Ad ognuno il suo 2025, e quello di Meloni prevede il format di un “regalo unico”, perché il dopo Fiuggi scompaia
Dal G7 di Anagni-Fiuggi del 2024 Antonio Tajani se ne era andato con una sporta di intenti e scenari. Aveva avuto un fugace “dialogo” con Enzo Salera sulla brutta faccenda dalla crisi Stellantis e del ruolo della Consulta dei Sindaci nel risolverla, roba di fuffa a contare che la Farnesina con le grane inside del Paese non c’entra nulla.
Aveva analizzato gli scenari internazionali con i colleghi degli Esteri chiamati a conclave istituzionale in terra ciociara. Soprattutto aveva masticato amaro, anche se non lo aveva fatto vedere, per il “colpo gobbo” che Giorgia Meloni voleva giocargli nello spingere per l’abbassamento della quota canone Rai agognato dalla Lega ed avversato da un partito a trazione “arcoriana”.
Tanto amaro che, neanche il tempo di salutare Fiuggi e ringraziare il Prefetto di Frosinone per l’impeccabile lavoro svolto in sistema complesso di accoglienza e sicurezza, che si era tolto il “cecio”, come dicono a Roma. E su canone slow aveva fatto votare a Forza Italia contro il Governo. Roba ormai stantia, “dell’anno scorso”, ma attualissima nel merito.
I giorni freddi tra Fiuggi e Roma
Tajani infatti aveva messo Meloni nella difficilissima situazione di quella che deve essere colomba in mezzo a due falchi che si azzuffano a colpi di speroni. In quelle stesse ore sembrava rientrare intanto l’altro ring, quello più di scala, alla Pisana, sempre tra Forza Italia e Carroccio. Pisana dove alla fine un Consiglio random aveva dato disco verde al Collegato di Bilancio e sancito una pax sfociata nell’approvazione del documento contabile della Regione che sembra aver ricompattato una maggioranza mezza fratta. (Leggi qui: Il Bilancio passa e cancella il debito Egato sui Comuni).
Il sunto di tutto questo? A Meloni e per questo 2025 incipiente serve un collante forte, e per trovarlo deve scompaginare la sua agenda di maggioranza, quella per cui tutto era perfettamente bilanciato tra i desiderata delle tre principali forze che compongono la stessa. Autonomia alla Lega che non rompe sulle altre due, fiscalità soft per Forza Italia che non rompe sulle altre due e riforma del premierato per Fratelli d’Italia, anzi per Meloni, che non rompe sulle altre due.
Far sorridere tutte e tre le parti
Oggi però c’è bisogno di andare di shaker su tutto e trovare un punto che cementi, e faccia sorridere tutte e tre le parti in causa, altrimenti l’Epifania che incombe rischia di farsi notte delle streghe per Palazzo Chigi. Perciò è tornato di moda il buon Carlo Nordio, anche al netto dei mezzi scivoloni successivi all’assoluzione di Matteo Salvini per il caso Open Arms. Perché la giustizia e la sua riforma è il solo tema che stia equanimemente a cuore a tutti e tre i partiti della maggioranza.
Anche per risolvere una questione che secondaria non è e che ha messo Fdi e Fi nella posizione dei “cugini coltelli”: quella di Noi Moderati di Maurizio Lupi. I centristi “di destra” sono infatti contesi da tempo in un’opera di fagocitazione, e Tajani era lì lì per ingoiarli. Tuttavia pare che Meloni se li stia pian piano portando in casa, il che non rende certo il clima generale dei più sereni, a contare anche le scalmane della Lega. Avversaria di Fdi in Ue ed ostile agli azzurri in Italia.
Vischio per invischiare tutti
Perciò Meloni era andata in cerca del suo personale vischio natalizio e lo aveva trovato in una cosa che era già in agenda, ma non come elemento prioritario, non finora almeno. Da Palazzo Chigi era partita una comunicazione a sorpresa per via Arenula. A sua volta il titolare Carlo Nordio aveva girato questa disposizione ai capigruppo dei partiti. Un po’ come buttare qualche goccia di Valium nei caffè di tre commensali che al tavolo sono ormai in procinto di darsele, a contare che in queste ore anche sul Viminale Meloni e Salvini sono in disaccordo.
Si tratta, come ha spiegato Il Foglio, di una “inversione di rotta significativa, relativa alle priorità dell’esecutivo”. Un aggiustamento del tiro che “coincide con una scelta fatta dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che può permettere al governo di trovare, almeno su questo tema, un’unità vera”. Il sunto è che le urgenze pregresse possono fare ancora un po’ di muffa in soffitto.
E che adesso va data “priorità massima all’approvazione del Ddl sulla giustizia, già approvato in Consiglio dei ministri, contenente la separazione delle carriere e la riforma del Csm”. E attenzione: si tratta di una delle rare volte in cui Palazzo Chigi sprona direttamente col il Parlamento, sconfessando un format per il quale di solito era l’Esecutivo a tenere la centralità dell’azione legislativa. Lo scopo è evidente: “Trovare una bandiera identitaria da sventolare in grado non di dividere ma di unire la maggioranza e di spaccare anche le opposizioni”.
Niente premierato, per ora: c’è altro
E ve ne sarebbe anche uno di respiro più ampio e timing più elastico, secondo Claudio Cerasa: “La volontà, da parte della premier, di creare le condizioni affinché prima del ritorno alle urne nel 2027 vi sia un solo referendum costituzionale da celebrare in Italia: non quello sul premierato, troppo scivoloso, troppo divisivo, ma quello sulla giustizia”.
Così Meloni non solo compatterebbe i ranghi dei suoi ormai rissosi alleati, ma si intesterebbe anche una polizza di assicurazione sulla sua proverbiale “agility” nel governare. Questo perché il Ddl sulla giustizia era calendarizzato alla Camera il 9 dicembre, con una spintarella al Senato per i prossimi giorni ed il referendum per il 2026, gli altri temi sono fermi con le quattro frecce.
Mentre invece premierato è “fermo, bloccato al Senato”, e l’autonomia è sotto scacco della giurisprudenza di rango massimo alla Consulta. E si tratta di una vera inversione di tendenza rispetto al 2023, “quando Meloni chiese invece di dare priorità assoluta al premierato”.
Nuove preoccupazioni e nuovi logorii
Perché? Perché un anno fa la premier era preoccupata di logorare troppo il governo e l’opinione pubblica con le liti con la magistratura, oggi è (molto più) preoccupata di logorare il governo con le mezze risse inside al medesimo.
Perciò nella calza della Befana sta cercando il suo personale “G3”. Per compattare i suoi e spaccare gli altri, che sul tema delle riforma della giustizia non sono mai stati compattissimi. Caramelle per carbone, e la mission è delicata.