Ceccano, la guerra delle correnti Pd tra barbecue, scontenti e fantasmi

Scocca l'ora del Congresso cittadino nel Pd di Ceccano. A chi mettere in mano il Partito? Giulio Conti, nel bene e nel male, lo ha rianimato nel momento più buio. I nomi in pista sono tre: Cavese, Querqui, Bettinelli. Più un quarto, di sintesi. La partita nel Partito. Ed il quadro in FdI

Un ristorante. Il solito. Sempre quello: l’Alba Rossa di Ripi. È diventato il confessionale laico del Partito Democratico ceccanese. Più che un locale, è ormai un capitolo della storia politica locale: si entra con l’antipasto e si esce con un Segretario di Partito. O senza una corrente.

Fu lì, tra un arrosticino e un colpo di telefono mancato, che si decise che Giulio Conti sarebbe dovuto diventare segretario cittadino del Pd ceccanese. E fu così: con appena 28 voti. Nemmeno abbastanza per un torneo di briscola al centro anziani, ma quanto bastava per tenere in piedi i cocci di un Partito terremotato dalla scissione di Emanuela Piroli. Lei, che aveva appena lasciato il Pd, sbattendo la porta dopo essere stata defenestrata. Con contorno di patate al forno.

In quel momento il Pd non aveva bisogno di un leader. Aveva bisogno di un cerotto. Conti fu quel cerotto. E oggi è ancora lì.

Il percorso di Emanuela

Emanuela Piroli

Emanuela Piroli ha attraversato stagioni politiche diverse, senza mai perdere il filo di una militanza attiva e radicata sul territorio.

Per anni è stata vicina a Mauro Buschini, con cui ha condiviso battaglie e percorsi istituzionali. Poi, come accade spesso nella geografia mutevole del centrosinistra, i cammini si sono separati. La sua bussola ha trovato una nuova direzione in Antonio Pompeo, con cui ha costruito una fase intensa di impegno amministrativo. Oggi, il suo riferimento è la corrente che fa capo a Danilo Grossi, tra i più ascoltati interpreti della linea riformista e territoriale del Partito Democratico.

Un tragitto politico articolato, coerente nella visione ma adattabile al tempo che cambia, che ha però mantenuto un dato stabile: la fiducia degli elettori. Nella scorsa tornata, se non fosse stata fuori dal Centrosinistra, se Pd e Psi avessero provato a costruire insieme a lei un Campo largo, la storia elettorale di Ceccano poteva essere diversa.

Anche in questa tornata elettorale, i voti le hanno dato ragione. Perché nel Pd si può discutere di tutto, ma quando una candidatura ottiene consenso reale, sul campo, il rispetto è dovuto. E quello raccolto da Piroli, ancora una volta, è un risultato che pesa.

Ora si torna lì. Non all’Alba Rossa, ma quasi

Mariano Cavese

Dopo le elezioni comunali del 2025, il Pd ceccanese torna a farsi la domanda delle domande: chi guiderà il Partito nei prossimi mesi? Una domanda che nel Partito non è mai una formalità ma il prologo di una resa dei conti (e dei Conti). I nomi in campo, ad oggi, sono tre. Ognuno racconta una storia diversa.

Mariano Cavese, l’uomo dei 220 voti, lanciato e sostenuto dalla triade Sara Battisti, Antonio Pompeo e Luca Fantini. Cioè le componenti di Rete Democratica e di Energia Popolare. Voti pesanti, che portano con sé un messaggio politico ben preciso: la consigliera regionale Sara Battisti ha voluto far capire che anche a Ceccano lei c’è ed è presente con i voti. Un’operazione tutta politica, studiata con attenzione. Si è contata proprio su Cavese per dimostrare che il suo radicamento esiste e che soprattutto ha un peso politico. Ha fatto capire che nel Partito Democratico provinciale, anche lei ha le sue truppe.

Emanuela Piroli con Valentino Bettinelli

Fabio Querqui, uomo di Francesco De Angelis, ovvero AreaDem, il presidente Pd del Lazio. Sempre dietro le quinte, mai una polemica, mai un post sopra le righe. Ma quando si contano i voti, è sempre lui a portare il bottino a casa. Il potere vero non urla. Agisce.

Valentino Bettinelli, portavoce della linea dura. Di Emanuela Piroli e quindi della sinistra Schlein-style. Idealista, orgoglioso, coerente. Uno che in politica dice “piuttosto soli”. Tre anime. Tre correnti. Tre voglie di contarsi. Perché nel Pd non si risolve: si fa il test muscolare. E poi ci si divide. Da sempre.

L’ipotesi di sintesi. Forse

Sofia Ferracci

Se il Pd avesse ancora un minimo istinto di sopravvivenza, punterebbe su una figura di mediazione vera. E il nome che circola è anche quello di Sofia Ferracci, giovane, capace, determinata. Vero che politicamente è vicinissima a Luca Fantini, riferimento della Segreteria provinciale uscente. Altrettanto vero che la sintesi va a cadere su quel punto preciso. A volerla fare.

Una figura che, per età e profilo, potrebbe rappresentare una svolta generazionale dentro un Partito ancora impigliato nei personalismi. In una città che ha mandato un segnale preciso in questa direzione, nelle recenti elezioni Comunali: riversando una massa di foti sulla civica dei ragazzi di Progresso Fabraterno (età media 26 anni) mandandoli in Consiglio comunale ed in Giunta.

Ma, come spesso capita, è stata scottata. Durante le Comunali era in accoppiata con Mariano Cavese: un patto scritto nelle preferenze, nelle strette di mano, negli accordi interni. Ma in politica si sa: se un’intesa non viene rispettata almeno al 30%, vuol dire che è stata stracciata. E quella con Ferracci, a conti fatti, lo è stata.

Non è la sola a tenere il conto. Anche l’accoppiata Milo-Piroli ha lasciato strascichi. Adriano Masi, silenzioso e concreto, ha fatto intendere che qualcosa non ha funzionato. Alla fine, l’unico ad aver rispettato i patti è stato proprio Giulio Conti, con l’accoppiata Conti-Maura. Anche se, dicono, una mano alla consigliera Maura l’ha data proprio Masi insieme ad Antonio Nalli. Una mano sì, un ritorno no.

Chat, vocali e caffè amari

Andrea Querqui abbraccia la moglie dopo il risultato

Dal lunedì post-elezioni, i telefoni hanno squillato all’impazzata. Messaggi, vocali, screenshot, confronti. Delusione, amarezza e qualche insulto travestito da “dai, prendiamoci un caffè”.

Intanto, a Frosinone… si avvicina il congresso provinciale: l’uscente Luca Fantini contro l’ex leader di Primavera Studentesca Achille Migliorelli. E anche qui Ceccano si schiera: Cavese è con Fantini, mentre Fabio Querqui, Valentino Bettinelli ed Emanuela Piroli sono con Migliorelli.

Una partita che vale più della segreteria cittadina. Perché chi vince quel congresso decide chi comanda nel Pd provinciale. E chi comanda lì, mette bocca anche su Ceccano. E anche sulle sue poltrone.

Giulio la mina vagante

Giulio Conti

E Giulio? Conti è ancora lì. Ufficialmente AreaDem. Ufficiosamente? Una mina vagante. Alle Regionali del 2023, si schierò con Antonio Pompeo, nonostante il candidato ceccanese si chiamasse Andrea Querqui.

Ma Querqui fece il botto. E da lì fu proiettato verso la fascia tricolore. Conti, da navigatore esperto, capì che da quel momento Pompeo avrebbe dovuto giocare una partita diversa e che per lui era arrivato il momento di cambiare treno. Saltò su quello di De Angelis. Un salto che,  ironia della sorte, ha consegnato a Ceccano il suo attuale sindaco. E oggi, quel Partito guidato ancora da Conti, non è più in ginocchio. Tutt’altro.

Grazie anche alla pazienza, mediazione e lucidità di Giulio Conti, il Pd ceccanese oggi siede dove si decide davvero. Ha la Presidenza del Consiglio Comunale, con Federica Maura ed ha un assessorato chiave come i Lavori Pubblici. Non posizioni decorative, ma leve di potere reale. Dove si scrivono i progetti, si programmano le opere, si controllano i tempi e le priorità. Posti dove si governa, anche se si fa finta di arbitrare.

Un risultato non scontato. Che porta le firme di tanti. Ma soprattutto di chi, nel momento peggiore, ha tenuto in piedi il partito: Giulio Conti.

A destra, il caos sotto controllo

Alessandro Savoni

Nel frattempo, anche Fratelli d’Italia ha le sue spine nel fianco. Alessandro Savoni, uno dei più attivi, ha sostenuto Fabio Giovannone nonostante l’indicazione del Partito fosse di votare Ugo di Pofi.

Sta ancora nel direttivo meloniano. Un corto circuito che a molti non è andato giù ed a gestire tutto sarà Rino Liburdi, uomo-ombra di Riccardo Del Brocco. Silenzioso, discreto, ma determinato. La stella in ascesa è Ginevra Bianchini: preparata, ambiziosa, già nel mirino di Massimo Ruspandini per una candidatura alle Regionali.
Il modello è chiaro: replicare il “metodo Querqui”. Prima un grande risultato personale alle Regionali, poi il volo verso il Comune.

Ma c’è una differenza sostanziale: Massimo Ruspandini conosce il territorio come le sue tasche. Non improvvisa. Non sbaglia le mosse. Quando decide di lanciare qualcuno, sa già dove farlo atterrare. E in questo momento, lo sanno anche i muri, sta riflettendo. Sul Partito. Su come sistemarlo. E soprattutto, su chi puntare per il futuro. Perché Ruspandini una mossa ce l’ha sempre. E di solito è quella giusta.

E ora?

Massimo Ruspandini, Rino Liburdi e Paolo Trancassini

Due partiti. Due crisi (gestite). Due giochi a scacchi in corso. Nel Pd, si contano le correnti, si piangono gli accordi saltati e si cerca, faticosamente, una nuova sintesi. In Fratelli d’Italia si sistema il dopo-Caligiore, si lavora sottotraccia, si guarda già al 2030.

Ceccano, intanto, guarda. Aspetta. E spera che prima o poi, il barbecue dell’Alba Rossa diventi una cucina politica. Non solo una griglia di nomi. Perché finché si mangia e si litiga, la città resta a digiuno di politica vera.

Ma il film, tranquilli, non è finito. Anzi, sta per cominciare il secondo tempo.