La relazione della Dia sul primo semestre 2020 evidenzia vecchie croci e nuove mire nel Lazio, a Latina e Frosinone. Dove la pandemia ha creato nuove permeabilità al malaffare organizzato.
Sei mesi di mafie e Covid, con le prime a sfruttare il secondo per irradiarsi nei canali della nuove economie accelerate dalla pandemia. Economie veloci come veloce è diventata la trasformazione dei sodalizi criminali che, nel Lazio, a Latina e a Frosinone si sono barcamenate fra crimini convenzionali e nuove malefatte.
«Il processo di superamento dell’emergenza, se non adeguatamente gestito, può rappresentare un’ulteriore opportunità di espansione dell’economia criminale». Non è un caso che l’incipit della relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia a Parlamento e Viminale sia stato su questi toni.
E non è un caso che, per quanto riguarda il Lazio, la presenza «forte e pervasiva» delle organizzazioni malavitose nel primo semestre del 2020 abbia avuto un doppio binario. (Leggi il report precedente Lazio ‘laboratorio criminale’ Latina e Frosinone strette dai clan. La relazione dell’Antimafia).
I due binari delle male
Da un lato c’è il fatto che le mafie fanno affari da tante parti e con meno coinvolgimenti sul posto. Poi c’è un netto aumento dei reati «di induzione indebita a dare o promettere utilità. Poi traffico di influenze illecite e frodi nelle pubbliche forniture, tutti in aumento rispetto allo stesso periodo del 2019».
Perché? Perché Roma continua ad essere un coacervo di corruzione, perché il Pontino ha conservato la sua verve commerciale. E perché Ciociaria e Cassinate sono state messe in ginocchio dal Covid, che ha creato nuove ed impellenti sudditanze economiche dove le male prosperano con la loro liquidità cash.
In tema Lazio la relazione al Parlamento della Dia è chiara: le male seguono l’usta dell’urbanizzazione. Cioè dei posti dove o c’è ricchezza o se ne sente la mancanza essendoci stata.
Il Lazio e la pista urbanizzazione
Il report è chiarissimo quando parla del Lazio. «La regione presenta caratteristiche non omogenee sotto il profilo della densità abitativa e della distribuzione della ricchezza. Dinamiche sovrapponibili possono essere individuate nella presenza della criminalità organizzata. Criminalità che si è manifestata con più evidenza nelle aree maggiormente urbanizzate e comunque laddove più intensi sono gli scambi economici e commerciali». Tradotto: i clan si tuffano dove c’è più gente e ci sono più soldi. Punta ai grossi affari. Lascia ai pesci piccoli, alla criminalità ordinaria le cose che fruttano poco.
C’è poi l’aspetto geografico. Conta sempre, anche se oggi con un clic sul mouse puoi spostare pacchi di miliardi da un continente all’altro. I clan agiscono in presenza per imporre la loro legge. Per questo «Non va, inoltre, sottovalutata la contiguità con la Campania. Elemento che ha indotto alcuni soggetti criminali a “delocalizzare” i propri interessi illeciti in alcune province laziali».
«La presenza del principale centro del potere politico-amministrativo e l’esistenza dei vertici delle principali aziende nazionali ed internazionali, rendono la realtà laziale singolare. Poi forniscono l’occasione per la realizzazione dei più disparati e appetibili interessi di carattere economico che non sfuggono certo alle varie forme di criminalità».
Insomma, con Roma a fare da collettore di politica e imprenditoria la capacità delle male di tessere rapporti e relazioni è incentivata. Il dialogo con le fasce decisorie suscettibili a lusinghe e minacce è costante. E la burocrazia offre pieghe immense al malaffare.
Tutte le strade portano a Roma
Il cameo del Procuratore della Dda di Roma, Michele Prestipino è esemplare. Esemplare ed agghiacciante: «Roma ha un grosso problema e si chiama corruzione. La complessità della questione criminale a Roma e nella sua provincia si declina in vari modi. E non si declina solo con la parola mafie. Si declina, soprattutto con la parola corruzione-sistemi corruttivi. A volte poi si crea un intreccio fra questi sistemi corruttivi e questi gruppi o di derivazione mafiosa o che utilizzano il metodo mafioso».
E in provincia di Roma e Latina la dominanza della camorra è ormai in equilibrio con la pervasività della ndrangheta.
Il nodo è la carenza di liquidità delle imprese, più che dei singoli. E sulla scorta dell’emergenza covid «vengono pianificate, organizzate e sviluppate autonome attività criminali. Attività originatrici di nuove ricchezze illecite da riciclare. Uno shock improvviso e imprevedibile. E che ha visto corrispondere, al blocco di molte attività economiche sul territorio, il conseguente crollo della domanda di beni e servizi, nazionali ed esteri».
Ecco, in questo contesto le male prendono concime, e si mimetizzano perché in regime di crisi la movimentazione del denaro è veloce. Perciò è difficile seguirne i flussi al contrario. Le organizzazioni malavitose contrappongono poi il loro potentissimo ed agile welfare a quello istituzionale. Servono soldi, tanti e subito? Te li diamo noi.
Alternativa allo Stato e spaccio
In questo modo diventano «efficace alternativa allo Stato nel sussidio ai più bisognosi, cercando all’occorrenza di fare “proselitismo criminale”». E di queste strategie hub simbolo sono, tra gli altri, quelli convenzionali del Mercato Ortofrutticolo di Fondi e del Centro Agroalimentare di Guidonia. Le male fanno ancora affari d’oro con spaccio, con Roma e i suoi collegamenti a fare da epicentro e target al contempo.
«Nello specifico il narcotraffico è prevalentemente ad appannaggio di gruppi collegati alla ‘ndrangheta, alla camorra, alla criminalità albanese. Inoltre, in misura minore, alle famiglie di cosa nostra. Mentre la più comune forma di gestione delle piazze di spaccio è generalmente affidata a compagini autoctone. Nel semestre diverse operazioni hanno consentito di disarticolare alcune consorterie, collegate perlopiù alla criminalità calabrese».
Latina: ‘ndrine e riciclaggio
E la provincia di Latina? Sta a metà fra vecchie croci e nuove ambasce. «Il Sud Pontino si caratterizza per la presenza di personaggi legati a vari gruppi criminali. Sono esponenti delle ‘ndrine calabresi dei Bellocco, dei Tripodo, degli Alvaro e dei La Rosa-Garruzzo. Sono, inoltre, nel tempo risultate operative proiezioni delle cosche reggine Aquino-Colucciodi Marina di Gioiosa Jonica e Commisso di Siderno.
«Una recente conferma del coinvolgimento anche di soggetti di matrice calabrese nei traffici di stupefacenti nel territorio pontino si è avuta con l’operazione “Selfie”, del maggio 2019».
C’è chi investe e c’è chi ricicla. Ognuno ha il suo business. Il report dell’antimafia fotografa la situazione e rileva «che, la provincia è stata recentemente oggetto di un’attività che ha evidenziato come questo territorio sia oggetto di interesse delle cosche anche ai fini di riciclaggio. In quest’area sono attivi elementi dei clan camorristici facenti capo ai Casalesi, ai Bidognetti ai Bardellino. Poi ai Moccia, ai Mallardo, ai Giuliano, ai Licciardi, ai Senese ed agli Zaza. (…)».
«Il sud pontino costituisce, per i sodalizi campani la naturale “area di delocalizzazione”, per esportare traffici illeciti in territori “meno affollati”. Sono, inoltre, praticati il riciclaggio ed il reimpiego dei capitali nei settori dell’edilizia e del commercio. Dove le risorse risultano investite soprattutto nel circuito agroalimentare e della ristorazione. Spostando l’attenzione sulla criminalità autoctona, si è avuta recente conferma che alcune delle illecite attività del clan Di Silvio vanno ricondotte nei canoni dell’azione mafiosa».
Frosinone: benvenuta Lucania
La provincia di Frosinone è bivalente anche nel rapporto con le male: da un lato la Ciociaria vera e propria, dall’altro il Cassinate. Alcuni elementi-condotte li accomunano. Non bisogna dimenticare che la provincia è spot di un ciclo dei rifiuti che si sta trasformando in senso circular. Tuttavia resta terreno fertilissimo per le ecomafie.
Ad ogni modo la specificità emerge soprattutto in quanto ad attori, che cambiano man mano che ci si avvicina alla Campania. La novità è che ora nel settore del gioco si starebbe insediando anche la mala lucana spuria, quella non inglobata dai santisti foggiani.
Fuori di relazione c’è un dato. Esemplare, in materia di contrasto preventivo in punto di diritto amministrativo, l’azione della Prefettura di Frosinone. Il vertice del governo territoriale in provincia si è distinto nell’applicazione delle interdittive antimafia. (Leggi qui mici mafiosi in azienda: il prefetto firma la prima interdittiva antimafia).
Vanno a società a cui non vengono ascritti reati perseguibili, ma condotte e frequentazioni sanzionabili. In questo modo si evita che per vie traverse e ufficiose le male ‘bazzichino’ le gare pubbliche. Il mantra è che se sei “amico o frequentatore di brutta gente censita“, per un dato lasso di tempo devi stare lontano dai pubblici incanti.
«L’incidenza criminale registrata nel frusinate è prevalentemente determinata dall’operatività di proiezioni dei sodalizi campani. Il tutto con particolare riferimento alle storiche presenze del clan Venosa ed alle proiezioni del clan dei Casalesi e del clan Mallardo. Riscontri investigativi hanno inoltre, nel tempo, evidenziato gli interessi, oltreché dei Casalesi, anche dei Misso e dei Mazzarella nel settore del gioco. Poi attraverso il riciclaggio di denaro in settori quali il bingo, la raccolta delle scommesse sportive ed ippiche, i videopoker e le new slot. Nel particolare comparto è recentemente emersa anche una proiezione della criminalità lucana».
Slot e scommesse sotto l’abazia
E il Cassinate? Buen retiro per latitanti che vogliono contiguità con i luoghi che ne hanno determinato la latitanza. Poi incubatrice di nuove ghenghe che agiscono parallelamente ai sodalizi tradizionali e, a volte, ne incrociano il cammino con la formula della ‘batteria’. Cioè si lavora assieme per un fine criminale comune e poi ognun per sé.
«Anche nel territorio di Cassino si è registrata una crescente presenza di proiezioni dei sodalizi criminali campani, in particolare originari del casertano. Nell’area risiedono soggetti appartenenti al cartello dei Casalesi, agli Esposito di Sessa Aurunca , ai Belforte di Marcianise, ai clan napoletani Licciardi, Giuliano, Mazzarella, Di Lauro ed al clan dei Gionta, originario di Torre Annunziata.
«Nella provincia, inoltre, hanno trovato rifugio numerosi latitanti. Lo dimostrano gli arresti avvenuti, negli anni passati, di alcuni esponenti di spicco legati ai clan Amato-Pagano, Polverino e dei Casalesi. Si registrano nel territorio diversi episodi delittuosi perpetrati da aggregazioni criminali autoctone. Queste, ancorché meno strutturate delle prime, risultano attive nel racket delle estorsioni, nell’usura».
«Inoltre nel traffico e spaccio degli stupefacenti, anche in osmosi con organizzazioni insediate in altre aree. Ancorché non collegati alla criminalità di tipo mafioso, si segnalano, inoltre, reati commessi nel settore delle frodi fiscali e della gestione dei rifiuti».