La colpa di Caino ed il sangue innocente di Emanuele (di A.Porcu)

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Caino andò a nascondersi in una grotta. La voce del Signore arrivò fino lì e gli domandò: “Dov’è tuo fratello?” Mario e Paolo sono andati a nascondersi alla periferia Roma. La voce della giustizia (terrena) li ha raggiunti fino alla loro grotta. E li ha arrestati. Nessuno sa se Mario e Paolo, come Caino abbiano tentato di lavarsi le mani dal sangue del loro fratello ucciso. Di certo, se ci hanno provato, non sono riusciti.

E’ sangue che non va via. Sangue che non può essere lavato. Che nessun carcere potrà mondare. Che nessuna vendetta o spedizione punitiva potrà cancellare. Perché il sangue degli innocenti, come è il sangue di Emanuele Morganti, resterà per sempre nelle coscienze di chi lo ha versato. Come il sangue di Abele perseguitò per sempre l’esistenza di Caino.

Ci sono situazioni nelle quali vivere è più difficile che morire. Vivere con il rimorso. Con la consapevolezza che si fa spazio poco alla volta: di avere ucciso senza motivo. La vera condanna per i due Caino sarà non avere un applauso della piazza d’Alatri per quello che hanno fatto. Sarà non riuscire a strappare un like su Facebook per la loro impresa. Non potersi vantare del massacro di un innocente. Ucciso da tanti, contro uno. Che cacciato via, torna indietro per riprendere la fidanzata, sapendo a cosa andrà incontro. Come Cristo quando prese la sua croce.

Niente gloria per gli assassini. Sarà questa la loro prima pena in un mondo fatto di like e tastiere. La seconda pena sarà la consapevolezza che si farà largo poco alla volta: non ci saranno semi che nasceranno dalla loro pianta dell’odio. Niente vendette, niente spedizioni punitive, niente sangue che chiama sangue. Il papà e la mamma di Emanuele Morgnti hanno già risposto donando gli organi, generando bene dal male che hanno ricevuto. La voce della Giustizia (quella divina) ha detto grazie. Ma non ha voluto che Caino Mario e Caino Paolo avessero quella consolazione. La salma è sequestrata e quindi niente donazione. Altro sangue sulle mani dei Caino, altre vite che per colpa loro non potranno essere salvare.

La vera sfida per Tecchiena adesso è questa. Lasciare che i Caino vivano. Vivano nel rimorso. Bisognerà lavorare per far nascere quel rimorso. Ci vorrà tempo. Ma poco alla volta si spegnerà il germe dell’odio. Finirà la pianta cresciuta dentro a due ragazzini che da piccoli giocavano a pallone, si sbucciavano le ginocchia come tutti gli altri e li ha fatti diventare bestie assassine. Lì dove dentro di loro affonda le sue radici il male. Si è nutrito della linfa succhiata poco alla volta dalla loro anima di bambini per lasciare solo la cattiveria nel loro corpo di ragazzi.

Gli assassini di Emanuele Morganti erano ragazzi come lui. Erano di Alatri come lui. Frequentavano le stesse piazze e gli stessi locali. Ma Emanuele non era una bestia e loro si.

Emanuele era un innocente e loro sono due Caino che ne hanno versato il sangue.

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