
Il saluto nazista del sovranista, la scelta di Meloni e quando la Ciociaria doveva diventare... tale e quale alla Serbia
Tutte le vite sono fatte di continui bivi, snodi e crocicchi, ma quella di Giorgia Meloni non la batte nessuno. Ad incentivare le scelte nevrili della premier italiana ci pensa un format molto particolare, e che non riesce ancora a scrollarsi di dosso le sue nevrastenie pop: il sovranismo. E non, come vorrebbero far credere in molti, la sua forma compiuta e matura che probabilmente a livello genetico non arriverà mai, ma quella primordiale che mette assieme bassa sedimentazione della storia ed iperboli irrinunciabili della stessa.
Anche quando derogò clamorosamente dalla morale. Che schiaffa nello stesso calderone uno Steve Bannon che al Cpac fa il saluto nazista ed un immenso Jordan Bardella che dalla stessa parrocchia gli ha fatto capire che certi “sermoni gestuali” con tanto di retromarcia sorniona se li può pure scordare. In mezzo, come sempre e politicamente per sempre, c’è lei: Giorgia Meloni.
Giorgia perennemente nel mezzo

Una donna intelligente ma molto incasinata, perennemente basculante tra ciò che sente di essere e ciò che sa di dover essere. Una volta premier conservatrice soft che tiene in piedi la maggioranza Ursula bis ed un’altra virago che urla a Marbella. Più di qualche volta atlantista che con Joe Biden sorreggeva i dolori della Kiev di Zelesnky e già qualche volta di troppo trumpiana suo malgrado, perciò maga nell’endorsement al Maga.
Sono guai grossi, quelli della Meloni sparata dritta dalla sua bravura da Colle Oppio fino al palcoscenico geopolitico, e che ha annunciato che lei al Cpac interverrà comunque. E nel caso di specie sono guai che qui in Ciociaria ebbero il Precedente Perfetto.
Quello con il quale avremmo dovuto capire tutti che il sovranismo spinto non è solo un modo con setaccio più stretto per intendere la democrazia, ma un tentativo continuo di proclamare che la democrazia sbaglia.
Eravamo tutti più fessi

Ma eravamo tutti più fessi e nessuno pensava che la destra italiana potesse arrivare a vincere una riffa governativa trovandosi quindi costretta ad abdicare dalla sua memoria ancestrale e con le ovvie difficoltà del noviziato. E che alla fine se individui il nemico giusto hai il diritto di cancellare lui e farti grande di quel reset, come nel Berchtesgaden che tra furbizia e mistica Bannon ha evocato tendendo il braccio come il più trucido Oberstleutnant delle Schutzstaffel.
Un precedente, quello ciociaro, che ci porta alla primavera del 2021, quando Benjamin Harnwell alla fine lasciò in punto di Diritto la Certosa di Trisulti. Era lì che, dopo la prima vittoria di Donald Trump, sarebbe dovuta sorgere una scuola di sovranismo tutta italiana.
Harnwell sfrattato dalla Certosa
E tutta protesa, nello specifico politico, a seguire passo passo l’incedere bullo di Matteo Salvini titolare del Viminale ed allora titolare delle percentuali migliori per seminare. Tanto che lo sfrattato Harnwell ebbe a dire a caldo: “Il Ministero dei Beni Culturali mi voleva fuori semplicemente perché lavoro con orgoglio con Steve Bannon, l’architetto della storica vittoria di Donald Trump nel 2016. E perché letteralmente ogni giorno sostenevo Matteo Salvini e il suo eroico blocco della migrazione illegale in Italia”.

Ecco, sono passati 4 anni, Donald is back, Salvini non se ne è mai andato e bloccare la migrazione illegale è tornata ad essere mission eroica dei Leader Luminescenti e non asettico compito di uno Stato di Diritto. Una decisione del Consiglio di Stato ed una indagine penale stabilirono alcune cose precise: che da un punto di vista della giustizia amministrativa l’allora Mibact aveva fatto bene ad impugnare un precedente pronunciamento del Tar e che nessun incanto fu turbato.
Il Dignitatis Humanae Institute e la Serbia
Poi, fuor di cavilli e leguleismi, che la presenza dell’associazione Dignitatis Humanae Institute era di fatto e fuori di merito giurisprudenziale una quinta colonna del sovranismo spinto in un Paese europeo troppo democratico per tollerarlo ma troppo “cameriere” di Washington, specie di quella Washington là oggi rediviva, per agire in solo punto di etica. In quegli stessi anni le “migliori” scuole di sovranismo erano quelle installate dagli Usa in Serbia.

In una di esse, ad onor del vero rifinanziata da Biden, era stato formato ed addestrato, ad esempio, Juan Guaidò.
Che prima di scomparire da tutti i radar mainstream fu ex presidente del Parlamento venezuelano ed aspirante presidente chiamato a spodestare armi alla mano il chavista Nicolas Maduro con una “spintarella” della Cia che però non sortì risultati.
Venezuela, Ciociaria e chiaroscuri

E non riuscì a far ammalare i “guarimberos” di golpismo buono, buono al punto da far rimettere a Zio Sam le mani sulle sconfinare risorse petrolifere del Venezuela. Oggi la Storia ha fatto uno dei suoi giri larghi e ci ha rimessi di fronte ad uno scenario noto.
Con Trisulti libera di essere meta turistica e faro di civiltà. E con una premier che ancora non sa scegliere tra la luce ed il buio. Anzi, che qualche volta sceglie benissimo.