Pablito e gli anni più belli. Nel 2020 solo strapuntini

Il Mundial '82 fu il riscatto di un Paese che voltava pagina. Quella prospettiva di cui oggi non si vede traccia. Complice il silenzio dei politici locali su tutto: dalle opportunità Tav a quelle della Camera di Commercio Unificata o il Consorzio Unico. Solo silenzi. Mentre le Comunali di Frosinone appaiono come un'istantanea

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

Dopo Diego Maradona Paolo Rossi. Pablito mundial. Gli dei del calcio se ne vanno, portando via pezzi e ricordi delle nostre vite. Ma anche una società che non esiste più.

La vittoria del campionato del mondo di calcio del 1982 non è stata soltanto un’impresa sportiva. Ha rappresentato il riscatto di un Paese, oltre che naturalmente di una Nazionale prima “massacrata”e poi “beatificata”. Nello stile tutto italiano di passare dalla polvere all’altare (e viceversa) in un secondo. (Leggi qui Perché un Pablito potevamo avercelo solo e soltanto noi).

La bara di Paolo Rossi portata a spalla dai compagni del mundial ’82

Paolo Rossi ne è stato il simbolo, oltre che il più bravo, il capocannoniere, l’eroe. Il simbolo perché anche per lui Spagna ‘82 rappresentò l’occasione del riscatto dopo gli anni di squalifica. Quella pagina di storia, non solo sportiva, è entrata nella leggenda: l’esultanza del presidente della Repubblica Sandro Pertini al cospetto di un allibito Re di Spagna, il coraggio e la forza di un condottiero vero come il “vecio” Enzo Bearzot, il papà di tutti i suoi giocatori. Pertini e Bearzot, uniti dal culto per la pipa.

Ma anche la tripletta di Pablito al Brasile, l’urlo di Tardelli, Bruno Conti soprannominato MaraZico. E poi i silenzi di Zoff e Scirea, “tio Pepe”Bergomi, Cabrini, Oriali e la sua vita da mediano. Ma quella Nazionale era lo specchio di un’Italia pronta a mettersi alle spalle gli anni del terrorismo e a ripartire. Ancora una volta. Con la consapevolezza che sarebbe stata dura, ma che una prospettiva c’era.

Oggi le prospettive non si vedono. Certamente il Covid ha esasperato tutte le emergenze. Ma non è che prima del Coronavirus il Belpaese fosse il migliore dei mondi possibili. Lo specchio di oggi sta in un dibattito parlamentare ridicolo perché parametrato su una “cabina di regiache è il commissariamento di quel che resta della politica. Non è una soluzione buttata lì, è uno dei punti fondamentali della visione dei Cinque Stelle, sintetizzata dal premier Giuseppe Conte.

Le opportunità che la Ciociaria neppure vede
Foto © Stefan Wohlfahrt

Da sei mesi in provincia di Frosinone ci sono due fermate del Treno ad Alta Velocità, che collega questo territorio al nord Italia, ma soprattutto all’Europa in prospettiva. Eppure tutto questo non ha provocato nessuna vera e seria presa di posizione di una classe dirigente perennemente distratta da altro.

La Tav è una straordinaria opportunità per i nostri giovani, per le aziende, per i Comuni. Può rappresentare perfino la chiave di volta di un rilancio basato su politiche urbanistiche e demografiche. Ma nessuno si pone il problema in termini realistici.

La Camera di Commercio del Basso Lazio e il Consorzio industriale regionale unico potrebbero aprire dei mondi diversi all’industria, ma anche all’artigianato e all’agricoltura. Perché si tratta di realtà in grado di interagire su palcoscenici e scenari più grandi.

Nel mondo di oggi non ha alcun senso restare il “re dei piccoli”. È importante invece partecipare a partite giocate su scenari di confronto, di scambio, di opportunità infrastrutturali, economiche, di sistema. Mettendo tutto insieme, a cominciare appunto dall’Alta Velocità. Invece si continua a ragionare in termini di bandierine, di “sgambetti”, di perenni conte sul piano politico. In un quadro dove manca non soltanto lo spirito di squadra (e torniamo al Mundial ‘82), ma perfino la capacità di rendersi conto che andando avanti così non c’è futuro per nessuno.

Non è per caso che in qualunque tipo di riforma elettorale, istituzionale o politica la Ciociaria viene letteralmente smembrata e marginalizzata. (Leggi qui Onorevoli invisibili, peggio di far male c’è non fare nulla).

Le comunali di Frosinone come “istantanea”

Nel capoluogo si voterà nel 2022, tra un anno e mezzo. Eppure tutti stanno già scaldando i motori come se alle urne si andasse a Natale. Un dibattito importante ma anche surreale, perché alla fine evidenzia tutte le contraddizioni che sono oggi sul tavolo.

Antonio Scaccia, Carlo Gagliardi, Gianfranco Pizzutelli e Nicola Ottaviani

Claudio Durigon, coordinatore regionale della Lega, ha detto che è perfino normale che la candidatura a sindaco del capoluogo venga affrontata dai livelli regionali del centrodestra. Silenzio tombale. Perché? Questo non vuol dire commissariare la politica locale, perché le primarie si potrebbero comunque svolgere. E in ogni caso un confronto andrebbe comunque fatto con gli esponenti locali. (Leggi qui Candidato sindaco e tavolo regionale: la linea Durigon).

Contemporaneamente Francesco De Angelis inverte la rotta del centrosinistra e “benedice” le primarie. Pure in tal caso la risposta prevalente è stata il silenzio. (Leggi qui De Angelis: “Primarie decisive per vincere”).

La verità è che la politica locale è in evoluzione e a Frosinone la situazione non potrà essere quella del 2012 o del 2017. In nessuno degli schieramenti.

Nel centrodestra ci sono tante fibrillazioni. Fratelli d’Italia non intende dare carta bianca alla Lega e al sindaco Nicola Ottaviani. Alcune liste civiche si stanno guardando intorno. Sul Consorzio industriale regionale Gianfranco Pizzutelli (che è anche il leader del Polo Civico, oltre che membro del cda dell’Asi) prende le distanze dalla posizione di Nicola Ottaviani, invitando il sindaco a ripensarci. Prove di strappo? Lo vedremo. (Leggi qui Pizzutelli avverte Ottaviani: “Via dall’Asi ci tagliamo tutto”).

In maggioranza ma anche in giunta non mancano tensioni. Pure nelle opposizioni le difficoltà non mancano. La proposta delle primarie tende a tenere unito il Pd, ma altre forze politiche e liste civiche non si sono espresse. Il Movimento Cinque Stelle è scomparso dai radar da tempo e non si riesce a capire se sarà presente con un proprio candidato sindaco oppure no.

Nel 2022 non ci saranno gli schieramenti del 2017. Cambierà molto, anche se non tutto. Però la sensazione che si avverte è che alla fine la posta in palio vera possa essere non soltanto quella del governo del capoluogo. Ma anche, o forse soprattutto, quelle delle candidature eleggibili. Uno strapuntino vi seppellirà.

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