La candidatura a sindaco dell’ex ministro darebbe una prospettiva diversa all’ipotesi di rimettere in piedi una coalizione con un centro forte. Ma deve partire dalla corsa al Campidoglio, con il Pd che deve prendere atto dei tanti no ricevuti. A cominciare da David Sassoli.
Il Partito Democratico ormai “vede” la Lega e medita il sorpasso. Ma per recuperare nei confronti del centrodestra, il centrosinistra deve allargare l’area dei moderati, magari attraverso una formazione che passi da Matteo Renzi e Carlo Calenda insieme. Ecco perché l’ipotesi di una candidatura a sindaco di Roma del leader di Azione sta prendendo quota in queste ultime ore.
Il diretto interessato ha detto al Corriere della Sera: «La verità è che Roma è a pezzi e non ci sono candidati di peso, per ora. Io per qualche giorno ancora starò zitto. Non dirò che mi candido o che non mi candido a fare il sindaco di Roma. Non posso né voglio innescare un gioco di mosse e contromosse col Pd. Tempo qualche giorno e tutti sapranno».
Calenda, segnali al Pd
Ha rilevato Calenda: «Ho commissionato due sondaggi diversi. Uno per misurarmi come candidato del centrosinistra; l’altro per capire a che percentuali potrei arrivare candidandomi da solo. Tra lunedì e giovedì prossimi avrò tutto».
Il messaggio per il Pd è fin troppo chiaro: questo è il tempo che vi resta per sostenermi oppure per individuare una candidatura che sia più forte della mia. Nicola Zingaretti non ha rinunciato al sogno di convincere David Sassoli, ma il presidente del Parlamento europeo non vuole. E Calenda lo ha pure detto: «Gliel’ho chiesto direttamente: David, tu hai intenzione di candidarti a sindaco di Roma, così capisco se è il caso di fare un passo indietro? Lui mi ha risposto che non c’è alcuna possibilità. Anche perché c’è un solo precedente di un presidente dell’Europarlamento che si dimette in anticipo e a Bruxelles è ancora considerata una figuraccia».
A Giuliano Ferrara, che gli ha consigliato la pace con Zingaretti, Carlo Calenda ha risposto su Twitter: «Ringrazio Ferrara per le parole belle. Chiunque farà il sindaco di Roma dovrà essere “umile” di fronte alla sfida amministrativa. Ma l’autocritica marxista di fronte al governo Conte… anche no».
Accoglienza tiepida
I Dem vogliono evitare che si arrivi a fare le Primarie di gennaio tra i cosiddetti ‘sette nani‘ (i tre presidenti di Municipio Sabrina Alfonsi, Giovanni Caudo e Amedeo Ciaccheri, la senatrice Monica Cirinnà, i due consiglieri regionali Michela Di Biase e Paolo Ciani e il giovane attivista Tobia Zevi) e si sono spinti fino ad un laconico “nessuna preclusione” nei confronti del leader di Azione. Che ci sta pensando ma non è certo dai gazebo che vuole passare: se dovrà essere candidatura, dovrà passare dalla piena legittimazione politica da parte della coalizione.
L’accoglienza finora è stata dir poco tiepida, come evidenzia il senatore di Azione Matteo Richetti su Twitter. “Il benvenuto del Pd di Roma a Carlo Calenda: Romano ha detto che Carlo è peggio di Di Battista e Raggi, Caudo che vuole favorire la destra, Cirinnà gli ha dato del codardo. Sai che belle primarie sarebbero, tutte davvero sulla città. Entusiasmo“.
Un segnale di apertura verso Carlo Calenda sembra arrivare dal vice Segretario Pd Andrea Orlando. Qualcuno sostiene che sia stato proprio questo uno dei temi che ha portato ad un acceso confronto con il Segretario Nicola Zingaretti, al punto da fargli pronunciare la famosa frase sul “peso del doppio incarico”. Che nei giorni scorsi ha mandato in fibrillazione il Partito. (Leggi qui Il bersaglio di Zingaretti dietro alla frase sulla fatica per il doppio ruolo)
Il motivo delle scintille? Proprio le Primarie, che Calenda vuole saltare per avere un’investitura piena e convinta. L’apertura di Andrea Orlando sta in questa frase: “C’è stato un periodo in cui sembrava che le primarie fossero la panacea, ma non lo credo”.
Carlo fa i capricci
Non sembra accogliere il segnale Carlo Calenda: anziché stemperare e raffreddare la temperatura continua a tirare addosso al Pd. Ancora una volta è Twitter la sua arma di comunicazione preferita: “Ma come?! Ma queste primarie non erano fondamentali? Ao‘”.
A rispondergli è il segretario del Pd romano Andrea Casu, il giovane che ha ricostruito il Partito romano ridotto in macerie dagli scandali. Dice: “Ma Carlo Calenda vuole fare il sindaco di Roma o dividere e attaccare il Pd? l’avversario è la destra“.
Nel gioco delle correnti del Pd basta spostare la pedina sbagliata sulla scacchiera e tutto viene compromesso. Per Calenda si sta adoperando anche il numero uno di Italia Viva a Roma, Luciano Nobili . Il leader di Azione può già contare sull’appoggio di Italia Viva: “Se Calenda decidesse di scendere in campo a Roma sarebbe una manna scesa dal cielo per la città“, ha detto Davide Faraone.
Gli sherpa sono al lavoro e le trattative sono in corso. Il 14 ottobre è in programma il tavolo convocato da Casu con tutte le forze locali del centrosinistra.
C’è la possibilità che non venga acceso il fuoco sotto la caldaia delle Primarie. Sarebbe quello un segnale chiaro che potrebbe spingere l’ex ministro dello Sviluppo economico ad accelerare la sua decisione.
I limiti di Calenda sindaco e del Pd
Il vero dubbio del Pd su Carlo Calenda è anche di natura politica: quanto sarebbe in sintonia l’ex ministro una volta che diventasse sindaco? Quanto sarebbe possibile dialogare davvero con lui sulle strategie da attuare a Roma, considerata la sua personalità forte e poco incline al confronto? La rottura e la nascita di Azione sono la dimostrazione. Il Partito Democratico vuole riprendere Roma con un’ambizione precisa: renderla in poco tempo un gioiello di buona amministrazione capace di dare al Pd la spinta necessaria per vincere le Politiche nel 2023.
A Carlo Calenda le capacità non mancano. Ma una cosa è esprimerle facendo il Ministro dello Sviluppo Economico dove hai un’intera struttura che lavora per attuare le tue indicazioni. Cosa diversa è fare il sindaco: significa fare alta politica ed amministrazione ogni giorno, significa parlare all’Italia ed al Mondo perché Roma è Roma; allo stesso tempo significa confrontarsi con una macchina che è capace di trasformarsi in palude e trappola. Calenda è capace ma l’uomo solo non basta.
Per contro, i veri dubbi di Calenda sono legati proprio alla fisiologica invadenza di un Pd che avrebbe tutto il diritto di condizionarne le strategia attraverso l’Aula ed i consiglieri comunali eletti dai cittadini di Roma.
Sta tutta qui l’ostentazione di forza. Dall’una e dall’altra parte. Ognuno ha paura che poi sia l’altro a voler governare.
Il triduo di ringraziamento
Così, se Pierluigi Castagnetti twitta “Se Carlo Calenda si candida sindaco a Roma sarà una benedizione per la città. E il Pd promuova un bel triduo di ringraziamento“, al Nazareno non ci pensano proprio a preparare né incenso né candele. “Se Calenda diventa il leader di Italia Viva, di Giachetti e Nobili rischia di fare la fine di Scalfarotto in Puglia e prende l’1%. Non può continuare a insultarci e pretendere di fare il candidato del centrosinistra. Aspettiamo il tavolo del 14 ottobre. Calma e gesso“.
Nel momento in cui nel centrodestra prende quota l’idea di candidare a sindaco Massimo Giletti, nel centrosinistra è arrivata l’ora di decidere. Nei Dem in tanti hanno detto no: David Sassoli ed Enrico Letta su tutti. Ma anche Roberto Gualtieri e Franco Gabrielli.
Virginia Raggi per adesso mantiene il punto e questo rende impossibile l’accordo con i Cinque Stelle. Goffredo Bettini nei mesi scorsi avrebbe voluto lanciare la candidatura di Nicola Zingaretti in persona, ma adesso è cambiato tutto.
L’opzione Carlo Calenda sarebbe il primo passo per rimettere in piedi una coalizione di centrosinistra. E se dovesse arrivare la vittoria, allora da Roma partirebbe la svolta.