
Ceccano va al voto tra contraddizioni, strategie opache e una valanga di candidati. In un clima che mescola ambizione personale, rivalità storiche e voglia di cambiamento, il rischio è che, a furia di parlare di tutto, ci si dimentichi della città. Ma alla fine, come sempre, sarà la somma dei voti a decidere chi ha raccontato la storia migliore.
Troppi candidati. A furia di annunci roboanti, promesse di intere legioni zeppe di aspiranti Consiglieri, gli schieramenti ora si trovano a dover riempire le liste a sostegno dei candidati sindaco di Ceccano. Il che si sta rivelando un enorme problema.
Sono 23 le liste annunciate. Un numero che suona quasi grottesco se si tiene conto del fatto che Ceccano è una città con meno di 19mila elettori. Facendo due conti, si parla di circa 368 candidati al Consiglio comunale. Tradotto: un candidato ogni 50 elettori, o meglio ancora, uno ogni 62 abitanti. Praticamente un incrocio tra il Festival delle Liste e un casting di massa per un reality show civico.
Ma è davvero possibile completare tutte le 23 liste? I retroscena raccontano di telefonate last-minute, cene persuasive e inviti insistenti a “metterci la faccia” (o almeno il nome). E mentre si rincorrono voci di difficoltà e rinunce, la sensazione è che si stia raschiando il fondo del barile del consenso attivo. Anche perché all’ultima tornata elettorale votarono appena 13.900 persone.
Guanti bianchi e stoccate

Sul fronte politico la sfida ha dinamiche da romanzo. Nel centrosinistra Andrea Querqui, candidato del polo progressista, ha adottato una linea soft verso il suo principale avversario: Ugo di Pofi, sostenuto dal centrodestra ufficiale. Niente attacchi personali, niente slogan da rissa. Una scelta che ha diviso: c’è chi vorrebbe vederlo più battagliero e chi, al contrario, apprezza lo stile sobrio e i toni da “politica adulta”.
Ma la calma apparente è stata rotta nei giorni scorsi dal video girato da Di Pofi in una chiesa. Un gesto che ha fatto storcere il naso a molti fedeli, per i quali un luogo sacro non dovrebbe essere usato come set per propaganda elettorale. A questo si è aggiunto il video sui parcheggi a pagamento, dove Di Pofi prende le distanze dalle famigerate strisce blu. Peccato che furono proprio i suoi compagni di coalizione, nella precedente amministrazione Caligiore, a inserirle nel Piano di Riequilibrio Finanziario con il quale azzerare nei prossimi debiti storici del Comune. Piano che prevedeva quasi 800 stalli a pagamento, malgrado le proteste e persino una segnalazione all’ANAC da parte dell’allora opposizione di centrosinistra.
Toglierli, a questo punto vorrebbe dire indicare entrate alternative con le quali fare fronte alle somme che non deriveranno dai parcheggi. Cosa che Di Pofi non ha fatto. E nemmeno molti firmatari di quel piano durante il governo Caligiore: oggi sono gli stessi che cercano di raccontarsi come “nuova destra”.
Silenzi strategici e accordi non detti

Un elemento che il centrosinistra sta contestando a Di Pofi. Invece non glielo sta contestando Fabio Giovannone, candidato sindaco civico sempre nell’area di centrodestra. Il suo silenzio su Di Pofi è più rumoroso di mille comizi. Nessuna polemica, nessun attacco, solo un elegante mutismo. Mentre con Querqui invece le stilettate volano. Questo ha fatto sospettare a molti un possibile patto di desistenza: tu non attacchi me, io non attacco te, vediamo chi arriva al ballottaggio. Una danza silenziosa ma attentissima.
Intanto, sullo sfondo, la cronaca irrompe nel quadro politico: Roberto Caligiore, l’ex sindaco decaduto di Fratelli d’Italia, nei giorni scorsi è tornato torna libero dai domiciliari. Ha l’obbligo di dimora in città, fino a quando non sarà conclusa l’inchiesta del Servizio Centrale Operativo della Polizia e della Squadra Mobile di Frosinone sull’accusa di avere preso tangenti legate agli appalti cittadini finanziati con fondi europei.

Il suo ex assessore all’Ambiente Riccardo Del Brocco, ha mostrato il frontespizio di una querela per diffamazione. È la risposta alle critiche seguite alla notizia che anche lui sia indagato: alcune – ritiene – sono andate oltre il limite della continenza e del buon gusto. Insomma, la tensione si taglia con il coltello, anche se il processo elettorale resta, per ora, l’unico tribunale attivo.
Più guerre interne che esterne
Nel campo di Querqui, la sfida più dura sembra essere interna. Nel Partito Democratico si agitano tre correnti, tutte determinate a far eleggere il proprio consigliere. Se scattano solo due seggi, uno rimane fuori: ed è lì che si giocherà la vera partita, tra sorrisi di facciata e coltelli sotto al tavolo. Le tensioni tra Querqui ed il segretario cittadino Giulio Conti, mai realmente superate, rischiano di esplodere se il risultato sarà incerto.

In quel campo è interessante il percorso di Progresso Fabraterno: contrariamente alle aspettative il gruppo di giovani si è rivelato sorprendentemente disciplinato. Senza sponsor ingombranti né scorciatoie, si stanno giocando le loro carte con la presenza sul territorio. Se c’è una sorpresa da tenere d’occhio, potrebbe essere proprio questa.
Le elezioni saranno un esame fondamentale per Francesco Ruggiero, che a 22 anni ha messo in piedi un movimento e a 27 guida una lista. Finora ha evitato di rispondere alle provocazioni: il suo silenzio è eloquente: “provateci voi”. Ma intanto è lì, in campo, senza paracadute.
Il toto-vicesindaco e le tensioni future
Infine, un retroscena da non trascurare: se Querqui dovesse vincere, stando ai rumors il ruolo di vicesindaco potrebbe andare a Mariangela De Santis, in segno di riconoscenza politica. Ma nella stessa area convivono malamente personalità forti come Gaspare Ferri e Antonio Ciotoli. Come gestire questa convivenza senza farla esplodere sarà una delle prime prove di equilibrio della nuova eventuale amministrazione.