Eccellenza, non spari sul pianista (di A.Pallone)

di Alfredo PALLONE
Alternativa Popolare
Coordinatore Regionale

Eccellenza, non sparate sul pianista.

 

Ho letto con interesse le riflessioni fatte dal prefetto Emilia Zarrilli e rilanciate dal blog Alessioporcu.it

La conclusione è vera: siamo un territorio nel quale la litigiosità e l’egoismo oggi hanno portato a non fare sistema. A perdere occasioni enormi per lo sviluppo. E’ mancata quella coesione che invece in Sabina si è tradotta in un immenso polo tecnologico: la capacità di parlare insieme e con una voce sola ha generato un sito sul quale Amazon non ha esitato un secondo a realizzare il suo recente insediamento italiano.

La stessa litigiosità ed egoismo che hanno fatto morire in meno di un anno uno dei progetti più visionari dell’ultimo mezzo secolo: trasformare lo sterminato ex Deposito Munizioni dismesso dall’Esercito Italiano ad Anagni in un centro per la manutenzione elicotteristica europea e mediorientale. Mentre l’imprenditore ciociaro che l’aveva progettato volava tra Milano e Montreal per definire i dettagli, qui si litigava su fantomatici rischi ambientali e ci si preparava alle barricate. Il risultato è che quel centro ora esiste e funziona. ma non sta ad Anagni. Bensì a Malta dove le autorità locali hanno steso tappeti rossi e messo a disposizione metà del loro aeroporto nazionale.

E’ la stessa cosa che accadde intorno a Francesco Scalia quando ipotizzò la nascita di uno scalo aeroportuale a Frosinone: ben presto si ritrovò solo.

La nostra litigiosità nasce però da due fattori. Non possiamo sottacerli. Il primo è la costante operazione di divisione che viene sistematicamente attuata. Non è un male ciociaro, eccellenza. E’ un male tutto nazionale: siamo sempre pronti a dividerci tra Guelfi e Ghibellini, in servizio permanente nella caccia alle streghe e pronti subito dopo a metterci di traverso per impedire che venga messa sul rogo una volta che è stata presa.

Dividerci è quello che è sempre convenuto a tutti. Perché noi italiani siamo stati uniti un secolo e mezzo fa poiché agli inglesi serviva una spina da piazzare nel fianco dei francesi. O degli austroungarici che ci consideravano solo un’espressione geografica.

Lei ha ragione però perché noi lo siamo più che in altre località italiane. Perché noi, in più, abbiamo la diffidenza. E siamo diffidenti per la sommatoria di fregature che abbiamo preso.

Un esempio su tutti, eccellenza. Dovunque in Italia, nel momento in cui un industriale dovesse annunciare che intende realizzare uno stabilimento su quel territorio, stapperebbero lo champagne. Da noi no. Il motivo sta nel fatto che da noi, nel giro di una sola generazione,  abbiamo visto i nostri migliori terreni agricoli dapprima espropriati, poi trasformati in siti industriali, infine abbandonati. E da ultimo, riciclati come cimitero clandestino di scorie.

Prima della Cassa per il Mezzogiorno, era ancora peggio: sversavano e interravano direttamente, senza troppi problemi.

C’è una costante, sia prima che durante la Cassa: ad avvelenare i nostri terreni erano sempre signori venuti da fuori. Il Fiume Sacco, ancora oggi, quando c’è pioggia, si tinge di riflessi gialli e bluastri: non lo fa in onore della nostra gloriosa squadra di calcio e di quel galantuomo di Maurizio Stirpe al quale non si può dire di non avere fatto tutto il possibile per dare un’immagine non connivente, non collusa, non rissosa, della nostra classe imprenditoriale e della nostra terra.

Ecco, se siamo diffidenti è per questo.

La nostra, eccellenza, non è stata connivenza: ci siamo fidati, perché i ciociari sono brava gente.

Allo stesso modo in in cui ci siamo fidati quando ci è stato detto che dovevamo aprire le porte ai migranti in fuga. Abbiamo spalancato le nostre case ad eritrei e somali negli anni Settanta, agli albanesi negli anni Novanta. A fatica e con i dovuti problemi ma siamo riusciti ad integrarci.

Abbiamo aperto ancora una volta con fiducia le porte dei nostri paesi alle nuove ondate di migranti. Non possiamo non notare che qualcosa non sta andando per il verso giusto. Si sta andando oltre la misura, non c’è un’adeguato processo di coesione. E chi lo dice non è uno xenofobo ma uno che ritiene si debba dare una medaglia alla bandiera italiana per ogni bambino, donna e uomo che abbiamo salvato in mare.

Il timore di una nuova fregatura è dentro di noi. Perché vediamo le nostre piazze e le viviamo con meno sicurezza del passato: sarà solo una percezione, grazie al lavoro egregio delle nostre Forze dell’Ordine e di Sua Eccellenza che sovrintende all’ordine ed alla sicurezza pubblica. Ma non possiamo tacere che qualcuno sta lasciando sola la Ciociaria.

Qualcuno che magari si permette anche di riprendere il Parlamento Europeo perché non accorre in massa ad ascoltare le sue parole.

Per fortuna che c’è stato chi lo ha rimesso al suo posto, ricordandogli che è il Parlamento a controllare la Commissione Europea e non viceversa.

E’ stata l’impennata di orgoglio di un ciociaro, si chiama Antonio Tajani.

Un altro che non è né connivente né colluso.

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