Cosa c’è dietro al silenzio di Daniele Leodori

Perché Daniele Leodori non sta intervenendo nella polemica sul Congresso Provinciale del Partito Democratico. C'è una strategia precisa. E per comprenderla bisogna tornare al Congresso del Lazio che elesse lui come Segretario

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

È un silenzio strategico quello scelto dal Segretario regionale del Partito Democratico Daniele Leodori di fronte alle polemiche nate introno al Congresso Provinciale di Frosinone.

Non è dovuto né timore né a pavidità. Al contrario: il Segretario ritiene che ad imporglielo siano le Regole e lo Statuto. Entrambi assegnano ad un ben preciso organismo la risoluzione delle controversie che nascono in occasione di ogni congresso che non si celebri in maniera unitaria. Intervenire adesso verrebbe interpretato come un tentativo di condizionare il giudizio autonomo dei Garanti.

C’è anche una ragione politica a motivare il silenzio di Daniele Leodori. Per comprenderla occorre tornare indietro di un paio di anni. Al Congresso Regionale che è culminato con la sua elezione. Fu un plebiscito ed al tempo stesso una conta senza esclusione di colpi.

Francesco De Angelis e Daniele Leodori

Lo volle proprio Leodori, erede della saggezza politica dell’indimenticato Bruno Astorre. Sapeva benissimo che la legittimazione gli doveva giungere da un voto vero, nel quale tutte le diverse sensibilità del Partito Democratico del Lazio dovevano calzare gli anfibi e scendere in campo per contarsi. Esibendo alla fine i propri numeri. E sulla base di quei voti costruire l’architettura e gli equilibri della nuova Segreteria Regionale del Pd. Al tempo stesso però andava evitata la conta fratricida, lacerante, divisiva. Come?

Tutte le aree, nella sostanza, ritennero che Daniele Leodori fosse in quel momento la figura più adatta a guidare il Partito Democratico del Lazio: per la sua abilità diplomatica, la sua capacità amministrativa, il suo carattere incline alla mediazione ma per nulla propenso a farsi sovrastare nel confronto. Il futuro Segretario chiese allora che tutte le cinque aree scendessero in campo al Congresso regionale presentando una propria lista di candidati ma tutte, allo stesso tempo, proponevano lui come Segretario. Fu conta. Fu conta vera. E fu conta che mise tutti di fronte ai loro numeri.

Sara Battisti ed Antonio Pompeo

Con la forza di quei numeri Daniele Leodori ha costruito un’architettura che ancora oggi regge. È esattamente quello che il Segretario regionale in questo momento vuole anche per Frosinone: una conta vera. Non una conta lacerante e non uno scontro a ferri corti. Ma un Congresso che elegga un Segretario, indicando con esattezza i rapporti di forza tra l’area di Francesco De Angelis e quella di Sara Battisti con Antonio Pompeo.

È necessaria? Si perché entrambi i fronti sono certi di avere i numeri per vincere. La realtà dei fatti potrebbe essere differente. Come dimostrano le firme sotto ai due documenti circolati nelle ultime 24 ore: quello promosso dal sindaco di Cassino Enzo Salera e quello dei 60 amministratori guidati da Battisti e Pompeo. Tanto per fare qualche nome: Pompeo non può più contare sull’appoggio del Cassinate, della storica alleata Antonella Di Pucchio e dell’ex Segretario Simone Costanzo. Al tempo stesso il numero dei Segretari di Circolo che stanno con Fantini è maggiore di quello ipotizzato. Sempre a titolo di esempio: Marinelli di Castrocielo sta con Pompeo mentre il sindaco Fantaccione sta con Salera (ed a votare sono gli iscritti); il Segretario di Aquino sta con Battisti/Pompeo mentre l’ex sindaco Libero Mazzaroppi (ora in CdA LazioDisco) non è uscito allo scoperto e Migliorelli lo contava con lui.

In questo senso, la conta auspicata da Daniele Leodori è fondamentale, risolutiva, incontestabile. Soprattutto perché il Segretario regionale non intende avvallare alcuno scontro finale ma l’esatto contrario: uno scontro dal quale iniziare a stabilire in maniera aritmetica i pesi e le misure dentro al partito Democratico della provincia di Frosinone. E costruire da lì un dialogo. Numeri alla mano.