Cinque novembre, il super martedì che cambia il mondo

Conto alla rovescia agli sgoccioli negli Stati Uniti per l'elezione del presidente. Al termine di una campagna ricca di colpi di scena e polemiche roventi si sfideranno Donald Trump e Kamala Harris. Un voto che determinerà gli equilibri politici ed economici dell'intero pianeta. Le regole, i segreti ed i retroscena di una corsa sempre appassionante

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

È stata una lunga e combattuta campagna elettorale quella negli Stati Uniti. Piena di colpi di scena e spesso anche di colpi bassi reciproci. Ma è arrivata al suo epilogo, infatti martedì 5 novembre i cinquanta stati americani andranno al voto per eleggere il loro nuovo presidente. Una scelta che da sempre condiziona gli equilibri mondiali visto lo strapotere militare ed economico statunitense. Si fronteggiano Kamala Harris l’attuale vicepresidente di Biden e l’ex presidente Donald Trump. Due tipi che non potrebbero essere più diversi. 

Trump reduce dalla contestata sconfitta del 2020 e dai noti fatti del campidoglio del 6 gennaio. La Harris scelta in corsa senza neanche svolgere le primarie a seguito del ritiro per motivi di salute di Biden.

Sondaggi in equilibrio, boomakers per Trump

Donald Trump (Foto © Gage Skidmore)

I sondaggi li danno molto vicini. Con Trump che inizialmente prevaleva su Biden. Poi invece superato nei sondaggi al momento della nomina di Kamala ma che nelle ultime settimane ha invertito la tendenza tornando in testa. I bookmakers nelle scommesse privilegiano nelle quote la vittoria di Trump. I mercati anche. Ma le elezioni usa sono sempre pronte a grandi sorprese. In particolare per il loro modo di svolgimento che non è direttamente connesso al voto popolare di massa ma costituito da collegi corrispondenti ai singoli stati dove chi vince quello stato prende tutti i delegati ed all’altro va zero.

Avrete infatti sentito sempre più frequentemente nelle ultime settimane l’espressione “swing state” da noi si direbbe stati chiave, che sono quegli stati il cui esito è incerto e la cui vittoria condizionerà l’elezione del nuovo presidente. Quest’anno sono sette gli stati considerati in bilico. Il più importante è la Pennsylvania. Un po’ tutti concordano che chi vincerà questo stato vincerà anche le elezioni generali.

Elezioni sempre di martedì: è una lunga storia

Kamala Harrris (Foto © Gage Skidmore)

Le elezioni americane infatti sono piene di particolarità che le rendono molto diverse dalle nostre. Una molto particolare è che si vota sempre di martedì. Di Venere e di Marte non si sposa e non si parte, ma, almeno nel secondo, in America, si vota. A metà Ottocento si è scelto il martedì per le elezioni Usa perché era la giornata migliore per chi lavorava nei campi. Per la precisione si vota il martedì dopo il primo lunedì nel mese di novembre.

E tutto questo ha una lunga storia. Tra il 1788 e il 1845, ogni Stato stabiliva la data delle elezioni, bastava che le votazioni fossero concluse entro il primo mercoledì di dicembre. Una legge del 1792 stabiliva che le votazioni fossero fatte nei 34 giorni precedenti a quella data, ma tanto tempo rendeva difficile raccogliere i risultati. Per uniformare la scelta, nel 1845 è caduta sul martedì. La domenica non si poteva perché era dedicata alla preghiera e non poteva nemmeno essere il giorno di viaggio perché doveva essere quello del riposo, il mercoledì c’era il mercato, il lunedì serviva per arrivare alla sede del seggio. Il mese di novembre era perfetto per la società contadina: terminati i raccolti, gli impegni erano minori per maschi, bianchi e proprietari terrieri, gli unici con diritto di voto.

Voto per posta ed anticipato

La bandiera statunitense (Foto © Gage Skidmore)

Le elezioni statunitensi non si ripetono, in nessun caso, e non si saltano. Si votò anche nel 1864, nel pieno della guerra di secessione. Se nessuno dei candidati ottiene la maggioranza dei grandi elettori è la Camera dei Rappresentanti che sceglie il presidente fra i tre che hanno avuto più voti. Nel 1801 ci fu un caso di pareggio 269 a 269 quando il presidente della Camera assegnò la vittoria a Thomas Jefferson e nel 1825 a John Quincy Adams.

Ogni stato decide in autonomia se far votare chi ha avuto una condanna. In Vermont e Maine votano tutti a prescindere dalla fedina penale. In Florida, Kentucky e Iowa non vota chi ha avuto una condanna. In mezzo tutti gli altri in cui il diritto di voto è legato anche al tipo di reato commesso. Esiste anche un’altra particolarità: il voto alternativo. Che può svolgersi sia per posta che anticipato

Donald Trump (Foto © Gage Skidmore)

C’è in quasi tutti gli Stati e in forme diverse, la possibilità di votare in anticipo, con i seggi aperti già nei giorni precedenti l’elezione e anche per corrispondenza. Con il voto anticipato, possibile in 47 Stati, si evitano code nell’election day e si evita che non vada a votare chi deve lavorare. Alabama, Mississippi e New Hampshire non consentono il voto anticipato, a meno che non ci siano specifiche motivazioni. Il Covid ha reso ancora più importante questa possibilità, per evitare assembramenti molti hanno scelto le forme alternative di voto.

In cinquanta milioni hanno scelto il voto alternativo

Capitol Hill (Foto © Gage Skidmore)

Per le elezioni 2024 lo hanno già scelto più di 50 milioni di elettori. Nel 2020 questa modalità è arrivata al record di 66,4 milioni di schede. Quello postale è particolarmente contestato dal presidente Trump che ha più volte parlato di possibili brogli. Fu infatti un massivo e inaspettato voto postale a fargli perdere la Georgia allora stato chiave del 2020. Che da stato storicamente repubblicano fu invece vinto da Biden grazie ai voti arrivati per posta e conteggiati nei giorni successivi in un conteggio che tenne impegnati tutti per giorni.

In realtà da quando sono istituite varie forme alternative di voto in tutto il mondo sono sempre state fonte di grandi polemiche. Soprattutto quando sono state stranamente determinanti per l’esito elettorale. In Italia quando fu adottato il voto degli italiani all’estero dopo una lunga lotta del Ministro Tremaglia allora di Alleanza Nazionale i voti dei senatori eletti all’estero in stragrande maggioranza di centro sinistra fu determinante nei numeri per la creazione del governo in particolare al Senato. 

Elezioni a… distanza, quante polemiche

Kamala Harrris (Foto © Gage Skidmore)

Ma anche fino a qualche giorno fa in Europa. La Moldova oggi al voto per eleggere il nuovo presidente vide l’attuale eletta con i voti dei cittadini all’estero. E due settimane fa svolgendosi in contemporanea il referendum per l’adesione all’Europa. In patria vinse il no all’Europa con il 55% ma il giorno dopo il risultato fu stravolto dai voti dell’estero che fecero vincere il si con uno striminzito 50,27 %. Praticamente una manciata di voti.

Tra l’altro nei giorni scorsi le elezioni in Georgia hanno visto la netta vittoria con il 55% dell’attuale governo filorusso che si è riconfermato. Ovviamente tra le solite polemiche. Immaginate che contraccolpo sarebbe stato in questo momento politico la vittoria in Georgia e la vittoria del no all’Europa in Moldavia. In particolare per la guerra in Ucraina. Ucraina che di certo non ha la stessa regola degli usa che stabiliscono si voti anche in guerra perché le elezioni sono state praticamente rinviate a data da destinarsi con Zelensky in carica senza alcun mandato elettorale.

Regole discutibili per limitare l’astensione

La Casabianca (Foto © Gage Skidmore)

Ma torniamo alle elezioni usa che di queste sono certamente le più importanti. Voto anticipato, voto per posta, voto elettronico, voto senza documento. Ufficialmente tutte norme per favorire l’accesso al voto e limitare soprattutto l’astensione che negli Usa è sempre alta. Ma tutte regole che hanno finito per creare interminabili polemiche e grandi reazioni. Ed in un sistema in cui chi vince nel singolo stato prende tutto anche se prevale per poche centinaia di voti si capisce quanto importante sia il corretto svolgimento delle elezioni.

Abbiamo già parlato del voto senza documento negli scorsi articoli. Un unicum americano. Infatti molti con diversi video stanno dimostrando che si possa tentare di votare più volte senza incorrere a particolari controlli. Vecchio problema è anche il voto elettronico con delle apposite macchinette. Ormai circolano in rete decine di video che testimoniano singolari casi di malfunzionamento tutti tra l’altro ai danni di votanti di Trump. Succede così e si vede chiaramente nei video. L’elettore schiaccia sullo schermo il tasto Trump. Ma questo non funziona. Premendo più volte però si accende anche se non schiacciato il tasto Harris attribuendo il voto quindi alla candidata che non si voleva votare.

Kamala Harris e Joe Biden

Ovviamente ormai hanno imparato tutti subito telefonino video e avvisare il presidente di seggio. Ma sono stati talmente tanti questi strani malfunzionamenti che il Kentucky per esempio ha dovuto diramare una nota ufficiale in cui prendeva atto dei molteplici casi e ne annunciava una veloce risoluzione. Inconvenienti del voto anticipato un altro unicum americano dove tu praticamente per settimane puoi recarti a votare in seggi già aperti ma che ovviamente hanno meno controllo dell’election day proprio per la lunghezza dei tempi.

Contestato il voto postale

Uno scorcio della Casabianca (Foto © Gage Skidmore)

Il voto postale poi è il più contestato. Da sempre se ne denunciano brogli e contraffazioni. Ma in molti casi è stato determinante. Quest’anno poi c’è stata una aggiunta ai tanti problemi già dimostrati. Praticamente nelle città vengono apposte per strada enormi casse postali rosse specifiche per il voto. Grandi tipo un cassonetto per far capire. Ecco nelle ultime settimane a decine di queste è stato dolosamente dato fuoco incendiando le migliaia di schede contenute al loro interno. È pieno di video che mostrano queste povere schede elettorali in fiamme con i poliziotti o vigili del fuoco che cercano di spegnerle.

Che fine faranno tutti i voti di quelle persone che le hanno messe in quella cassetta. Non le puoi riavvisare per rivotare perché bruciate non sai chi siano. Quindi migliaia di voti letteralmente vanno in fumo. Metti magari che poi strategicamente si incendiano quelle in zone dove la prevalenza di uno o l’altro candidato è evidente allora diventa un elemento di grande incertezza.

Controlli più rigidi

Un seggio delle elezioni negli Usa (Foto © Gage Skidmore)

Ora al di la degli la degli aspetti ludici e a tratti ridicoli. Fa molto pensare che le sorti della più grande democrazia al mondo potrebbero essere determinate dalla vittoria in un singolo stato chiave per poche centinaia di voti magari per voti postali aggiunti o mancanti. Che quel singolo stato determini poi la vittoria nazionale. E che questa come tutti sappiamo determini eleggendo uno o l’altro un diretto cambiamento sulle linee guida del mondo intero. Perché cambiare la posizione usa per esempio sulla guerra ucraina o su quella in Palestina cambia molto e lo sappiamo bene.

Per questo stavolta sono tutti pronti al controllo. Per questo si teme dopo i fatti del 6 gennaio con il cosiddetto assalto al campidoglio da parte dei sostenitori di Trump che se dovessero succedere stranezze nel voto ci potrebbero essere di nuovo grandi e pericolose polemiche.

Trump “pirotecnico”

Melania e Donald Trump

Nel frattempo la campagna spara gli ultimi colpi con Trump che sfidando uno stato a stramaggioranza democratica come New York fa una super affollata manifestazione riempiendo il Madison Square Garden. L’ultimo repubblicano a riuscirci fu Reagan. In questa un comico intervenuto chiama in una battuta di cattivo gusto “spazzatura” Portorico. A questo oltre allo sdegno artificiale dei democratici e a quello reale dei portoricani risponde Biden facendo ancora più danno. Definendo in una conferenza invece tutti i sostenitori di Trump “garbage” cioè immondizia. Allora apriti cielo se lo dice un comico è certamente inopportuno ma detto da un presidente in carica diventa un caso politico anche più grande.

Ma Trump la prende con simpatia. Si vesta da netturbino e tiene una conferenza stampa da sopra un camion dell’immondizia con un giacchetto da lavoro arancione fluorescente  che faceva pendant col colore dei suoi capelli. E poi migliaia di video di sostenitori che si filmavano vestiti con delle bustone nere dell’immondizia rispondendo a Biden.

La Harris senza colpi di scena

La Harris invece non produce colpi di scena tranne paragonare quotidianamente Trump a Hitler. Il finale di campagna si basa su due elementi: Trump è come Hitler e tute le starlette americane attori cantanti stanno tutti con me. Tra l’altro col caso scottante del cantante P. Diddy in carcere per presunte violenze nei suoi famosi festini si registra che praticamente tutti quelli citati nella lista dei partecipanti a queste feste abbiano manifestato il loro appoggio in sequenza alla Harris.

Hilary Clinton (Foto © Gage Skidmore)

Da Di Caprio a Jennifer Lopez. Quest’ultima che di Diddy fu a lungo la fidanzata e che era presente al festino in cui fu violentata una tredicenne si è presentata a fianco della Harris invece in versione madre coraggio e portoricana. Con le lacrime agli occhi da donna e madre spaventata da Trump. Non si spaventava invece nei festini dove si drogavano e si abusava di minorenni,  ma questo è un piccolo particolare. In pratica possiamo dire che la campagna Harris è  la riedizione della campagna di Hillary Clinton che sappiamo tutti come è finita. Pochi programmi tanti testimonial famosi. Che era partita sotto il segno della gioia ed è finita a dare del nazista al suo avversario.

Un risultato che condizionerà il futuro dell’Europa

Kamala Harris e Tim Walz (Foto: Gage Skidmore)

Infatti secondo me, mia personalissima opinione, vincerà di nuovo Trump. Perché, possa piacere o no, ha fatto la campagna più efficace in particolare su economia, frontiere, e stop alla guerra. Speriamo in ogni caso chiunque vinca al netto di situazioni nelle quali qualche stato possa vedere situazioni di voto non chiare o reciproche accuse di brogli. Sarebbe la cosa peggiore per lo stato della democrazia negli Usa e conseguentemente in tutto il mondo in particolare da noi in Europa.

Per il resto attendiamo questo super martedì di voto perché è importante ed avrà grandi conseguenze anche sulla nostra politica. Sui rapporti con l’Europa sulle scelte della Nato. Perché noi come repubblica nasciamo battezzati dagli stati uniti. Che poi, negli anni, ci hanno anche fatto la comunione, la cresima e i testimoni di nozze. E la salute dei cugini americani non solo ci interessa ma è fondamentale per noi. Infatti la vittoria dell’uno o dell’altro non è affatto indifferente anzi produrrà grandi cambiamenti anche in Europa. Martedì scopriremo in che direzione.