Il Pd dopo le elezioni (di L. Marziale)

Gli errori del Pd. Non ha dato una visione ai suoi elettori. Ha tracciato una rotta sulla quale il 40% degli elettori l'ha seguito: ma dopo il referendum non ne ha più parlato. Rinnegando se stesso. Ora c'è il tempo per costruire una linea politica chiara

Lucio Marziale

Idee Controcorrente

Non si vincono le elezioni senza una visione.

Il PD non ha presentato all’elettorato alcuna idea guida, alcuna parola d’ordine, se non quella di aver ben governato.

Ma il buon Governo, la ordinaria amministrazione, quand’anche riconosciuti, sono vissuti dall’elettorato come un fatto doveroso, come un comportamento normale e verso cui non nutrire alcuna particolare necessità di ringraziamento e di premio.

 

La visione degli altri

Silvio Berlusconi ha offerto la flat tax, Matteo Salvini la sicurezza, Luigi Di Maio un reddito di cittadinanza per tutti.

E il Pd?

Matteo Renzi aveva generosamente e faticosamente costruito una riforma costituzionale affiancata da un sistema elettorale che avrebbe mutato alla radice il nostro sistema istituzionale, spostando con decisione l’Italia verso il novero delle democrazie a carattere maggioritario e semi-presidenziale.

Tale riforma, di poco vincente in Parlamento, era stata bocciata dagli elettori il 4 dicembre 2016, conseguendo però un buon 40% di SI.

Nelle elezioni del 4 Marzo 2018, il Pd di tutto ha parlato tranne che di una tale riforma; il PD ha letteralmente abbandonato il 40% del corpo elettorale che lo aveva seguito su questa strada, ferocemente osteggiata da quelle stesse forze – M5S e Lega – che invece ne hanno capitalizzato il risultato politico-elettorale.

La riforma Renzi-Boschi avrebbe dovuto costituire l’idea guida, l’emblema stesso del rinnovamento lanciato nel 2014 da Matteo Renzi, la trincea ideale da cui ripartire nel percorso di rinnovamento e modernizzazione dell’Italia.

Invece, si è ripiegato verso un tranquillizzante “non curat”, mentre tutto intorno infuriava la tempesta della rivolta e del ribaltamento.

 

Una linea politica chiara

Oggi, a sconfitta conseguita, il PD ha una occasione unica, e il tempo necessario, per scegliere finalmente di avere una linea politica chiara da presentare agli elettori alle prossime elezioni europee e alle prossime elezioni politiche.

Il PD, in altri termini, dovrebbe immediatamente aprire una fase pubblica di discussione aperta a tutti gli italiani: convocare elezioni primarie e un Congresso dove scegliere la idea guida da offrire al Paese, approfittando del fatto che ormai è relegato alla opposizione, e sfruttando il momento di libertà dalle responsabilità di Governo.

Ci si confronti fra l’idea di sinistra e di Italia che ha Matteo Renzi o Graziano Delrio, con quella di Nicola Zingaretti o di Dario Franceschini, di Maurizio Martina o di Andrea Orlando e di chiunque altro voglia cimentarsi con la ricostruzione della sinistra di Governo in Italia.

Rinchiudersi nel chiuso ovattato di una Assemblea non ha senso, se non quello di mancare all’appuntamento con la nascita di un progetto di autentico rinnovamento e di una modernizzazione vera dell’Italia.

Uscire allo scoperto, provare a intercettare di nuovo quella gran parte, almeno un 20%, di elettorato libero e pronto a votare chiunque proponga progetti concreti di cambiamento, resta l’unica strada per tornare, in tempi neanche troppo lunghi, alla guida del Paese.