Un Pd narcisista che non sa più creare identità

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Di PIERPAOLO URBANO
Psichiatra

Ho 39 anni. Sono figlio di una generazione di ciociari che non ha le stesse opportunità dei genitori.

Ho osservato con occhio clinico le recenti elezioni Comunali. E penso che si prestino a tante considerazioni. Allunghiamo allora sul lettino questo risultato è vediamo cosa se ne ricava.

Considerazioni preliminari
I narcisisti tendono a considerarsi migliori degli altri, ad esagerare le proprie capacità, ad esaltare i propri successi, apparendo spesso presuntuosi, e pensano di potersi permettere di avere o fare cose speciali che gli altri non possono permettersi. Una conseguenza della considerazione di sè in termini di superiorità è la necessità di ammirazione da parte degli altri che vengono idealizzati o svalutati a seconda che riconoscano o meno il loro status di persone uniche e speciali.
Altra caratteristica è la mancanza di empatia, ovvero della capacità di mettersi nei panni degli altri e di riconoscere che anche gli altri hanno desideri, sentimenti e necessità. Da questo deriva la convinzione dei narcisisti che le proprie esigenze vengono prima di tutto e che il loro modo di vedere le cose è l’unico giusto universalmente. Questi sono gli aspetti visibili del narcisismo, in cui prevalgono grandiosità, esibizionismo, ambizione, bisogno di ammirazione. Tra gli aspetti sommersi prevalgono sentimenti di inferiorità, fragilità, vulnerabilità, paura del confronto, ipersensibilità alla critica.

Si considerano speciali, unici, “i migliori”. Ciò li porta a pensare di dover frequentare o di sentirsi capiti solo da persone altrettanto speciali o di condizione sociale elevata. Tendono ad agire spinti esclusivamente dal raggiungimento di mete grandiose, mostrando grande difficoltà ad accedere a quei desideri più intimi che li farebbero sentire più vivi e vitali. In altre parole, i narcisisti vanno avanti per “vincere”, ma non sanno cosa vogliono nella vita, cosa dia loro leggerezza e piacere.

Ipotesi interpretative
Se prendiamo questa cornice (seppur riduttiva) e proviamo a contestualizzarla emerge una ipotesi di interpretazione della deflagrazione della sinistra italiana ed in particolare del partito democratico.

Il contesto eletto è inizialmente il partito democratico in provincia di Frosinone.

Ciò che mi sembra estremamente significativo è l’aspetto riguardante la mancanza di “empatia”; quella possibilità esistenziale di riconoscere che anche gli altri hanno desideri, sentimenti e necessità. Ai miei occhi appare con evidenza che i rappresentanti del partito hanno smarrito tale disposizione, e prima ancora che nei riguardi dei cittadini-elettori soprattutto nei confronti dei “compagni” o “amici” di partito stesso (un tempo ci si chiamava sinceramente così!). Le ambizioni, necessarie e legittime, di ciascuno divenivano le ambizioni di tutto il gruppo perchè si riconoscevano come necessarie e legittime a tutti, a ciascuno secondo le proprie capacità ed attitudini, a ciascuno secondo il riconoscimento di un impegno umano profuso per il raggiungimento degli obiettivi e soprattutto a ciascuno all’interno di una relazione ed un legame fra persone che si riconoscevano una medesima appartenenza. Non esiste più un partito, non perchè ci sia carenza di passione civile, interesse politico o calo di “vocazioni” da parte della cittadinanza, bensì perchè non è stato rinnovato il sacro fuoco della tradizione, quindi la trasmissione dell’esperienza e della competenza all’interno di un riconoscibile senso di identità. Ma l’identità si forgia solo all’interno di una relazione umana. E non è forse anche questo il compito dell’ istituzione? E da quando un partito non è più un’istituzione? A quest’ultima domanda esiste una risposta piuttosto precisa: da quando Berlusconi (il narcisista) ha stravolto il modo di costruire identità. Trascinando alla deriva narcisistica l’identità politica. Il partito democratico è nato esattamente per combattere questa simbolopoiesi della disidentità e del narcisismo opponendovi la capacità empatica di coinvolgere tutti, al di là di tutto (anche al di là delle tradizioni ideologiche dei partiti fondatori). Perchè questo non è accaduto? Perchè la politica non è più il luogo delle relazioni autentiche, nel bene e nel male, dei legami fatti di affetti, sentimenti, desideri e necessità. E’ rimasto solo il bisogno di circondarsi di ammiratori e adulatori per non patire la sofferenza della “normalità”. Quella normalità che sempre il cittadino premia con il suo consenso ed il suo sostegno (ed è questo il successo del movimento 5 stelle) perchè è ciò in cui si identifica meglio, con cui è a suo agio, che lo fa sentire rappresentato e risuona con la propria possibilità di avere ambizioni e di essere riconosciuto nei suoi sentimenti.

Conclusioni
Il partito democratico ha smarrito la sua capacità di creare identità e senso di appartenenza. Ha smarrito la capacità di creare amicizie e mettere in relazione le persone. Ha smarrito la possibilità di rappresentare i cittadini perchè non rappresenta niente di loro. Ha smarrito anche la dote politica lasciatale dalla sua grande tradizione di avere, in mancanza di una strategia politica, almeno una competetenza tattica.
Un giorno tornando da una supervisione all’università dissi ad alcuni amici : ” il professore oggi diceva che viviamo in una società di narcicisti!”. E qualcuno rispose:” beh, l’importante è che stiamo fra di noi!”.

Questo è il partito democratico a Frosinone (e non solo) oggi.