Latina – Frosinone, la partita che non giochiamo (di L. Grassucci)

Latina – Frosinone, la partita che non giochiamo: la profonda differenza di approccio tra i Ciociari ed i Pontini. Chi era Giuseppe De Santis?

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Impegno la SR 156, la strada che collega Latina a Frosinone, o meglio cerca.

Per farla, 40 chilometri, abbiamo impiegato oltre 30 anni. La faccio in un tracciato mezzo nuovo, mezzo vecchio, tutto dimenticato. Passo dal piano pontino, costeggio Sezze e i Lepini, poi la valle dell’Amaseno, poi Frosinone. Dopo Priverno il bivio per Terracina, la spiaggia dei ciociari che Latina non l’hanno mai vista, ricambiati.

Passo sotto la linea dell’alta velocità ferroviaria, scavalco l’autostrada Milano-Napoli e mi imbatto nel caos di una città che pare muoversi, che pare avere sussulti. Penso alla mia partenza, placida, al silenzio da cui mi sono mosso. Certo sono tanti i capannoni vuoti, ma svuotandosi non hanno fermato il caos, la vita, sono come brufoli sulla faccia di un ragazzo, passeranno e crescerà, a Latina paiono rughe sul volto di un anziano, cresceranno.

Le indicazioni mi dicono dove sta lo stadio, la città è difficile da leggere, non è il quadro e squadro di Latina. Non ho mai capito dove si passeggia qui. Un amico mi parla di cinema affermando che il cinema è ciociaro, provo a dire di Giuseppe De Santis, quello di Riso amaro, di Ossessione, di Non c’è Pace tra gli ulivi, il padre del neorealismo italiano. Dico, è di Fondi. Sorridono e rilanciano, “appunto ciociaro” e mi fanno notare che io non sono da meno con le mie radici lepine. Lo conoscono, lo rispettano e lo mettono dentro l’affermazione, “il cinema è ciociaro”, mai sentito dire da qualcuno il “cinema è pontino”?

Nonno Lidano cantava mentre col mulo e il carretto risalivamo le coste di Sezze “la ciociara va a Caserta con na ciocia rotta e una sfonnata”. Li guardo, l’accento non è volgare imitazione romana ha la sua “disgrazia”, non diverso da quella che sentivo in tv a tribuna politica quando parlava Pietro Ingrao, da Lenola.

Solo che loro, i miei amici ciociari, sono orgogliosi e parlano di Frosinone con passione, con rumore, noi siamo silenziosi o falsamente innamorati, il nostro pare l’amore a forma di radice di una pianta idroponica in serra, il loro è radici di ulivo.  Ci tengono a inglobare, noi ci teniamo a distanziare, loro si sentono “fondani”, “lepini”, si sentono cercando i suoni che avvicinano. Noi qui nascondiamo. Ma chi era Giuseppe De Santis?

Torno, passo sul cavalca dell’autostrada: se entro qui a questo casello arrivo a Parigi, o a Berlino, senza incontrare un semaforo. Vi par poco? Passa un treno a 250 km l’ora.

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