La sconfitta del Referendum tra padella e brace

Arturo Gnesi
di ARTURO GNESI
Sindaco di Pastena

 

Caro direttore,
è in pieno svolgimento il voto per il referendum costituzionale e in molti stanno con il fiato sospeso per sapere, come in una partita di poker, se potranno rilanciare o dovranno passare la mano.

Sarà uno tsunami perché in tanti hanno voluto legare il loro destino alle sorti della consultazione popolare, una questione che anziché essere legata ai quesiti referendari ha finito per essere una certificazione dello stato di salute o di malattia dei tanti protagonisti che calcano il palcoscenico provinciale e regionale.

Si preannunciano sommosse, vendette, rese dei conti e rivincite che poggiano tutte su una visione condizionata e strumentale dell’appuntamento odierno con le urne e credo che a prescindere dal’esito lascerà ferite profonde nella storia della repubblica italiana.

Tra meno di ventiquattrore in molti brinderanno per la vittoria e chi avrà perso comunque troverà motivi di consolazione e spunto per rivendicare, come sempre, un ruolo attivo e propositivo per lo sviluppo della dialettica politica e la crescita economica del territorio.

Io ammetto di essere, già da oggi uno sconfitto, perché nessuno è riuscito ad emozionarmi, a convincermi a togliermi il dubbio che oltre il referendum c’erano altri obiettivi da raggiungere, altri equilibri da mantenere, altro potere da conquistare, altre alleanze da suggellare. Nessuno è riuscito a spiegarmi come un fronte eterogeneo con storie, cultura e passione civile totalmente diverse e addirittura contrapposte potesse ritrovarsi unito nell’esprimere all’unisono le stesse critiche alla maggioranza di governo e alla proposta di riforma costituzionale.

Non mi hanno convinto le piazze stracolme e plaudenti dei Cinque Stelle, troppe rumorose e fragili, dove accanto alla previsione e all’auspicio di una sconfitta plateale e irrimediabile del governo renziano, altro non si è detto se non il ritorno immediato alle urne quasi che questo potesse servire a scongiurare i complotti e ad allontanare le forze arcane che tengono sotto scacco la finanza e l’economia del nostro paese.

Non mi hanno convinto quelli del Si, fautori e promotori di una riforma istituzionale con poche luci e tante ombre e soprattutto macchiata da discutibili personaggi che sul curriculum personale anziché avere titoli accademici o riconoscimenti scientifici, presentano rinvii a giudizio o condanne per atti di peculato e corruzione.
Dinanzi agli apostoli del Si e ai profeti del no non ci sono stati spazi di discussione o di mediazione, quasi un assalto alla baionetta all’ultima trincea del potere costituito e mentre le truppe si preparavano per lo scontro finale, in tanti hanno cominciato a fare i conti sulle posizioni da mantenere a partire dal giorno dopo del voto.

Questa consultazione elettorale penso non sia servita a far crescere la qualità della politica sul nostro territorio per la disomogeneità genetica e strutturale di quelli che andranno a votare per il No. E non potrà essere di aiuto per formulare una strategia politica di sviluppo graduale e razionale del nostro territorio.

Se qualcuno ha avvertito la gente del pericolo di “un uomo solo al comando” c’è da credere che non sarà rassicurante la situazione in cui ci saranno “troppi galli a cantare” e a rivendicare i meriti per questo straripante successo.

In definitiva sarà difficile mantenere la rotta se solo un terzo degli elettori avrà appoggiato la proposta del governo perché dinanzi a questa sonora bocciatura andranno rivedute e corrette le politiche economiche e sociali degli ultimi anni ma sarà possibile invertire la rotta facendo rimanere tutto tale e quale ?

Un bel dilemma e una grande sfida che potrà essere vinta riportando i territori, la gente, la qualità della vita e i valori costituzionali nuovamente ad essere l’architrave dell’agire e del pensare politico.

Un caro saluto da uno che in questo referendum ha già perso in partenza.

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