Il ‘listino’ alle Regionali resterà: ecco perché

Donato Robilotta

già Assessore Affari Istituzionali Regione Lazio

Al Consiglio regionale del Lazio la modifica della legge elettorale regionale in discussione nella commissione affari costituzionali doveva essere solo un passaggio formale, dopo che l’apposita commissione speciale sulle riforme aveva elaborato un testo sottoscritto da tutti i gruppi presenti in Regione, tranne i 5 Stelle, e invece è iniziata la melina e il suo arrivo in aula è diventato molto problematico.

Infatti in commissione rappresentanti della maggioranza hanno chiesto di audire giuristi ed esperti della materia prima di esaminare gli emendamenti e l’articolato.

La cosa suscita delle perplessità perché nel caso le audizioni dovevano essere fatte prima dalla commissione speciale sulle riforme.
La commissione a dire il vero ha fatto il suo lavoro e varato un testo di modifica basato su cinque punti largamente condivisi: abolizione del listino, garanzia di rappresentanza di ciascuna provincia, introduzione della doppia preferenza di genere, divieto del terzo mandato consecutivo alla presidenza della Regione e, infine, elezioni entro tre mesi in caso di scioglimento anticipato del Consiglio Regionale.

Alla pisana corre voce che il presidente Zingaretti abbia cambiato opinione sull’impegno preso a inizio di legislatura di cancellare il listino bloccato, così come alcuni settori dell’opposizione, sia per assicurare un seggio in caso di vittoria ad alcuni fedelissimi senza radicamento sul territorio sia per usare lo stesso per garantire posizioni a rappresentati di liste civiche locali che non avrebbero speranza di avere una rappresentanza.

La melina rischia di avere successo perché non c’è più molto tempo per approvare la nuova legge elettorale, materia delicata che va esaminata con calma e raziocinio, approvata senza il minimo errore e che dovrebbe essere se non proprio concordata almeno discussa con il Viminale per il “visto” prima della sua approvazione. Sarà infatti il Ministero dell’Interno a gestire le elezioni dal momento che la Regione ha scelto di non gestirle direttamente come pure potrebbe e come, per esempio, fa la Toscana.
L’attuale normativa regionale prevede che il consiglio regionale si rinnova ogni cinque anni e che il quinquennio decorre dalla data delle elezioni.

Ecco perché il listino si salverà

Le precedenti elezioni regionali si sono tenute il 24-25 Febbraio del 2013 e le nuove elezioni debbono essere effettuate a decorrere dalla quarta Domenica precedente il quinquennio, quindi dal 4 al 25 Febbraio 2018.

Come si evince siamo quasi a tempo scaduto perché per votare nella data ultima prevista bisogna iniziare l’iter organizzativo almeno 55 giorni prima del voto, cioè all’inizio dell’anno. Infatti i sindaci dei comuni della Regione devono dare notizia ai propri cittadini con apposito manifesto che deve essere affisso quarantacinque giorni antecedenti la data delle elezioni, ma prima il Presidente della Regione deve firmare i decreti di indizione e convocazione dei comizi e di ripartizione dei seggi, che vanno comunicati ai sindaci.

Inoltre il Presidente deve sottoscrivere l’intesa con il Ministero dell’Interno per la gestione delle lezioni, avviare la macchina per la gestione e la preparazione di tutta la modulistica necessaria.

Alla Pisana sostengono di avere probabilmente più tempo perché grazie alla normativa nazionale sull’election day pensano che le elezioni regionali saranno abbinate a quelle per le politiche.

Mi permetto di obiettare a questa tesi, perché la normativa sull’election day è intervenuta sulla legge 65 del 2004, prevedendo che le elezioni per i nuovi consigli si possono tenere anche “non oltre i sessanta giorni successivi al termine del quinquennio”, dunque con la possibilità di allungare la legislatura di oltre due mesi. Ma quella legge è norma di principio che per trovare applicazione deve essere recepita dalla normativa regionale.

Ricordo a me stesso che la normativa per le elezioni regionali è concorrente e quindi se l’attuale legge regionale non viene modificata per recepire le modiche introdotte queste non si applicano nel Lazio.

Stesso ragionamento vale per la preferenza di genere, introdotta dalla legislazione nazionale, che si applica per gli enti locali, perché è stato modificato il Testo Unico degli Enti Locali, ma per le Regioni vale solo come norma di principio, essendo stata modificata la legge 165 del 2004. E non è possibile introdurla con un decreto del Presidente, come pure dicono alla Pisana, perché la norma, che non è neanche cogente, infatti si parla di promozione e nel caso di più preferenze, per essere applicativa deve essere recepita dalla legge regionale

Inoltre, nel caso la legge elettorale fosse modificata, recependo la possibilità di allungare la legislatura per rendere possibile l’election day, si porrebbe un problema abbastanza serio.

Nel Lazio quando abbiamo approvato la legge 2 del 2005 cancellammo la vecchia previsione del comma 3 della legge 108 del 1968 che sanciva che il Consiglio regionale esercitava le sue funzioni sino al 46° giorno antecedente alla data delle elezioni. Ritenevamo la norma lesiva delle prerogative della Regione alla luce del nuovo assetto dell’ente dovuto all’entrata in vigore del titolo V della Costituzione e del nuovo statuto regionale. Con questa nuova previsione il Consiglio Regionale può essere convocato per approvare propri atti di competenza e leggi anche durante la campagna elettorale e a pochi giorni dalle elezioni, come è successo proprio nel 2005.

Allungando la legislatura si allungherebbe anche la possibilità per il Consiglio di legiferare ben oltre i cinque anni previsti dalla legge. E questo pone qualche problema.

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