Il caffè di Giovanni Turriziani dopo lo stop al Grande Capoluogo

Chi vince e chi perde con lo stop al progetto della città intercomunale da centomila abitanti. Le occasioni che saltano. I motivi alla base. E la tazzina di caffè mezza piena e mezza vuota.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Il presidente degli industriali della provincia di Frosinone Giovanni Turriziani questa mattina, prima di iniziare la giornata di lavoro, ha dovuto decidere. Se godersi la metà della tazzina con il caffè fumante o struggersi davanti alla metà vuota.

Giovanni Turriziani

Il suo progetto del ‘Grande Capoluogo‘, della città intercomunale con centomila abitanti, realisticamente è finito su un binario morto. Fino a quando è stato lui ad immaginare, sviluppare e finanziare l’idea, la locomotiva ha marciato in maniera tutto sommato spedita: incassando applausi, pacche sulle spalle e incoraggiamenti. Appena toccato il casello di frontiera, la linea che divide il ruolo di proposta degli Industriali dal ruolo operativo dei sindaci, nel quale si devono cambiare macchinista e spalatori di carbone, il camino ha smesso di sbuffare nuvole di vapore. (leggi qui Grande Capoluogo: la strada c’è. Ma è tutta in salita).

Se ne farà nulla. La prima a capirlo è stata la professoressa Mary Prezioso, la docente di Tor Vergata che ha sviluppato il progetto. Prima si è prodigata per fornire tutte le risposte alle perplessità dei sindaci, poi si è sgolata, infine si è arresa e si è alzata: ha capito che di fronte a quei sindaci della provincia di Frosinone stava solo perdendo tempo. La città da centomila abitanti non voglio farla.

Rinunciano a quello che in mezza Europa stanno già facendo: scavalcando a passi da canguro la graduatoria per ottenere i fondi, perché se sei un Comune di 30mila abitanti puoi a malapena presentarla la richiesta di finanziamento; se ti unisci con gli altri intorno arrivi a quota centomila e inizi ad avere la dimensione giusta per essere considerato.

La presentazione del progetto su Frosinone Intercomunale

Il problema è il vero perché il trenino progettato e portato fino al casello da Giovanni Turriziani si è fermato. La professoressa Prezioso ha smontato buona parte delle obiezioni sollevate dai sindaci: ci sono fondi nazionali per sostenere le spese connesse al processo di fusione, se manca il personale è possibile prenderlo. Altri, sono limiti innegabili. Come ha evidenziato con una semplicità disarmante il sindaco di Patrica, Lucio Fiordalisio: io ho un segretario comunale in condivisione con altri 3 Comuni come faccio a dirgli di interfacciarmi con gli altri centri per pianificare la fusione di 70 servizi comunali?

Più concreto ancora chi ha fatto capire alla prof: come faccio a dire al mio vigile urbano che ora deve andare a fare servizio a 30 chilometri di distanza e non più sotto casa?

È a quel punto che ha capito quanto non ci fosse più nulla da fare.

Chi vince e chi perde, in questa operazione? Gioiscono quelli che hanno sempre detto no a questa idea, aggrappati all’identità del loro campanile, del santo patrono e della domenica mattina in piazza a cazzeggiare nell’attesa che la moglie finisca di cucinare il pranzo. Stappano lo spumante quelli che godono nel vedere bloccati i progetti di chiunque perché così trovano giustificazione alla propria incapacità di realizzarne uno qualunque.

Il sindaco di Torino, Chiara Appendino

La realtà è che non si tratta di una battaglia da campanile. La sfida lanciata da Giovanni Turriziani non è da cortile. La locomotiva si fermerà per tutti: non ci sarà un treno. Era per tutta la provincia. Come quello al quale ha detto no un paio di anni fa Roma, rinunciando alla corsa ai miliardi per ospitare le Olimpiadi. Allo stesso modo di quelli ai quali ha rinunciato Torino dicendo no alle Olimpiadi Invernali 2026 (Milano e Cortina ringraziano e si sfregano le mani) e poi al Salone dell’Auto che dopo cinque edizioni nel capoluogo piemontese si trasferirà a Milano.

Le motivazioni di Roma e di Torino, come quelle dei Comuni ciociari, sono innegabili: non esiste mai una verità assoluta. Certo, poi non bisogna lamentarsi se la Milano di Beppe Sala diventa una città europea mentre Roma è ridotta ad una pattumiera a cielo aperto e Torino è poco più di un’espressione geografica.

Anche per questo, Giovanni Turriziani questa mattina avrà mandato giù il suo caffè senza troppi dilemmi.

error: Attenzione: Contenuto protetto da copyright