Emigranti e migranti: la Ciociaria a due facce (di C. Trento)

I ragazzi italiani mettono in valigia i loro sogni e vanno via. Colpa di una classe dirigente (non solo politica) che non ha saputo dargli una prospettiva. Il problema non è che se ne vanno. È che non tornano. Significa che fuori si sta meglio. Che si può fare, costruire, crescere, sognare. E qui no

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

Il numero è impressionante: 54.531. Sono i ciociari iscritti all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero). Una cifra maggiore, e largamente, dei residenti a Frosinone, il capoluogo.

Negli ultimi tre anni la presenza dei ciociari all’estero è cresciuta del 3%. Sono gli emigranti del terzo millennio, come ha spiegato benissimo il collega Raffaele Calcabrina nell’articolo di ieri. I dati diffusi dal Rapporto Italiani nel Mondo della fondazione Caritas Migranti danno uno spaccato impietoso della società italiana.

Sono 5,3 milioni i nostri connazionali andati a vivere e risiedere altrove, fuori dai confini nazionali. In molti paesi di questa provincia ci sono più persone all’estero che residenti: Casalattico, San Biagio Saracinisco, Terelle, Picinisco, Acquafondata. Ma pure centri grandi come Sora e Cassino contano numerosi residenti all’estero: rispettivamente 3.477 e 3.201.

I nuovi emigranti italiani: gli studenti che rimangono all’estero

A Frosinone nell’ultimo triennio gli iscritti all’Aire sono cresciuti del 18%. Gli over 65 sono un terzo dei residenti all’estero, mentre quelli nella fascia 18-34 anni rappresentano il 17,5%. Meno del 19,7% delle persone tra i 35 e i 49 anni. Infine, due ciociari su dieci all’estero hanno tra i 50 e i 64 anni.

Vuol dire che il fenomeno è globale. Ma la domanda vera è: perché si emigra oggi? Per lo stesso motivo di un passato remoto che pensavamo di aver superato. E che invece ha occupato brutalmente il nostro presente e promette di condizionare il futuro. Si emigra per cercare lavoro. Ma anche, e questo discorso riguarda soprattutto i pensionati, per avere una qualità della vita migliore. Perché altrove si pagano meno tasse semplicemente per il motivo che magari le pagano tutti, perché altrove la lotta all’evasione fiscale si fa e non si annuncia, perché altrove ad un certo livello di carico fiscale corrisponde un certo livello di servizi. Fatto sta che adesso anche i numeri certificano quello che andiamo sostenendo da tempo e cioé che dalla Ciociaria stanno andando via giovani e meno giovani, laureati e non. Nell’indifferenza di una classe dirigente (tutta, non solo quella politica) sorda al grido di lavoro, muta rispetto alle richieste della gente normale, cieca di fronte ad una lenta ma inesorabile deriva.

Il futuro rubato e il sogno di campare

I ragazzi del nuovo millennio

Sono due facce della stessa medaglia. I giovani ciociari vanno via per avere una prospettiva occupazionale, che consenta loro di potersi programmare la vita: sposarsi, avere dei figli, acquistare una casa, pagare mutui e bollette. Sono cose normali, che però dalle nostre parti sembrano delle montagne impossibili da scalare. Viene da chiedersi perché altrove è possibile.

E il fatto che l’emigrazione sia in vertiginoso aumento vuol dire che l’effetto del “villaggio globale” penalizza proprio l’Italia e il nostro territorio nel confronto. Perché chi va all’estero si rende conto che il lavoro non solo c’è, ma che è retribuito meglio che in Italia. Perché oggi dello sterminato esercito dei nuovi poveri fa parte pure chi un lavoro ce l’ha ma è mal retribuito.

Vanno via laureati ma pure giovani poco istruiti. E dovrebbe far riflettere altresì il fatto che per tanti c’è il grande problema della lingua, che però non frena l’esodo. Vuol dire che chi va via lo fa perché in Ciociaria non vede speranze. Non è facile lasciarsi alle spalle le proprie radici, i ricordi, gli affetti, le emozioni, le condivisioni.

Bisognerebbe riflettere davvero su quanta forza e quanta disperazione occorrono per un salto del genere. In tutto questo contesto nessuno sembra porsi il problema più evidente: in Ciociaria non ci sono prospettive lavorative. In nessun settore.

Costretti ad andare via, come un secolo fa

E poi diciamo la verità: siamo tutti stufi di sentirci ripetere (da quanti anni ormai?) che è il momento dei sacrifici, di tirare la cinghia, di avere pazienza. Siamo stufi perché nulla è cambiato e neppure è stato programmato.

La classe politica pesa sempre di meno, così come quella associativa, imprenditoriale, sindacale. Non si riesce a fare squadra, ma neppure ci sono “giocate da fuoriclasse” di singoli. Il piattume è generale, il silenzio è assordante e si va avanti alla giornata ripetendo che è l’unico modo per vivere oggi.

Non si vive così invece e le dimostra il fatto che chi va via non torna indietro. Vuol dire che altrove si può fare. Cioè si può “campare”: una volta si sarebbe parlato di minimo sindacale. Emigrare vuol dire fare una scelta. Dolorosa e coraggiosa. Scelte che la politica non fa più, impegnata 24 ore al giorno a inseguire i like e a fare selfie.

L’accoglienza degli immigrati come business

Dalla fame alla disperazione e allo sfruttamento

Ennesima inchiesta su come vengono utilizzati i fondi destinati all’accoglienza degli immigrati: 25 indagati, con accuse che vanno, a vario titolo, dall’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di dipendenti pubblici all’estorsione, dalla truffa ai danni dello Stato e agli enti pubblici alla frode nelle pubbliche forniture, dall’abuso d’ufficio alla malversazione ai danni dello Stato. Non dimenticando l’emissione e l’utilizzo di fatture false. (leggi qui Feste, ville e Bmw con i soldi per sfamare e vestire i migranti: 25 indagati)

Sono indagati imprenditori e amministratori locali. Accuse tutte da provare naturalmente. Intanto però è emerso lo scenario solito in casi come questo. Con i profughi alle prese con la sporcizia, con la scarsità di cibo, con strutture senza acqua calda, con un vestiario non adeguato all’inverno. Con il contrasto, tratteggiato dai capi accusatori, delle ville, delle auto di grossa cilindrata e dal lusso finanziato con fondi destinati all’accoglienza agli immigrati.

Da mesi le Procure della Repubblica di Frosinone e Cassino, unitamente alle forze dell’ordine, stanno scoperchiando diversi pentoloni. L’inchiesta su tangenti e camorra per il project del cimitero di Ferentino, l’operazione Malaffare, quella Urban Waste e ora Welcome to Italy. Il minimo comun denominatore è rappresentato da quella “terra di mezzo” dove proliferano truffa e corruzione, dove la politica si mischia con gli affari, dove perfino la solidarietà cede il passo al business. E nessuno si meraviglia davvero, perché ormai si è visto di tutto.

La conferenza stampa del procuratore di Casino, Luciano D’Emmanuele

In conclusione, la Ciociaria si riscopre terra di emigranti. E contemporaneamente è alle prese con il fenomeno dell’immigrazione, che sempre più spesso conosce inchieste come quella Welcome to Italy. Si tratta di capire che persone siamo e vogliamo essere, cosa intendiamo trasmettere ai nostri figli. Perché il quadro che emerge è purtroppo chiaro: non ci sono prospettive né per gli italiani né per gli stranieri, né per chi è nato qui né per chi ci arriva.

Va davvero bene così? Siamo seri.

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