Giornalisti impreparati, giornali fatti male e…

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Confermo tutto quanto ho detto in mattinata nel corso di un’intervista a Radio Cassino Stereo. L’acume di Sergio Procacci gli ha fatto individuare subito il nocciolo della conversazione. E lo ha correttamente sintetizzato in un titolo ad effetto. Porcu: «Giornalisti locali impreparati e leader politici assenti». Su D’Alessandro: «Il sindaco ha le mani legate» Un titolo che rispecchia i contenuti. (leggi qui l’abstract dell’intervista) Un titolo però, ogni titolo, riassume mai in modo compiuto tutto il contenuto. E’ la sua funzione: catturare l’attenzione del lettore e trascinarlo a leggere .

Confermo. Ho detto che in questo mestiere ci sono colleghi impreparati in maniera imbarazzante e che arrivano in edicola giornali fatti male. E ribadisco che a dirlo è l’unico titolato a farlo: il lettore.

A scanso di equivoci. Non penso che tutti i miei colleghi siano impreparati. Tanto meno penso che lo sia la maggior parte o una minima parte. Come in tutte le professioni, anche nella mia ci sono persone più preparate ed altre che lo sono meno; e ci sono anche persone prestate al giornalismo, alle quali l’esercizio della scrittura andrebbe precluso, nonostante le conquiste della Rivoluzione Francese.

Giornalista non è chi è iscritto all’albo: ma chi onora questa professione, facendo quelle due o tre cose elementari che ci vengono richieste. Scrivere in modo corretto, riferire con onestà, verificare con coscienza. Dovrebbe essere la base: non lo è.

A loro mi riferivo quando Sergio Procacci mi ha chiesto perché oggi si ha l’impressione di vedere nelle edicole giornali che sono la fotocopia l’uno dell’altro. Ho risposto: «Perché è più facile copiare che raccontare. Perché per raccontare bisogna avere la capacità di farlo. Copiare è molto, molto più semplice che raccontare».

Copiare, affranca la coscienza dal dover pensare, prendere posizione. Evita di dover effettuare quella “rielaborazione critica degli eventi” che è il presupposto per poter considerare ‘giornalismo’ la nostra attività. Non ci sto. Provo disgusto nel vedere firme poste sotto articoli che in realtà sono la copia integrale di un comunicato stampa. I professionisti del copia & incolla non sono miei compagni di viaggio professionale, non li frequento e ne evito la compagnia.

Un approfondimento lo merita anche l’espressione «Se i lettori non leggono i giornali è semplicemente perché vengono fatti male».

Confermo: ho questa convinzione. Arrivano in edicola giornali pensati male e fatti peggio. Ci sono giornali che ancora oggi si ostinano a dare le notizie. Sono fuori dal tempo. Ormai da anni le notizie le dà il web: che è immediatezza. La televisione le fa vedere: noi oggi mostriamo immagini di notizie che in larga parte la gente già conosce nel momento in cui si piazza davanti al teleschermo. I giornali devono dare quello che né il web né la tv potranno mai dare. Un esempio? Le 25 pagine proposte ai suoi lettori questa mattina da Latina Oggi per raccontare l’inchiesta Olimpia ed i clamorosi arresti compiuti nelle ore precedenti.

C’è sempre qualcosa di eroico nel giornalismo locale. E il direttore Alessandro Panigutti oggi ce lo ha ricordato con il prodotto mandato in edicola e offerto ai suoi lettori: notizie, foto, grafici, schemi, box, spiegazioni, retroscena, analisi, spezzoni d’inchiesta, interviste… Un lavoro degno dei più affermati quotidiani nazionali ma destinato ad un bacino di mezzo milione di abitanti. Così come il gemello Ciociaria Oggi, con il quale è protagonista dell’unica operazione locale di proiezione globale verso la nuova frontiera dei quotidiani: web, integrazione con l’on line, brandizzazione, diversificazione dell’offerta al lettore attraverso le prospettive offerte dalle app. Un percorso lungo, in salita e soprattutto del quale non si conosce ancora il punto di arrivo e l’effettivo beneficio economico.

Che questo sia un mestiere per folli e concreti sognatori, ce lo ricorda ogni giorno il direttore Stefano Di Scanno che da anni si sforza di far arrivare nelle edicole un prodotto mai banale, non omologato, fuori dal coro. Riuscendoci tra le mille difficoltà di chi ha fatto la scelta di non avere vincoli. Non conosco, perché non c’è ancora stata occasione d’incontrarci, il collega Filiberto Passananti che si è assunto l’onere di rianimare La Provincia: un atto di coraggio, una scommessa sulla quale si sono consumati addii drammatici che hanno reso ancora più complesso un progetto di rinascita che però sta producendo i suoi risultati. De Il Messaggero non è opportuno parlare per oggettivo conflitto d’interesse: è la scuola nella quale venni arroventato nella brace e poi battuto sull’incudine fino a prendere forma in questa professione.

Fatte queste dovute considerazioni, appare più chiaro il concetto dei giornali fatti male. Ed il contesto al quale si riferiva. Con Procacci si discettava di giornalismo in maniera globale e si erano fatti esempi sul New York Times e sull’editoria locale, sul crollo dei lettori in appena due anni. Il tutto Absit iniuria verbis.

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