Quelli che dovrebbero fare politica e uccidono l’informazione

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Non entro nel merito delle cose dell’amministrazione in carica a Latina, è fin troppo facile, ora, attaccarla. Ma entro nel merito di una polemica che è sorta a latere, nel rapporto tra il potere locale di turno e l’informazione, e in generale del rapporto tra classi dirigenti e informazione.

Da noi l’informazione non “informa”, non “forma” l’opinione pubblica, ma dovrebbe confortare i tifosi.

Abbiamo classi dirigenti che hanno bisogno di messe, a cui piacciono le loro omelie, meno la coscienza, la scienza, i bisogni dei credenti. Se eri progressista sceglievi Il Messaggero, se baciapile Il Tempo, noi giravano con Lotta Continua per far finta di contestare l’operaismo vecchio dei nostri genitori. Era bandiera, non “informazione” non “forma” dell’opinione pubblica.

Qui ciascuno cerca il proprio megafono, ma nessuno si preoccupa di cercare gli elementi diversi dai propri per capire ciò che la società sente. Abbiamo classi dirigenti parlanti, monologanti, ma non ascoltanti.

I tifosi poi sentenziano: chi ha lo stesso tifo è bravo, chi contesta il modello di gioco è “ignorante”. Lo schema è facile: se capisci non puoi non essere d’accordo con me. Il civismo poi nel suo vuoto è l’esaltazione di questo. Giusti contro ignavi, belli contro brutti e i belli “siamo sempre noi”. Chi scrive? Se a favore è bravo, se contro è dentro un complotto internazionale contro il bene. Che, poi, è più bene se comune (che sta per occupare il Comune).

Una fontana o ha l’acqua che zampilla o no, non c’è terza via e, soprattutto, chi governa non può rimandare ad altri l’unico onere che ha il potere: la responsabilità dell’oggi (non mi avventuro a chiedere speranza del futuro), se la eviti sei apolitico, non ti stai occupando della città.

Il giornalista non deve, e non può, essere passacarte, deve “mediarle”, deve spiegarle, deve leggerle. In troppi amano la Pravda o l’Osservatore romano, in pochi leggono cercando non le loro ragioni, ma il sentire di una comunità per capire le proprie prossime scelte. L’informazione a favore, di elogio, è inutile perché non aiuta chi sa a sapere altro, chi non sa a conoscere le mille sensibilità del mondo. E l’informazione è utile se contraddice, perché a dire siamo bastevoli, il consenso si cerca tra gli elettori al voto, dall’informazione serve il confronto, serve lo stimolo.

Chi non lo comprende, fa il riccio: si chiude in sé e le elezioni non le vincono i ricci, ma i gatti che vanno a cercare il movimento, poi assaltano la foglia e gli va male, ma prima o poi beccano il topo. La politica ha bisogno di ascolto, muore con i tifosi.