
Uno studio dell'associazione di categoria mette in luce un crollo delle attività commerciali in Italia. Tra il 2012 ed il 2024 sono spariti quasi 118 mila negozi al dettaglio e 23 mila ambulanti. Anche nel capoluogo la situazione non è delle migliori con decine di saracinesche abbassate
Tra il 2012 e il 2024, in Italia, sono spariti quasi 118mila negozi al dettaglio e 23mila attività di commercio ambulante. In crescita le attività di alloggio e ristorazione (+18.500). Nello stesso periodo, nel commercio, negli alberghi e nei pubblici esercizi, si registra una forte crescita di imprese straniere (+41,4%) mentre quelle a titolarità italiana segnano solo un +3,1%.
Per essere più chiari: sono gli stranieri a salvarci, sono loro che stanno rimpiazzando gli italiani, senza di loro ci ritroveremmo con un gigantesco buco al posto dei locali. E del totale della nuova occupazione straniera nell’intera economia (+397mila occupati negli ultimi 12 anni) il 39% si concentra nel commercio, nell’alloggio e nella ristorazione (+155mila).
Nei centri storici chiudono più negozi che nelle periferie, sia al Centro-Nord che nel Mezzogiorno.
Lo studio di Confcommercio

Lo rileva, numeri alla mano, una indagine pubblicata in queste ore da Confcommercio dal titolo “Demografia d’impresa nelle città italiane“ realizzata dall’Ufficio Studi dell’associazione in collaborazione con il Centro Studi Guglielmo Tagliacarne.
Si tratta di un’analisi sull’evoluzione delle attività commerciali, dell’alloggio e della ristorazione negli ultimi dodici anni (2012-2024) su 107 comuni di medie dimensioni capoluoghi di provincia e 15 comuni non capoluogo più popolosi. La rilevazione è stata fatta in maniera distinti sui Centri storici ed il resto delle città.
Nei Comuni oggetto dell’analisi di Confcommercio sono spariti, negli ultimi 12 anni, quasi 31mila esercizi al dettaglio in sede fissa, riduzione che si accompagna a quella degli sportelli bancari che tra il 2015 e il 2023 sono passati da 8.026 a 5.173 (-35,5%).
Attività tradizionali in calo

Tra i settori merceologici, nei centri storici si riducono le attività tradizionali (carburanti -42,1%, libri e giocattoli -36,5%, mobili e ferramenta -34,8%, abbigliamento -26%) e aumentano i servizi (farmacie +12,3%, computer e telefonia +10,5%) e le attività di alloggio (+67,5%) al cui interno si registra un vero e proprio boom degli affitti brevi (+170%), dovuto alla forte accelerazione nell’ultimo anno, mentre gli alberghi tradizionali calano del 9,7%.
A livello territoriale, le regioni del Nord evidenziano le maggiori perdite di negozi al dettaglio, mentre al Centro-Sud si registra una maggiore tenuta: dei 122 comuni presi in esame dall’analisi, ai primi 5 posti si collocano Ancona (-34,7%), Gorizia (-34,2%), Pesaro (-32,4%), Varese (-31,7%) e Alessandria (-31,1%); nelle ultime 5 posizioni i Comuni che registrano la migliore tenuta sono Crotone (-6,9%), Frascati (-8,3%), Olbia (-8,6%), Andria (-10,3%), Palermo (-11,2%).
A Frosinone dati sconfortanti

Anche a Frosinone si potrebbe dire: c’era una volta il commercio. E non è l’inizio di una favola, ma la certificazione che in 12 anni hanno chiuso definitivamente la serranda ben 120 negozi. Quindici al Centro storico (la percezione visiva però è che siano di più) e 115 nel resto del capoluogo.
In termini percentuali, dal 2012 a giugno 2024, nella parte storica della città sono spariti il 15% delle attività commerciali.
Mentre il dato sale al 17% nelle altre zone. Si potrebbe dire che il centro storico ha comunque “tenuto”, nonostante la crisi. Le saracinesche abbassate e mai più riaperte a Frosinone., si registrano in tutti i settori merceologici. In compenso sono aumentati i ristoranti. Erano 97 nel 2012, sono diventati 123 a giugno dello scorso anno.
