Aveva ragione Francesco Scalia. La strada giusta per mettere le briglie alla tariffe dell’acqua era quella che aveva tracciato lui. E che aveva pure codificato e messo nero su bianco. Aveva anche convinto Acea ad accettare. Le briglie erano la famosa ‘Transazione‘ che venne impugnata dai sindaci appena Antonello Iannarilli si accomodò al timone della Provincia.
Il risultato di quella decisione adottata dai sindaci è stata i 75 milioni di euro che ora il Consiglio di Stato ha confermato si devono pagare. E non solo. Non bastano i soldi che stiamo già versando a rate su ogni bolletta (e dobbiamo pure dire grazie ad Acea per averci concesso di tirarli fuori un poco alla volta). In più dobbiamo pagare altri 210mila euro di spese ai ‘nostri’ difensori: 80mila di parcella agli avvocati, 40mila ai tecnici per la relazione assolutamente inutile a smontare tutte le ragioni di Acea, 90mila di parcella all’avvocato che ha curato l’appello che abbiamo perso. Tutto in bolletta.
Tutto è nato perché i sindaci dissero che la Transazione fatta da Scalia era sbagliata, perché alcuni di loro dissero che era «un regalo ad Acea», perché nessuno si assunse il coraggio di dire ai cittadini che le bollette, prima o poi si pagano.
E il ‘poi’ è arrivato. E ha detto che Scalia aveva ragione. Lo aveva già detto il Giudice per le Udienze Preliminari di Frosinone: la Procura della Repubblica aveva aperto un’inchiesta sulla Transazione e al termine delle indagini il giudice aveva chiuso il fascicolo con tante scuse all’ex presidente della Provincia nel frattempo diventato Senatore. Le carte erano tutte regolari, lui non steccò nemmeno un centesimo per se e l’intesa era «a vantaggio dei cittadini».
La stessa cosa che ha detto adesso il Consiglio di Stato.
Ma cosa prevedeva la Transazione?
Cominciamo dalla parola ‘Transazione’: è un accordo, le due parti che litigano (in questo caso Acea e Comuni) trovano un’intesa.
Perché la lite? Acea disse: ‘guardate che le cifre indicate dai Comuni e in base alle quali abbiamo vinto la gara d’appalto sono sbagliate, ci avete indicato costi errati; gestire l’acqua in questo territorio costa molto di più, o rivediamo le cose o vi porto in tribunale’.
Chi sbaglio? Nessuno. Accadde in tutta l’Italia e non solo a Frosinone. Determinare i costi era un caos, perché lo stesso dipendente faceva il fontaniere al Comune ma portava pure lo scuolabus, lo stesso contatore alimentava le pompe dell’acqua ma pure l’asilo. Quindi, come facevi a stabilire i costi con precisione? Allora?
Allora Scalia si mise a tavolino e fece due conti. Intanto sparò una bella multa da 25 milioni di euro ad Acea per non avere rispettato il contratto, tanto per gradire. Poi disse ad Acea, avete ragione, noi dobbiamo darvi dei soldi ma pure voi ce li dovete. E chiuse la partita a dieci milioni. Dieci e non 75. Soldi che oltretutto sarebbe stati spalmati in 30 anni. E non finivano sulle bollette ma sui canoni che Acea doveva pagare ai Comuni per gli impianti che gli aveva ceduto. A rimetterci, insomma, non erano i cittadini ma le casse comunali. In linea di principio è lo stesso ma all’atto pratico è una bella differenza. Perché a noi non ci raddoppiava la bolletta. Si azzerava la questione al 2005 e si ripartiva con un contratto rivisto.
Scalia venne crocefisso perché la Transazione prevedeva un aumento della tariffa dell’acqua. E’ vero: la transazione prevedeva che avremmo pagato l’acqua 1,20 euro. Dopo avere impugnato la Transazione oggi la paghiamo 1,80 euro a metro cubo. E in più abbiamo sul groppone i 75 milioni di euro da cacciare in contanti.
Non è stato un affare.