. Soprattutto ha avuto il garbo umano e la sensibilità di farlo: non scontata, non dovuta, non attesa.

Soprattutto perché apparteneva alla categoria dei bravi ma maledetti Giornalisti.