
Cinque candidati, quattro sedie e un assente “in fila”: Ceccano e il lavoro secondo la Cgil. Ma il dibattito si infiamma su altri temi
Ore 18:00 dell’altra sera, Piazza Municipio, Ceccano. Un’altra puntata del confronto pubblico tra i cinque candidati a sindaco. La scena è quella di sempre: set spoglio e cinque sedie bastano come scenografia. Ma la piazza questa volta non è gremita e non c’è il vociare che si accavalla. La novità sono i temi sul tavolo: ad apparecchiarlo è Cgil ed è ovvio che le tematiche siano lavoro, ambiente, cittadinanza e servizi. Temi che questa volta spingono il dibattito oltre la polemica.
Doveva esserci anche Ugo Di Pofi, candidato sostenuto dal centrodestra. Non si è presentato. Ufficialmente, bloccato nel traffico sulla A1. Ufficiosamente, l’invito della Cgil a un esponente di Fratelli d’Italia ha fatto più rumore del ritardo. In una campagna già segnata da tensioni e provocazioni la sua assenza pesa e alimenta il sospetto di una fuga dal confronto.
Il posto al cimitero

Lavoro, ma non solo: Ceccano sul filo del nervo scoperto. Il dibattito della Cgil è andato in scena in un clima politico già surriscaldato, dove ogni tema diventa miccia e ogni parola una miccia accesa. Nei giorni precedenti, a infiammare il confronto è stata la chiusura del cimitero per due pomeriggi a settimana a partire dal 12 maggio. Una decisione che – in piena campagna elettorale – suona come una bestemmia laica.
Andrea Querqui l’ha presa al volo, come un rigore a porta vuota: “La vecchia amministrazione non è riuscita a tenere aperto nemmeno il camposanto. Figuriamoci far ripartire Ceccano”. Una bordata contro chi ha governato prima, con l’accusa – neanche troppo velata – che l’ex amministrazione abbia lasciato macerie anche sul piano dei servizi essenziali. Querqui ha poi chiamato in causa i parroci della città, invitandoli a “far sentire la propria voce” in difesa di un presidio che, in una comunità come Ceccano, vale quanto – se non più – del municipio: perché lì riposa non solo la fede, ma la memoria di tutti.
Fabio Giovannone ha fatto il controcanto: “L’ente è rimasto senza custodi, per colpa delle discutibili politiche assunzionali avviate dal centrosinistra oltre vent’anni fa.” Ma non si è limitato alla stoccata: ha infilato il punto programmatico come una ricevuta fiscale: nel mio programma c’è un capitolo di bilancio dedicato esclusivamente alla manutenzione ordinaria e straordinaria del cimitero”. E poi la promessa che suona da ultimatum: “I 720 loculi già acquistati e mai consegnati vanno assegnati subito. Non è solo burocrazia, è rispetto”.
Caduta di stile

Ma il cimitero è solo la punta dell’iceberg. Perché in sottofondo ribolliva il caso Ceccano Calcio, con accuse di strumentalizzazione politica e retroscena da tribuna. (Leggi qui: Giù le mani dal Ceccano Calcio: i tifosi si ribellano alla politica. E leggi anche Liburdi sferza, Querqui ribatte. E l’elettore prende appunti).
E come se non bastasse, è esploso un altro caso: un post infelice pubblicato da un candidato della coalizione di Ugo Di Pofi, in cui si augurava “un posto al cimitero” agli avversari politici. Una frase che ha fatto saltare i nervi anche ai più pazienti: “Una caduta di stile, anzi di civiltà” ha tuonato il centrosinistra. Di Pofi, pressato, ha provato a spegnere l’incendio con un video di oltre sei minuti, più lungo di certi Consigli comunali: “Era una metafora politica. Mi riferivo alla rottamazione della vecchia classe dirigente. Anche io subisco continuamente fango“.
Ma ormai la frase era diventata virale – e velenosa. Il centrosinistra ha reagito a muso duro: “Un candidato sindaco non può giustificare frasi del genere. È una vergogna”. Maliziola, in stile Prima Repubblica, non ha commentato. Ma il suo silenzio pesava quanto un voto contrario.
Massafra (Cgil): “Un morto ogni tre giorni”

Entrando sui temi del dibattito: a rompere il ghiaccio è Giuseppe Massafra, segretario della Cgil Frosinone-Latina. Nessuna introduzione morbida: “In Italia muore un lavoratore ogni tre giorni”. Una sentenza, più che una statistica. E infatti il silenzio che cala in piazza è quello di chi sa che qui si parla di vite, non di numeri. Il lavoro, dice Massafra, è sparito dall’agenda politica. È diventato profitto, non più dignità: “Parlare di lavoro significa parlare di precarietà, insicurezza del futuro, caduta dei salari e, purtroppo, anche di morti bianche”.
Manuela Maliziola, ex sindaco e candidata del centrosinistra civico, entra con tono deciso: “I diritti non ce li hanno regalati, si sono conquistati. E ora dobbiamo difenderli”. Attacca il precariato, definendolo “un sistema indegno” e propone la creazione di un Osservatorio comunale sul lavoro. Punta tutto su formazione, parità di genere e sinergia tra scuola e imprese per combattere l’abbandono scolastico. Sostiene tutti e cinque i quesiti referendari promossi dalla Cgil, incluso quello sulla cittadinanza: “Chi vive, lavora e paga le tasse in Italia deve avere gli stessi diritti”.
Giovannone: “Il lavoro non ha colore”

Fabio Giovannone, imprenditore e candidato civico di area centrodestra, offre una visione “dal campo”: “Abbiamo 50 dipendenti diretti e 40 collaboratori. Quando si creano le condizioni, il lavoratore è più sereno e produttivo”. Appoggia i quesiti sul lavoro ma si smarca sul tema della cittadinanza: “L’Italia è il Paese che concede più cittadinanze in Europa. Non vedo la necessità di ridurre i tempi”. Sulla gestione dei servizi, come lo scuolabus, si mostra scettico: “Ho fatto parte della vecchia amministrazione. Il Comune non ha le risorse per sostenere quel servizio, figuriamoci per ampliarlo”.
Andrea Querqui, centrosinistra partitico, collega il tema del lavoro alla bonifica ambientale. “Ceccano è nel SIN, ma i lavori non partono. E senza bonifiche, non riparte nulla: né l’occupazione, né il futuro”. Propone di sbloccare l’area e avviare un processo produttivo sostenibile. Difende il quesito sulla cittadinanza: “Chi contribuisce alla comunità ha diritto a farne parte, anche formalmente.” Sulla scuola, propone di rinnovare la flotta degli scuolabus con fondi mirati, gestiti da cooperative locali. Polemizza con Giovannone: “Dal 2018 paghiamo bollo e assicurazioni per 16 mezzi fermi”.
Mingarelli: “Sicurezza non è uno slogan”

Luigi Mingarelli, candidato della sinistra, prende posizione netta su precarietà e povertà. “Abbiamo proposto un salario minimo comunale. Nessuno ci ha ascoltato. Vogliamo anche un reddito minimo per aiutare almeno 250 famiglie che oggi si affidano alla Protezione Civile e altre 800 alla Caritas”. Per lui, la sicurezza sul lavoro è “formazione, cultura, investimenti, non uno slogan”. Denuncia la paralisi amministrativa della giunta uscente – di cui Giovannone ha fatto parte – e punta il dito sul blocco del servizio scuolabus: “Responsabilità politica chiara”.
Sui temi ambientali, Querqui propone di superare l’impasse del SIN. Giovannone e Maliziola, però, frenano: “Le analisi dicono che il rischio è ancora alto. Non possiamo ignorarlo”. Querqui insiste: “L’Arpa dice che il betaesaclorocicloesano è in calo. Bloccare tutto ha senso se c’è un nemico. Altrimenti, è solo immobilismo.”
La cittadinanza è la vera linea di faglia: Maliziola, Mingarelli e Querqui sono per l’inclusione. Giovannone dice no, rafforzando il suo profilo da “civico moderato”, ma conservatore.
Tra referendum e voto locale

Si vota il 25 e 26 maggio, se nessuno otterrà il 50%+1 dei voti depositati nelle urne, si andrà al ballottaggio l’8 e 9 giugno: in concomitanza con i referendum popolari promossi dalla CGIL.
Chi sarà il prossimo sindaco di Ceccano dovrà fare i conti con un territorio segnato da precarietà, inquinamento, tensioni sociali e una sfiducia diffusa verso la politica. Il confronto della Cgil è stato forse l’unico spazio in cui si è parlato concretamente di questi problemi. Ora la palla passa ai cittadini. Perché più che il traffico, a pesare, è sempre l’assenza di risposte.