L’uomo senza qualità e gli uomini di qualità, come Tuffi e Vecchi

Il tenero ricordo di due figure politiche fondamentali per la loro epoca e per il territorio. Scomparse a distanza di pochi giorni. La furbizia di Vecchi, i trucchi di Tuffi.

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Non è affatto vero che lo scienziato insegue la verità, è la verità a inseguire lo scienziato. Lui la subisce. La verità è vera e il fatto è reale senza che debbano curarsi di lui.

Una frase che sarebbe utile a tutti anche e soprattutto in questo tempo di covid dove chiunque si riempie la bocca di scienza e di certezze. La scriveva Robert Musil nel capolavoro che è “L’uomo senza qualità”. Un libro in cui profuse talmente tanta passione da lasciarlo incompiuto.

Diciamolo subito, non è che Ulrich, il protagonista, non abbia realmente delle qualità, è più una metafora potremmo dire semplificando. Ha studiato ingegneria e proviene da una buona famiglia molto rispettata. Si considera un uomo “senza qualità“, ma non per il fatto d’esser privo di doti caratteriali, ne è anzi molto dotato. Ma perché non riesce a metterle in pratica, integrarle cioè nella realtà che lo circonda.

Robert Musil ed il suo libro

L’incertezza ed ambivalenza che sente nei confronti della morale, sia etica laica che religiosa, nonché la profonda indifferenza verso la sua stessa esistenza, lo portano a considerarsi un “uomo senza qualità“, incapace com’è di formare il proprio carattere amalgamandosi e adattandosi al mondo esterno.

Ma in fondo il titolo del libro, questa definizione di uomo, è stato la sua fortuna e sfortuna contemporaneamente. Così immediato e semplice da essere citato in continuazione ma così lontano dalla profonda astrazione filosofica che scorre tra le righe di questo capolavoro da renderlo più ostico del previsto ai lettori sprovveduti.

Senza Paolo Tuffi e Galliano Vecchi

Questa definizione mi è tornata in mente quando, nei giorni scorsi, la tragica scomparsa di due dei politici più longevi ed impegnati della mia città, Paolo Tuffi e Galliano Vecchi avvenuta a poche ore di distanza, ci ha costretto a ripercorrere nei ricordi i periodi illustri della prima repubblica, con un passo nella seconda. (Leggi qui Paolo Tuffi, l’uomo che fermò gli orologi per approvare la Legge).

Ed oggi mi perdoneranno i non anagnini dedicherò in loro onore un poco di tempo a ricordi da campanilista.

Entrambe nella loro vita politica hanno avuto allori ed anche critiche, i ricordi anche da queste pagine sono stati molto affettuosi e pieni di lodi anche se con poca delicatezza sono stati usati per impietosi paragoni con la classe politica attuale che, forse, potevano essere riservati ad altri momenti.

Entrambi erano uomini di qualità. Di grande qualità. E lo avrebbe riconosciuto anche Musil perché a differenza del suo protagonista erano perfettamente inseriti nel mondo che vivevano tanto da esserne protagonisti e per lungo tempo. (Leggi qui L’eredità perduta di Paolo Tuffi e Galliano Vecchi).

Il sonnellino durante il poker

Foto: Marcellino Radogna / Tutti i diritti riservati

Paolo Tuffi è stato un dei politici più importanti della nostra regione. Lasciò da deputato al parlamento assediato da un inchiesta che poi, come spesso succede, lo vide completamente assolto confermando la sua qualità di persona seria.

Ma io l’ho vissuto poco, quando lui smise io iniziai a fare politica. Eppure in città è sempre stato un florilegio di ricordi, aneddoti e storie che lo riguardavano. Quando diventai sindaco una delle prime cose che feci fu invitarlo a pranzo tanto che poi diventammo amici e le stesse storie che mi raccontavano da ragazzo avevo il piacere di ascoltarle dalla fonte. Lo straripante potere della Democrazia Cristiana, la lotta tra correnti, le guerre dei congressi, le battaglie elettorali vissute da un protagonista.

Quanta umanità politica oggi difficile da capire per chi sceglie i propri rappresentanti sulle “piattaforme” ed elegge deputati le cui “qualità” conoscono solo una ristretta cerchia di amici e parenti. 

E le gesta di un politico con tanto consenso come Paolo poi diventano quasi mito, le storie enfatizzate fin quasi ad affabularle ma sempre con una costante: la simpatia e l’intelligenza.

Le uscite fuori strada con la macchina per il sonno. Il finto gesso alla gamba durante la campagna elettorale. Le foto di famiglia ma con i figli di altri, che tra l’altro oggi, cresciuti, in questi giorni sono protagonisti della vita politica attuale. E la famosa partita a poker in cui si addormentò con le carte in mano e gli altri approfittarono del pisolino per cenare ed al termine della cena quando lo smossero per svegliarlo ancora con le carte in pugno aprendo gli occhi disse: “Ao e fatemece pensà…” riferendosi alle carte che doveva giocare tenute in mano da più di un ora.

Insomma Paolo era parte dell’anima di questa città che negli ultimi anni aveva lasciato ma che lo ha riaccolto con l’affetto e la stima che meritava. Era un artista di successo ed un uomo di profonda cultura. Un uomo di qualità.

Galliano, il democristiano ortodosso

Galliano Vecchi

Ma forse in senso profondo di impegno, di costanza e temporale Galliano Vecchi lo era ancor di più. Perché l’amore per la politica non lo ha mai lasciato per almeno mezzo secolo, un amore ricambiato da molti successi, non eclatanti come Tuffi ma ragguardevoli. La segreteria della democrazia cristiana di quando era la potente balena bianca, il ruolo da consigliere, assessore i tanti incarichi.

Galliano era un galantuomo. Un uomo di altri tempi. Furbo e scaltro, intendiamoci, e con un carattere mica facile, come doveva essere. Ma un uomo corretto che veramente amava la sua città. Una persona di cui ti potevi fidare, una colonna. Un vero uomo di qualità.

Anche oggi che avevo cinquant’anni mi chiamava “ragazzo” con quel tono squillante, come il primo giorno che lo convinsi a sostenere la mia candidatura a sindaco. Lui di rigida ortodossia democristiana con un giovane di Alleanza Nazionale. Sembrava impossibile. Ci pensò molto, ma quando decise mi sostenne con un ardore ed una correttezza che ancora oggi mi lasciano commosso.

Si arrabbiava perché da candidato giravo con un giubbottone nero lucido della Stone Island che sembrava un sacco di immondizia gigante e lui mi voleva in giacca e cravatta. Mi teneva d’occhio come uno zio severo ed affettuoso. Ma quando era il momento dell’azione era sempre pronto. Il primo ad infondere fiducia e carica a chiunque.

Così Galliano ottenne la mia candidatura

Per fare un esempio a pochi noto, quando già a livello locale avevamo trovato un accordo per la mia candidatura chi nicchiava era proprio il mio Partito. Si sa i rapporti interni sono sempre quelli più particolari.  Su quindici persone del direttivo potevo contare solo sull’appoggio del segretario giovanile Fulvio De Santis, ma solo perché per la carica doveva essere di diritto nell’esecutivo provinciale.

Galliano Vecchi

E Galliano che insieme ad Enzo Cicconi all’epoca rappresentava il Ccd – Centro Cristiano Democratico mi disse: “ragazzo e che problema c’è fallo venire alla riunione stasera, gli altri Partiti saranno d’accordo e chiudiamo la questione”.  Fu così che Fulvio, con la federazione provinciale completamente ignara, si presentò alla riunione come dirigente annunciando pomposamente il convinto ed inequivocabile sostegno del Partito alla mia candidatura, subito ricambiato dagli altri Partiti. Accordo fatto.

La notte inondammo la città di manifesti già preparati con la candidatura data per fatta. La mattina uscirono i giornali che avevamo prenotato con la notizia dell’accordo e fu fatta. Non vi dico la telefonata il giorno dopo del mio amico Alessandro Foglietta, che ho sentito anche poche ore fa e a cui sono legato da molto affetto e stima, ma che quel giorno mi avrebbe picchiato. Ovviamente come profetizzò Galliano poi si calmò e le cose andarono per il meglio.

Fammece pensà

Ecco senza la sua esperienza, scaltrezza e l’intelligenza e degli amici che mi hanno sostenuto in quella azione forse la mia storia sarebbe cambiata. 

Ed è per questo che Galliano era profondamente un uomo di qualità, perché le doti ed il valore morali sapeva adattarli al suo tempo, non come il personaggio di Musil che ne rimase sempre distaccato. Era un persona che ha saputo attraversare mezzo secolo di politica non facendosi sopraffare ma mantenendo il rispetto di tutti. Cosa assai rara.

Era un maestro, quando con la dialettica cercavo di intortarlo per portarlo ad una decisione mi guardava col sorriso e mi diceva “fammece pensà”, quando tornavo alla carica e lo stringevo di nuovo mi diceva “devo parlà coi miei” e sempre col sorriso mi costringeva rincorrerlo. Non lo fregavo mai. Io che prima ero uno dalle decisioni sbrigative non sapete quante volte, copiandolo con profitto, ho usato nella mia vita politica le strategie imparate da Galliano.

Coi nostri caratteri diversi abbiamo avuto begli scontri, a volte litigato ma me ne sono sempre pentito, aveva quasi sempre ragione lui, lo avessi ascoltato di più forse nella vita avrei evitato certi errori.

Ci eravamo visti spesso in questo periodo ero stato a pranzo da Luca, suo figlio, con lui qualche settimana fa e poi più volte perché gli volevo regalare una cagnolina della mia cucciolata da aggiungere al cane corso che già aveva. Ma io e Luca ingenui li abbiamo fatti incontrare dentro casa e lo spirito di territorialità li ha fatti litigare subito. Poco dopo sopraggiunto Galliano, sempre più intelligente di noi, ha trovato subito la soluzione e ci ha portato a passeggiare fuori dal cancello dove i due canetti come d’improvviso si adoravano come amici di vecchia data. Non scorderò mai il suo sorriso sorpreso, mentre passeggiavamo per le campagne, felice di averci aiutato a trovare una soluzione, come faceva sempre.

L’appuntamento rinviato dal destino

Galliano Vecchi

Poi le vacanze ed al ritorno la scoperta della malattia che ne ha decretato l’ingiusta fine. Ci eravamo dati appuntamento ma il destino ce l’ha impedito. Come ha impedito a Paolo di tornare ad Anagni per l’ultima volta se non per l’estremo saluto. E la città ha dovuto salutare insieme due uomini di qualità e l’affetto che abbiamo visto lo ha testimoniato e certificato.

Mi perdonerete se nonostante le diverse carriere ho dedicato qualche riga in più a Galliano mi ha condizionato la lunga amicizia e frequentazione ed il dolore profondo dell’ultimo appuntamento saltato. 

Ma il ricordo di quell’ultima passeggiata imprevista e senza meta insieme e di quel sorriso mi resterà per sempre. 

Perché come ha scritto anche Musil in una splendida frase del suo libro: “Un uomo non arriva mai così lontano come quando non sa dove sta andando.”

Che il viaggio vi sia lieve amici miei. Uomini di qualità.

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