L’incubo dei nostri politici affascinati da Trump

 

di SARAH GRIECO
Consigliere Comunale di Cassino
dirigente Partito Democratico

 

 

Allora. Ricapitoliamo. A soli due giorni dal suo insediamento Donald Trump ha: eliminato dal sito della Casa Bianca le sezioni dedicate ai diritti LGBT per gli omosessuali ed ai cambiamenti climatici ( in campagna elettorale aveva più volte affermato che il riscaldamento globale è un falso problema). Ha bloccato i finanziamenti all’Obamacare (la riforma sanitaria voluta fortemente da Obama per allargare la tutela sanitaria). Li ha bloccati pure alle ONG pro aborto (che di fatto si occupavano anche di programmi per contraccettivi e cure post-aborto). ha fatto uscire gli Stati Uniti dalla Tpp (un accordo commerciale con i paesi del Pacifico, facendo trapelare tra l’altro di voler negoziare con i singoli paesi con accordi bilaterali) . E secondo i ben informati pare che il giorno stesso del suo insediamento abbia rimosso anche il busto di Martin Luther King dallo studio ovale (!)

Eppure di fronte a questo definiamolo “giro di boa”, non solo molti politici nostrani ( e non parlo solo di quelli nazionalisti e populisti che in Trump hanno trovato un padre autorevole) si sono affannati ad esprimere tutta la loro approvazione per questo revival neokeynesiano di difesa delle risorse americane e di protezionismo e conservatorismo più bieco (soprattutto sul fronte dei diritti) ma dai sondaggi pare che 8 italiani su 10, principalmente giovani, siano conquistati da questa idea di uomo solo al comando.

Senza dubbio non si può di certo accusare il nuovo presidente di mancanza di decisionismo ma quello che sta accadendo, e soprattutto le reazioni che ne sono seguite, danno davvero il senso di quanto i partiti, e mi riferisco principalmente alle sinistre, e l’Europa abbiano fallito il loro compito di forze progressiste in questi anni.

Se rinchiudersi nel proprio Stato con muri e dazi – pronti a ricette semplici fondate sulla paura dell’altro-, rifiutarsi di cooperare – tutelando le proprie imprese al punto di ignorare emergenze globali quali quella del riscaldamento ambientale – mettere a rischio i diritti civili iniziano ad essere guardati con un certo fascino e ammirazione dai cittadini soprattutto più giovani, allora dobbiamo seriamente iniziare a domandarci dove abbiamo sbagliato.

E’ vero. Essere progressisti, come ricordava Prodi in una sua recente intervista, comporta una grande responsabilità. E determinazione verso le sfide che si vanno ad affrontare. Perché i conservatori, gli oscurantisti, non aspettano altro che un passo falso per puntare il dito. E potere dire alla gente: “se stai male è colpa loro!”. E così i migranti vengono usati per aumentare i malumori facendo credere che quelle risorse sarebbero state utilizzate per noi, (omettendo invece di dire che quei soldi sono gestiti da organizzazioni che si arricchiscono sulle loro miserie e non sarebbero mai arrivati agli italiani). O i muri. E i dazi. Che iniziano ad essere visti come l’unica risposta possibile per difendere le proprie economie. Invece di ammettere la nostra incapacità di affrontare le sfide della globalizzazione.

Ma la società è cambiata. Le nostre sono le generazioni Erasmus e le imprese più intelligenti internazionalizzano. Non possiamo far finta che tutto questo non esista solo perché non siamo in grado di gestirlo.

E allora cosa fare in un momento così a rischio? L’Europa, che è rimasta addormentata persino di fronte all’uscita della Gran Bretagna, deve mettersi insieme per davvero e reagire rimettendo al centro la politica rispetto ai freddi rigorismi tecnocratici della sua burocrazia; con un progetto dirompente e alternativo al neoliberismo e all’austerità.

E la sinistra, a partire da quella nostrana, deve ritornare a parlare alla sua gente, alle classi più disagiate del Paese, agli esclusi dalla globalizzazione. Deve ricominciare a scegliere la sua classe dirigente per le sue capacità e non per il suo servilismo. Deve puntare ad offrire finalmente servizi a tutti i cittadini. A confezionare paracadute sociali a quelli più in difficoltà, invece di rincorrere le destre in politiche come quella della riduzione delle tasse fine a se stessa. Prospettiva troppo ambiziosa? Non direi. Abbiamo radici solide a cui ispirarci. Ma dobbiamo avere il coraggio di tentare strade nuove che partono dai nostri valori per sparigliare le carte, trovando soluzioni innovative che profumino di solidarietà.

Per combattere vecchi populismi e nuovi autoritarismi.

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