Asce vichinghe e media guardoni: la Lega, i casi cretini e lo spread di Mario

L’ennesimo caso innescato ad arte dal generale Vannacci e l’ennesima conferma che qui da noi le cose serie sono bannate

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Difficile stabilire chi abbia cominciato ma un caso cretino, cretino è e cretino resta a prescindere dai primi ad innescarlo. E’ come un uroboro, l’animale mitologico serpentiforme che si morde la coda a simboleggiare la ciclicità dei sistemi. Solo che qui non c’è in ballo la faccia pulita ed austera del sapere, ma quella sempre più sporca di un certo modo di fare informazione.

Un modo che ormai non risparmia più neanche quelle testate e quella parte di settore che una volta potevano ammantarsi dell’aura dell’austerità e per conseguenza diretta dell’autorevolezza.

Come funziona la faccenda

Il meccanismo è noto: si prende un personaggio politico o mainstream già di per sé sopra le righe, lo si tartufa fino all’osso. E si passano i giorni, le settimane ed i mesi a cercare di capire non la polpa del personaggio o la sua effettiva utilità per il Paese, ma quei particolari che accreditano le letture più pruriginose sullo stesso. Il personaggio poi, che ha fame di fama né più né meno di quanto le testate non abbiamo fame di view, risponde su quella frequenza.

Ed ogni tanto innesca un caso che tenga caldo il braciere della sua notorietà di costume. Tutti ci guadagnano, tutti felici, meno i lettori, che si dia il caso siano anche per più parte elettori, e che qualche volta se lo chiedono, se non sia il caso di non scrivere nulla quando nulla c’è da scrivere. E se nella casella mainstream del generale Vannacci ci fosse davvero bisogno di aggiungere “un’ascia bipenne” per confermare che sì, lui è quello che nella destra italiana indossa i feticci, fisici e verbali, di una destra pessima che fu.

Destra che è destra leghista, la stessa destra di quel Mario Abbruzzese che invece si butta sul polo opposto dell’arco comunicativo ed annuncia fiero che l’Italia è “promossa!”.

Abbruzzese tra spread e statistiche

Mario Abbruzzese

Sì, con tanto di esclamativo emozionale in intro. E che prosegue: “Secondo gli analisti, lo spread, già ai minimi dal 2021, nel 2025 è destinato a scendere ulteriormente. La stabilità politica del Cdx e la serietà delle sue politiche di bilancio hanno finalmente reso l’Italia una Nazione affidabile e credibile”.

O spread o accette norrene insomma, due cose che sulla vita media e sulla soglia di attenzione di un (e)lettore dovrebbero avere lo stesso grip di uno skateboard sul pak artico. Attenzione, il “guaio” non è solo della Lega, solo che oggi è il Carroccio ad avercelo (ancora per poco, ha appena registrato il marchi del suo movimento, “Il Mondo al contrario” che alle Regionali correrà appaiato al Carroccio), Vannacci. Che stuzzicato sul tema ha detto in modalità stand up comedy che “non è che se uno registra un marchio poi divorzia”. Ed è come avere il bonus a Supermario Bros.

Quell’altro, di “Supermario” invece, ha citato il dati che dovrebbero testimoniare come la riforma del Codice della Strada voluta dal “Capitano” Matteo Salvini non sia una tagliola draconiana, ma un paradigma di eunomia.

Foto © DepositPhotos.com

Così: “Nelle due settimane successive al 14 dicembre 2024, giorno di entrata in vigore del nuovo Codice della Strada, la Polstrada e l’Arma dei Carabinieri hanno rilevato un calo degli incidenti (-2,8%) rispetto allo stesso periodo di un anno fa, ma soprattutto una drastica diminuzione degli incidenti mortali (-20,3%) e delle vittime (-25,4%).”. Vero ma con gradazioni precise, perciò opinabile in quanto ed eziologia, ma almeno concreto.

Una mesta sceneggiata

Matteo Salvini

Tutt’altra mercanzia rispetto alla collanina con ciondolo, indossata oggi dal generale Roberto Vannacci, eurodeputato della Lega, tra i protagonisti del ‘tuffo’ di capodanno a Viareggio”. Quella che “non è passata inosservata” come se la casualità di una scelta avesse dovuto soccombere alla fine contro l’evidenza.

Nessuno a chiedersi o a spiegare che Vannacci ha voluto esattamente che di quella collanina si parlasse. Perciò in pieno inverno si è aperto la camicia come un freak calabrese degli anni ‘70 (anche la camicia era bipenne). E rischiando una pleurite da sottogola indomito ha offerto in pasto a media e lettori l’ultimo caso cretino buono per ricordare all’Italia che sì, lui c’è, esiste. E non come europarlamentare con mandato di migliorare le cose terragne tipo automotive, Green Deal, casi De Vizia e Beko o Pil, ma come personaggio con la mission di migliorare la sua visibilità, o di tenerla costante.

Di cosa parliamo? Di una cosa che AdnKronos, non “Chi”, si badi, ha spiegato con una cappellata maiuscola già in esordio. “L’ex capo della Folgore, è stato infatti immortalato con al collo un monile che riproduce un’ascia bipenne, simbolo presente nella cultura classica dell’Occidente, ma anche nordica, e poi divenuto a fine anni ’60 il logo del movimento ‘Ordine Nuovo’.

C’è paraca e paraca

Pessima la prima: dal 2011 al 2013 Vannacci ha comandato il 9 Reggimento d’assalto paracadutisti Col Moschin, non “la Folgore”. Che è altra cosa – nobilissima e sacra – che è una brigata. E che soprattutto non è il Nono, chiedere ad uno del Nono le differenze please, e poi magari scappare su un’auto veloce. Ma il dato di merito è un altro: quello di voler cadere a tutti i costi in quel cortocircuito simbologico, saggiamente alimentato proprio da Vannacci, per cui ogni cosa, ogni suo fiato ed ogni suo orpello sono il totem del “fascistismo” che contraddistingue il personaggio.

Il Modello Minimi della FN Herstal in dotazione ora all’Esercito Italiano

C’è una notizia: a Vannacci – che conserva un suo imprinting conservatore e tetragono – del fascismo di ritorno non frega nulla. A Vannacci interessa solo che di Vannacci si parli. E siccome è uno bravo ad intercettare gli umori basici di una nazione alla coratella lui, con la complicità di certa stampa, fa sempre centro.

Ordine Nuovo ed i suoi spettri

E’ vero, è verissimo che la bipenne è immagine fatta assurgere a simbolo (anche) da Ordine Nuovo, ma serviva il pistolotto con recap da bignamino per confermare una semplice e cassabile strategia di pessimo gusto tanto per pasturare certi ambienti? Non era il caso forse di bollare quel pessimo gusto come pessimo e non scrivere nulla, chiedendo al capo servizio di andare a prendere le calze della Befana per i pargoli in astinenza glicemica?

No, altrimenti il meccanismo de “io alimento, te abbocchi e tutti viviamo” non funziona. Perciò vai di recap, così la chiave di lettura della new è più truce. Cioè più sugosa: “Fondato da Pino Rauti e da Clemente Graziani, Ordine Nuovo fu sciolto nel ’73 con l’accusa di ricostituzione del partito fascista”.

E vai di pepe, ovviamene nero, giusto ma inutile come il panettone di Barbieri. “Tra le sue fila anche terroristi come Pierluigi Concutelli, condannato all’ergastolo per l’omicidio del giudice Vittorio Occorsio nel 1976”. Vannacci, quello che aveva lanciato il begattino, poi ha colto la palla al balzo e, candido-sornione, ha rilanciato come ormai da format.

Creta, cretesi e cretini

“Sì, porto alla catenina un pendaglio d’oro regalatomi da mia madre più di trenta anni fa e che ho ricominciato a indossare da quando è deceduta”. Vuoi mettere la mistica di mammà con il truce sospetto dell’iconografia del post ventennio peggiore? “Il monile è stato comprato a Creta dove l’ascia bipenne è il simbolo stesso dell’isola. Rappresenta il potere, la forza e l’audacia. Al contrario di quanto si possa pensare, la bipenne è connessa alla simbologia femminile ed è stata addirittura ripresa da vari movimenti femministi e lesbici.

Roberto Vannacci (Foto: Giuliano Del Gatto © Imagoeconomica)

E vai di contro analisi culturaloide così si crea un caso e giù tutti a googolare per trovare conferma a ragioni già incasellate. Davvero ne abbiamo bisogno di ‘sta roba, e davvero siamo ormai come le carpe grulle nello stagnone gigante dei social e dell’informazione da clickbait?

Pensavamo di essere meglio e di meritarci qualcosa di meglio. Sia sul fronte di chi lancia l’esca che su quello di chi la infilza sull’amo. E che poi, dopo aver pasturato recupera, con noi poveri scemi a boccheggiare nel guadino.