La risposta agli elettori Pd non può arrivare da una trincea

La raccolta delle firme per procedere all'autoconvocazione della Direzione Pd è già intorno al 40%. Il Segretario reggente è asserragliato e non riunisce l'organismo che dovrà avviare l'iter per eleggere il suo successore. Non è questa la svolta chiesta da Zingaretti - e per la quale intende arrivare ad un congresso nazionale straordinario.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Trincerato nella sua ultima ridotta, tagliate quasi tutte le ultime vie di fuga, il Segretario provinciale reggente del Pd Domenico Alfieri subisce ora l’onta dell’assedio. Ha raggiunto in pochi giorni un bel numero di adesioni (qualcuno sostiene il 40%) l’iniziativa rivelata nei giorni scorsi da Alessioporcu.it: la raccolta di firme per procedere all’autoconvocazione della Direzione Provinciale. Quella che deve avviare l’iter per celebrare il Congresso. Quella che l’asserragliato dà l’impressione di non intendere convocare. Perché eleggerà il suo successore. (leggi qui Pd, la situazione sfugge: “Fateci fare il Congresso”).

I numeri per uno scontro frontale non li ha. Un‘accordo – mediato in silenzio da Francesco De Angelis – non l’ha accettato. Asserragliarsi nella ridotta di Piglio gli consentirà di guadagnare qualche giorno: ma non oltre. Perché se la raccolta d firme dovesse avere successo, le mura del fortino crollerebbero in un attimo.

domenico Alfieri e Antonio Pompeo

Domenico Alfieri ha solo due vie d’uscita: attendere l’arrivo della fanteria da Ferentino o uscire con le mani in alto. Infatti, in suo appoggio potrebbe convergere il sindaco di Ferentino e presidente della Provincia di Frosinone nonché dell’Unione Province del Lazio Antonio Pompeo. E da sud potrebbe aggregarsi anche l’ex segretario Simone Costanzo ora sindaco di Coreno Ausonio.

Se così fosse sarebbe la più evidente delle sconfitte politiche. Non per i numeri che una simile coalizione potrebbe sviluppare: sarebbero di tutto rispetto. La sconfitta starebbe nella totale negazione dei princìpi del nuovo Pd che Nicola Zingaretti ha già declinato nel corso dell’ultima Direzione Nazionale. (leggi qui Zingaretti va alla guerra. Con l’elmetto).

Uno scontro all’arma bianca rappresenterebbe un modello di Pd vecchio e ormai messo in liquidazione dal Segretario nazionale. Il primo a capirlo è stato come sempre Francesco De Angelis che – sorprendendo tutti – già a novembre aveva annunciato l’intenzione di non presentare un candidato della sua componente Pensare Democratico nonostante sia quella largamente maggioritaria.

Francesco De Angelis

Il fatto è che i Segretari rappresentano il Partito del momento in cui li elegge ed a loro, una volta eletti, spetta il compito di indicare al Partito la via per essere in sintonia con le grandi masse che si candida a guidare. Quello che sta avvenendo a Frosinone rischia di apparire invece come una battaglia di retrovia per la conservazione del potere.

Domenico Alfieri non è uomo arroccato al fortino del potere. La battaglia che sta combattendo ha di sicuro un fondamento politico e democratico. Ma rischia di essere fuori dal tempo: il Pd di oggi non è più quello che lo ha indicato due anni fa come reggente.

Lo dimostrano i tanti nodi che attendono una soluzione: Cassino non si sente ancora pienamente coinvolta negli schemi provinciali nonostante sia la prima città per importanza governata dal Pd; Ceccano ha perduto completamente il senso dell’unità ed ha schierato tre candidati sindaco di centrosinistra contro un blocco di centrodestra granitico; Sora non ha ricostruito più nulla di palpabile dai tempi dello scansamento tra Scalia e De Angelis che condusse ad un imbarazzante 3%.

Città, circoli, elettori che aspettano una risposta. Che non può arrivare da una trincea di una ridotta di retrovia.