Indagare sul debito di Cassino: e vi spiego perché

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Sarah Grieco difende l'ipotesi della Commissione d'Inchiesta sul debito di Cassino. Per individuare i responsabili andati ben oltre quello che era un metodo di governo basato sul debito.

di Sarah GRIECO
Consigliere Comunale Cassino
Partito Democratico

 

 

Allora, caro direttore. Da dove partire.

Primo. Sgomberiamo il campo dal fatto che la Commissione d’Inchiesta sul debito del Comune di Cassino sia già stata bocciata. In realtà, come da regolamento comunale, serve solo un altro consigliere all’appello per far partire l’iter in consiglio comunale. Qualcuno di questi nella scorsa consiliatura aveva già appoggiato una simile iniziativa e so che se ne sta discutendo in queste ore.

Secondo. Che il debito sia diventato un metodo di governo per gli enti locali e che l’intera economia si fonda su di esso, è indiscutibile. (leggi qui Quelle cause che trasformano i Comuni in Bancomat) E’ talmente vero che non solo il legislatore ne ha tenuto conto introducendo la possibilità per un’amministrazione di riconoscere i debiti fuori bilancio, quelli cioè contratti senza impegno di spesa; ma ha addirittura , come si ricordava giustamente nel suo blog, previsto per i comuni di svalutare le “finte” poste attive fino al 2015 e spalmare il debito che si genera con tale meccanismo in 30 anni . Quasi a dire: “So che i vostri bilanci non sono veritieri. Mettetevi in regola”. (leggi qui debiti di Cassino ed i bilanci falsi di quarant’anni)

Un indebitamento diciamo “fisiologico”, quindi. Anche se poi, a voler ben guardare, tanto “fisiologico” di fatto non è, visto che è comunque causato da violazioni dei principi contabili stabiliti dalla legge.

Fin qui tutto condivisibile. A parte un particolare a mio avviso. Questa lettura, valida di certo per altri comuni d’Italia, non può essere applicata di certo al nostro. E spiego rapidamente il perché.

Al di là di alcune alchimie contabili, il Comune di Cassino è di fatto in dissesto finanziario. Vanta ad oggi un debito di quasi 40 milioni di euro, 18 dei quali sono appunto debiti fuori bilancio e gli altri sostanzialmente svalutazioni di (finti) residui attivi che tali non erano. Paghiamo annualmente quasi 4 milioni di euro l’anno tra mutui e debiti che le mie figlie, che oggi hanno 3 ed 8 anni, quando avranno la mia età continueranno a versare.

Vorrei anche ricordare che oramai da anni tasse ed imposte per i cittadini sono al massimo e che siamo completamente “ingessati” nella gestione anche se dovessimo riuscire a vendere tutti i “beni di famiglia.” Penso all’ex OMNI , un edificio storico al centro della città che meriterebbe di diventare ad esempio di nuovo un centro aggregativo per i nostri ragazzi, e non certo svenduto all’ennesimo immobiliarista per costruire altri quattro o magari cinque palazzi che non servono a nessuno.

Mi piacerebbe capire cosa c’è di “fisiologico” in tutto questo. E mi piacerebbe anche conoscere quando arriverà il momento giusto per indagare su questo meccanismo che è diventato un “buco nero” , e che si trascina da 20 anni con debiti incontrollati che hanno sepolto questa città.

Mi chiedo anche se non sia il caso di accendere i riflettori su cause e responsabilità , qualora ve ne fossero. Si, perché è vero che la legge prevede la possibilità di riconoscere i debiti fuori bilancio, ma è anche vero che esiste una norma nel Testo Unico sugli Enti Locali in cui si precisa che queste spese senza copertura sono sanabili se e solo se rappresentano un’utilità ed un arricchimento per l’Ente. Ed in caso contrario, se invece si risolvessero in un danno patrimoniale, chi paga? L’amministratore, il funzionario o il dipendente che le ha ordinate.

 

Ed allora, ritornando ai fatti di casa nostra, non hanno i nostri concittadini tutto il diritto di sapere se, prendendo ad esempio contenziosi citati da voi, dietro la vertenza Turriziani c’è una mancata delibera o determina da parte di qualcuno che ne avrebbe potuto cambiare le sorti?

O se dietro le spese per beni e servizi ( parliamo di consulenze&co) per oltre un milione di euro, ci siano tutte “utilità”, necessarie e a prezzi congrui rispetto al mercato?

Questi sono solo degli esempi su cui la Commissione dovrebbe lavorare.

 

Ho sentito di tutto in questi giorni a sostegno delle ragioni del no alla nascita di una commissione d’inchiesta. C’è chi si è trincerato dietro tecnicismi del tipo “ esistono già gli organi deputati” (come se la Corte dei Conti poi, con un semplice controllo sulla gestione e trasmissioni di dati dagli Enti, fosse davvero in grado di sbrogliare questa intricata matassa!). Chi invece ha preferito motivazioni arrendevoli..”mancano le competenze”, “non si arriverà mai a nulla”. Chi addirittura ha scelto fantasiose ipotesi “complottistiche” definendo le commissioni come un metodo per alzare polveroni e coprire i colpevoli. Insomma , ce n’è per tutti i gusti.

 

A nessuno però è venuto in mente che dietro questo bisogno di trasparenza e di verità reclamato a gran voce da sette consiglieri comunali di Cassino ( che è bene ricordare anche qui: Grossi, D’Ambrosio, Di Rollo, Sebastianelli, Mignanelli e Mosillo) forse si cela anche altro, che va ben al di là dei debiti fuori controllo. In un epoca in cui i cittadini non si fidano più; in cui il primo partito è divento quello dell’astensionismo; dove l’antipolitica e il populismo la fanno da padrone mettendo a rischio gli stessi meccanismi di rappresentanza e democrazia, per lo meno così come li abbiamo conosciuti.

 

In questi tempi difficili insomma, chi come noi la politica la fa sui territori, milita nei partiti e crede nelle istituzioni non può sottrarsi alla verità. Non può continuare a far finta che ai cittadini non interessi la trasparenza. Non può voltarsi dall’altra parte senza neppure provare a scrivere una storia nuova.

Trasformare il tema della commissione d’inchiesta nell’ennesimo scontro tra maggioranza e opposizione o , peggio, all’interno delle opposizioni stesse è un gravissimo errore. Rappresenterebbe l’ennesimo schiaffo a tutti quelli che chiedono finalmente di vederci chiaro, che chiedono di capire se ci sono responsabilità e se si di farsene carico.

L’ennesimo schiaffo a tutti quelli che sperano ancora che un film nuovo è possibile. Nonostante il malgoverno, gli scandali, i concorsi truccati. Nonostante tutto. Dire no alla commissione sarebbe la prova che ancora una volta non abbiamo capito niente.
Forse ha ragione lei caro direttore: non conviene a nessuno.

 

Ma non ci resta altra scelta.