La settimana della supercazzola e la golden power

Da Petrolini ad Amici Miei: è stata la settimana della supercazzola. Quelle di Bettini ma anche di Letta e Salvini insieme. Il graffio di Bisignani. E quella insuperabile di Di Maio. Con tanto di apoteosi ciociara e di Divanogate

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

«Se l’ipotiposi del sentimento personale postergando i prolegomeni della mia subcoscienza, fosse capace di reintegrare il proprio subiettivismo, alla genesi delle concomitanze, allora io rappresenterei l’autofrasi della sintomatica contemporanea, che non sarebbe altro che la trasmificazione esopolomaniaca…». 

Così disse Gastone allo zio Vincenzo nella memorabile interpretazione di Petrolini, formulando una delle più colte supercazzole della storia.

Lo zio, però, non si lasciò raggirare dal turbinio di parole sconclusionate e rispose con un perentorio «Ma vatte a buttà a fiume!».

Supercazzola certo ma ante litteram. 

Elogio della supercazzola

Una scena dal film Amici Miei

Per chi non lo sapesse, la supercazzola è una tecnica di eloquio utilizzata da Ugo Tognazzi nel film “Amici miei”. Tognazzi si divertiva a parlare in modo molto forbito e perentorio a ignari ascoltatori che non osavano contraddirlo. Dire di non comprendere sarebbe stata una dichiarazione di scarsa intelligenza. E quindi, pur senza capire, gli interlocutori di Tognazzi alla fine accettavano le sue tesi.

Le frasi erano del tipo: Antani, come se fosse antani, anche per il direttore, la supercazzola con scappellamento… Da qui il nome di “supercazzola” per chi parla senza dire nulla. Tutto chiaro, no? Ma anche se vogliamo indietro nel tempo anche Manzoni si fece beffe della supercazzola, e “inventò” l’italiano moderno per sostituire il latinorum dei falsi dotti.

Una volta acquisito il concetto di supercazzola ecco che si può passare a riconoscerla. Quando qualcuno parla in modo incomprensibile… tranquilli, non siete voi che siete scemi, è lui (o lei) che fa la supercazzola.

Quelli che credono di sapere

I telegiornali sono pieni di supercazzole. Una volta familiare, il suono di una parola ci appartiene e crediamo di conoscerne il significato. Tutti sanno che il Pil è il Prodotto Interno Lordo, ma nessuno sa cosa significhi. Per non parlare dello Spread. Questa settimana come vedremo è stato il turno della Golden Power.

Avere contezza dell’esistenza di una parola è detenere un’informazione, ma la conoscenza è sapere cosa significa. E quella spesso non c’è. Ci fermiamo all’informazione e non passiamo alla conoscenza.

Questo genera persone che credono di sapere moltissimo ma che, invece, non conoscono gran che. A volte fanno la supercazzola non per prendere in giro qualcuno, ma perché parlano senza sapere bene quel che dicono. Usano termini di cui conoscono il suono ma di cui non conoscono il significato. Ma spesso anche chi è dotato di solida cultura o di assodata formazione di fronte a certi sfrontati panegirici vacilla.

La supercazzola di Bettini

Goffredo Bettini. (Foto: Imagoeconomica)

Io per esempio questa settimana leggendo l’intervista a Bettini, guru del Pd, che lanciava la sua nuova ed ennesima corrente mi sono democraticamente  deliziato.

Il titolo era, Bettini: «Ecco il mio progetto per aiutare Letta e il Pd. Ma non è una corrente». L’incipit questo: «non è una corrente ci tengo a sottolinearlo». E uno dice stiamo tranquilli.

Poi attacca: «Non ho mai avuto una corrente e ho scritto due libri Oltre i partiti e Agorà in polemica con una forma partito organizzata a canne d’organo e verticistica, che ha comportato una svalutazione del ruolo, della partecipazione, del potere, della libertà degli iscritti. Quella che proponiamo è semplicemente un’area di pensiero plurale, aperta, priva di un leader monocratico, che si pone l’obbiettivo di contribuire alla ricerca di una più forte identità del Pd e di pesare negli orientamenti del campo democratico».

E che è questa? Una supercazzola per dire che è una corrente.

Che poi, tra l’altro, nel momento in cui Zingaretti sbatte la porta dimettendosi esasperato dalle correnti. Letta inizia il mandato attaccando le correnti. Siamo in piena concorsopoli regionale che, oltre al merito della questione, è evidentemente un regolamento di conti interno e violento tra correnti, la soluzione innovativa di Bettini è? Facciamo una corrente. Ma diciamo che non è una corrente così non se ne accorgono. Geniale direi.

La supercazzola di Letta e Salvini

Enrico Letta (Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

Deve essere stato immediatamente contagiato dal clima supercazzola anche Enrico Letta che a sua volta lo ha trasmesso a Matteo Salvini incontrandolo. Vedendosi qualche ora fa con le premesse di uno scontro tra tigri sono usciti come due gattini. Dopo un ora di dialogo se ne escono con frasi tipo “il successo dell’uno è il successo dell’altro”, “entrambi abbiamo interesse perché il governo Draghi abbia successo per l’Italia e per gli italiani”. “Andremo alle elezioni contrapposti ma tifiamo per il successo del governo Draghi per fare uscire l’Italia dalla pandemia con i vaccini e la ripresa economica”.

Quest’ultima frase poi, se confrontata con la triste realtà, è considerabile come la supercazzola suprema

E solo per tassonomia notiamo che in questa epoca la supercazzola più gettonata in termini di ripetitività è “lo facciamo per l’Italia e per gli italiani”. Un must.

Tu dici, conoscendo i precedenti, adesso giù botte dopo il provocatorio “Enrico stai sereno” in stile Renzi, gli immigrati, lo ius soli, la legge Zan, il processo farsa per sequestro di persona, la legge elettorale, l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Ne uscirà un vero catfight! Invece niente due supercazzole miagolate come nei video dei gattini. Nemmeno un accenno di catcalling tanto di moda questa settimana.

Ecco vedete l’influenza ho appena inavvertitamente fatto una plurisupercazzola di ispirazione felina.

Il graffio di Bisignani

Luigi Bisignani (Foto: Valerio Portelli / Imagoeconomica)

A proposito di graffi ne ha tirato invece uno profondo il saggio sussurratore di potenti Luigi Bisignani questa settimana, anticipando le presunte intenzioni di Mattarella di candidare al quirinale la sua donna preferita, il ministro di Grazia e Giustizia. La citiamo come categoria di supercazzola prematurata. Come da dettami di Tognazzi stesso.

La inquadriamo come un anticipazione maliziosa che sembra lodare l’interessata ma ha il chiaro intento di nuocere ponendola sotto i riflettori ed esponendola al fuoco incrociato con largo anticipo. Prematurata per l’appunto.

Marta Cartabia è la nuova “star dei palazzi del potere“, certifica Bisignani che svela per filo e per segno cosa starebbe frullando nella testa del ministro della Giustizia. “Cocca prima di Giorgio Napolitano, attraverso i buoni uffici del professore usa Joseph Weiler del quale ha amorevolmente tradotto i libri, per poi diventare con l’aiuto del fratello di Sabino Cassese, la preferita di Mattarella“.

Però ci sarebbe di più, “oggi si muove già da futura primadonna presidente della Repubblica, con una scorta “First Class” che presidia persino i roof dei ristoranti dove ama intrattenersi a pranzo con le amiche“. E le prove ci sono tutte: “Il suo nuovo status di capa di Stato in pectore è risultato evidente quando si è presentata alla Commissione Giustizia: al suo ingresso, come bravi scolaretti di fronte alla preside, tutti i parlamentari del Pd e di FI sono scattati in piedi all’unisono, cosa mai accaduta a Montecitorio; dietro di lei, un codazzo di collaboratori “yes woman” si è piazzato nei posti in prima fila, normalmente destinati ai deputati, come a rassicurarla sulle risposte e fungere da ‘gobbo televisivo’“.

La prescrizione, Renzi ed i grillini

il ministro Marta Cartabia (Foto Imagoeconomica)

Dato per assodato che la definizione di yes woman è favolosa, insomma, tutto farebbe pensare che l’attuale Guardasigilli abbia già la strada spianata per il Quirinale. Certo è che, almeno per il momento, Bisignani a parte, la Cartabia riesce a piacere a tutti. In agguato però c’è il nodo dello stop alla prescrizione. Se infatti il Movimento 5 Stelle lo desidera a tutti i costi, lo stesso non si può dire della Lega e di Forza Italia che sono già pronti a fare le barricate. Ma visti i miagolii Letta-Salvini non ci scommetterei molto.

Ecco dimenticavo i cinque stelle. Che, battendo di misura Renzi,  sono i re indiscussi delle supercazzole. In ogni ordine e grado del loro organigramma. Capaci di sostenere tutto ed il contrario di tutto anche nella stessa frase. Con un italiano così stentato che fa invidia alla memoria di “cinico tv”.

Direi che la definizione di supercazzole è addirittura restrittiva. Meriterebbero un neologismo al valore lessicale.

Giggino re della supercazzola

E Giggino? Giggino bello di mammà Di Maio. Un uomo immagine della supercazzola. Un professionista. Ministro degli Esteri, sembra ancora in carica, nel momento topico della settimana, lo scontro Draghi-Erdogan per la questione della Von der Leyen addivanata in Turchia dov’è? Nel Mali. Che anche oggi che ci è stato credo ancora ignori dove si trova.

Mentre il Presidente del Consiglio annichilisce il baffuto turco definendolo un dittatore ed aprendo un caso internazionale, lui non viene neanche consultato. Aprono una crisi internazionale senza nemmeno ricordarsi che esiste un ministro degli Esteri. 

Luigi Di Maio durante la visita in Mali

E lui dopo essere stato estromesso dalla guida del Partito, prima per Homer Crimi, poi per il resuscitato Conte ora viene ignorato anche da ministro. Ed appare in collegamento dall’estero, dal Mali per la precisione dichiarando mentre mezza Europa si scanna “il Mali è un partner cruciale per la stabilizzazione del Sahel”. Premio categoria supercazzola internazionale.

Intanto il Sahel non sapevi manco cosa fosse, ma soprattutto subito dopo tale dichiarazione di amicizia ed importanza dice “apriremo un ambasciata italiana in Mali”, altro che supercazzola. Tanto importante il Mali che manco l’ambasciata avevamo!

Apoteosi ciociara

Per me l’apoteosi personale però si raggiunge quando leggo che l’incontro si è svolto col premier Ouane.

Ora io sono anagnino e come tutti i paesi della Ciociaria ognuno ha nel linguaggio qualcosa di distintivo anche dal paese con cui confina. A Ferentino finiscono le parole della frase in inaa, a Piglio mettono il ‘po ad Anagni usiamo lo uane. Che considerando il dittongo ou con cui inizia il nome del premier maliano ha esattamente la stessa pronucia. Uane.

L’origine dello uane è dibattuta. Molti propendono, in similitudine col napoletano, per una contrazione di “o anima”, uanema in partenopeo. Noi lo mettiamo dappertutto. Uane mamma mea, uane che m’ha successo a mine, uane chissi. È utlizzzabile all’infinito.

Immaginate lo stupore a vedere il soggetto Di Maio in tv, con uno che si chiama Uane contornato di indigeni festanti a cui proclamava antica ed imperitura amicizia. Non ce l’ho fatta la mia mente è corsa a Guzzanti ed al suo dialogo ideale con l’aborigeno.

Corrado Guzzanti (Foto: Stefano Scarpiello)

Come Guzzanti, che spiegava l’esistenza di internet all’ignaro autoctono, ho immaginato Di Maio moderno colonizzatore pronunciare le stesse parole: “Se io ho questo nuovo media, la possibilità cioè di veicolare un numero enorme di informazioni in un microsecondo, mettiamo caso a un aborigeno dalla parte opposta del pianeta… Ma il problema e’: “Aborigeno, ma io e te che cazzo se dovemo di’?”. 

Ed è la stessa domanda che si sarà fatto Ouane parlando col nostro ministro.

Il divanogate

Insomma agli “Affari Esteri” preferiamo Draghi. Lo avrà preferito anche la Von der Leyen dopo che l’ha certamente difesa dalla cafonaggine pseudo integralista di Erdogan che l’ha relegata su un divanetto laterale in quanto donna, riservando il posto accanto a lui al presidente del consiglio Michel. Un morbidone imbranato e ruffiano che al vedere maltrattata la propria presidente non ha mosso un dito. Salvo prodursi poi in supercazzole di scuse che suonano coma la toppa peggio del buco.

Ha dichiarato Michel con la stessa durezza di una caramella mou: “Mi spiace molto per l’accaduto. Ho già espresso il mio rincrescimento alla signora Von der Leyen e a tutte le donne. Vi assicuro che da allora non dormo bene la notte e che nella mia testa ho riavvolto il film dell’episodio decine di volte. Assumo la mia parte di responsabilità. Dovremo evitare situazioni di questo tipo in futuro. Purtroppo, la vicenda ha contribuito ad occultare la sostanza dell’incontro con il presidente Erdogan e in questo frangente la capacità dell’Unione di mostrare unità“. Non dorme bene porello.

Non pago prosegue: “Ho avuto qualche secondo per decidere l’atteggiamento da avere. Sul momento, la mia impressione è stata che una eventuale reazione avrebbe messo in dubbio il lungo lavoro diplomatico che aveva preparato la nostra visita. Inoltre, non volevo avere nei confronti della signora Von der Leyen alcun atteggiamento paternalista. Detto ciò, rispetto le opinioni contrarie e capisco le critiche che mi sono state rivolte“, ha detto Michel rispondendo a una domanda sul perché non si sia seduto accanto a Von der Leyen o non le abbia lasciato il posto sulla poltrona.

Lo sgarbo di Erdogan a Ursula Von der Leyen

Sul presidente del Consiglio Mario Draghi, che ha definito “dittatore” il presidente turco Erdogan declama diplomatico: “Rispetto le opinioni espresse da ciascun capo di Stato e di governo europeo. Qui voglio osservare che una parte significativa del nostro incontro con il presidente turco ha riguardato la difesa dei valori democratici e dello Stato di diritto. Abbiamo espresso le nostre preoccupazioni“.

Valori democratici e stato di diritto… e quello neanche ti fa sedere??? Le Crociate ci vorrebbero no “abbiamo espresso le nostre preoccupazioni”. Fagiano!

Ecco questa è un nuovo genere è la supercazzola depressiva. Che tu la leggi non solo ti senti preso in giro ma ti calano anche i cabasisi.

La Golden Power di Draghi

Per fortuna che c’è Draghi che qualche botta la tira e forte. Sui vaccini e sull’economia purtroppo ancora niente di nuovo. Ma ci è piaciuto nel bloccare le dosi di Astrazeneca ad Anagni e ci è piaciuto in questi giorni nell’esercitare il golden power sulla questione Lpe.

Draghi ha infatti esercitato ipoteri speciali impedendo l’acquisizione da parte del gruppo cinese ShenzhenInvestment Holdingsdel 70% delle quote della LpeSpa, azienda con sede in Lombardia che opera nel settore dei semiconduttori e della tecnologia delle comunicazioni.

Durante la conferenza stampa che ha tenuto nei giorni scorsi, lo stesso premier aveva parlato del golden power e del suo utilizzo per evitare di cedere a potenze straniere come la Cina asset di importanza strategica. Ed ha giustamente applicato quello che la legge gli permette per evitare la colonizzazione tecnologica da parte cinese.

Mario Draghi

La misura è prevista da un decreto del 2012, che permette all’esecutivo di opporsi all’acquisto di quote societarie, porre veti all’adozione di delibere e imporre prescrizioni e condizioni ad hoc. Questo può avvenire solo in caso di “minaccia di grave pregiudizio” che possa ledere alla difesa e alla sicurezza nazionale.

Il golden power è applicato ai settori dell’energia, dei trasporti, delle comunicazionie quelli a essi collegati, con l’aggiunta, attraverso altri provvedimenti, del 5G. A coordinare le attività, secondo decreto, è il premier, come avvenuto nel caso del blocco dell’acquisizione da parte dell’azienda cinese, che ha fatto molto scalpore. I cinesi devono averla presa come una supercazzola tecnologica.

Supercazzola finale

Insomma del punto di vista lessicale questa settimana abbiamo sentito più supercazzole di tutta la serie completa di Amici miei. La gente ne è talmente assuefatta che quasi non le nota più.

Lo aveva capito con genio assoluto decenni or sono lo stesso Petrolini, citando il quale abbiamo iniziato l’articolo e con cui lo concludiamo, riportando un tratto del dialogo del bravo-grazie di Nerone col popolo che, oltre ad essere meraviglioso, è così maledettamente attuale pur essendo ambientato un paio di millenni fa e recitato un secolo fa.

NERONE – Stupida… Ignobile plebaglia! Così ricompensate i sacrifici fatti per voi? Ritiratevi, dimostratevi uomini e domani Roma rinascerà più bella e più superba che pria…

VOCE DEL POPOLO – Bravo!

NERONE – Grazie. E’ piaciuta questa parola… pria… Il popolo quando sente le parole difficili si affeziona… Ora gliela ridico… Più bella e più superba che pria.

VOCE DEL POPOLO – Bravo!

NERONE – Lo vedi all’urtimo com’è il popolo? Quando si abitua a dire che sei bravo, pure che nun fai gnente, sei sempre bravo! Guarda (ripete il gesto senza dire la parola).

VOCE DEL POPOLO – Bravo!