La Repubblica basata sui franchi tiratori (di G.D’Amico)

di Guido D’AMICO
Presidente nazionale
ConfimpreseItalia

 

 

Strano Paese, il nostro. Non mi stupisco del fatto che ancora una volta, sul sistema elettorale e sulle regole condivise, il tavolo sia saltato prima che venisse apparecchiato.

In Italia sono sempre stati i “franchi tiratori” a segnare le tappe più importanti della Repubblica.
Ma chi dice che non vale la pena appassionarsi alle differenze tra maggioritario e proporzionale commette a mio avviso un errore: se noi ci disinteressiamo delle regole che disciplinano il nostro sistema democratico, poi non ci lamentiamo se altri lo fanno. Non ci lamentiamo se altri decidono anche per noi.

Alcune cose appaiono chiare: il proporzionale si adatta bene all’impianto politico italiano, fatto di tante differenze e di sfumature importanti. Ma è evidente a tutti che una forte e riconosciuta quota maggioritaria serve sia alla governabilità del Paese sia all’esigenza di rappresentanza dei territori.

I cittadini hanno il diritto di sapere per chi votano.

Potremmo discutere a lungo su una soglia di sbarramento più o meno alta che cancella voci importanti. Ritengo che sia importante definire regole in modo condiviso, ma magari si potrebbe evitare di penalizzare i Partiti più piccoli, portatori comunque di democrazia.

Soprattutto, si potrebbe evitare di guardare al sistema elettorale come ad uno strumento per la propria affermazione politica. Le recenti elezioni inglesi insegnano molto: i Conservatori non hanno ottenuto la maggioranza assoluta, ma comunque nel giro di poche ore la May ha ricevuto l’incarico di formare il nuovo Governo. Forse resterà in sella poco, forse dovrà cedere il passo in tempi brevi anche all’interno del proprio partito, ma intanto il Governo lo fa. Questo perché la stabilità è un’esigenza.

Detto tutto questo, è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a richiamare i Partiti al senso di responsabilità sulla legge elettorale. L’Italia non può permettersi ulteriori vuoti di potere. L’Italia ha bisogno di un Governo legittimato dal voto popolare e avrebbe anche bisogno di non guardare più alle ipotesi di larghe intese (che hanno fatto grande la Germania) come ad un attentato alla Costituzione.

La nostra è una Repubblica parlamentare e il presidente del Consiglio riceve l’incarico dal Capo dello Stato e poi ha bisogno della fiducia di Camera e Senato. Cerchiamo di non dimenticare mai questi capisaldi.

Le micro, piccole e medie imprese chiedono alla politica risposte e certezze. Recentemente abbiamo avuto modo di apprezzare pubblicamente iniziative, come quella della Regione Lazio, di tagliare centinaia di leggi inutili. Significavano lacci, lacciuoli e ostacoli. Alimentavano una giungla burocratica e fiscale che toglie ossigeno al mondo economico.

La legge elettorale rappresenta un passaggio necessario, a patto che la stella polare sia quella della governabilità del Paese. I passaggi successivi non possono che essere quelli di una politica coraggiosa. Che allenti la pressione fiscale su imprese e famiglie, che dia tempi certi a chi vuole investire ma pure a chi aspetta risposte dalla giustizia civile ed amministrativa.

Strettamente connesso a questo tema c’è quello della rappresentanza democratica dei territori. Diciamo la verità: da troppi anni a livello parlamentare le province non hanno interlocutori. Non per responsabilità degli eletti, che anzi si adoperano in ogni modo (non tutti per la verità). Ma proprio per sistemi elettorali bocciati dalla Corte Costituzionale.

E’ ora di finirla con l’affibbiare etichette di “inciucio” ad ogni tipo di confronto: tra i partiti, tra la politica e le associazioni di categoria, tra queste ultime e le forze sociali e sindacali. Il confronto è necessario ad ogni livello. Il compromesso non è una parolaccia. No, è un punto di intesa tra diverse esigenze. Ognuno rinuncia ad un pezzetto della sua proposta perché molti altri pezzi vengano accettati dall’interlocutore. Se non torniamo a ragionare ed agire in questo modo, non ci sarà possibilità di risalita.

E’ per questo che come presidente di ConfimpreseItalia non mi stanco di proporre, con fatti e iniziative concrete, dialogo e confronto. Soltanto così possiamo provare a invertire la tendenza.
Ecco perché la legge elettorale ha un senso se rappresenta il primo passo di una stagione diversa, nella quale si abbiano perlomeno delle regole condivise.

E il Parlamento ha la possibilità di apportare quelle modifiche che tutelino la ancora di più la democrazia.

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