Da cavallo a pedone: la “retrocessione” inattesa di Landini a sparring di Elly

Il papabile leader dei tempi in cui la segretaria annaspava torna ad essere "solo" guida sindacale. Perché questi sono tempi di egemonia dem

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Buone semine, ci sono sempre buone semine ed avvengono spesso a discapito degli stessi seminatori. Oppure quando i seminatori non sono più sul campo. Poi ci sono le semine “così così”. Quelle cioè con le quali in politica costruisci un progetto che fonda sulla debolezza di un tuo sodale, o semplicemente quel contesto germina a tuo favore. Poi però te lo vedi sfasciare dal ritorno di forza di quel sodale stesso. E’ un po’ questo lo scenario “agreste” di un Partito Democratico che sta ritrovando una leader in pienezza. E che per converso sta perdendo un aspirante leader ed ha ritrovato un ottimo sparring.

Chi? Ma Maurizio Landini, ovviamente, che ai Dem aveva lanciato una sorta di “opa morale” solo per vedersela sfilare da sotto il grugno dal “Rinascimento” della segretaria Elly Schlein. E’ tutta questione di semine, di quelle e di flussi di fecondità. Danilo Grossi, ad esempio, a Cassino ha seminato bene ed ultimamente ha fatto in modo di rimarcarlo.

La semina di Grossi a Cassino, e non solo

Danilo Grossi

Come a dire che sì, la scelta cassinate di Enzo Salera, impegnato in questo giorni in telefonate frenetiche ad ex sindaci d’area dem, di non nominare assessori che non fossero stati candidati consiglierei è stata giusta. Come a dire “democratica in purezza”, ma non scevra da possibilità di rimpianto. E che il nevralgico stare di Grossi tra Francesco De Angelis e Sara Battisti ed in odor di segreteria provinciale è la cosa giusta per dare suggello al corso omogeneo del Pd, quello del dopo giugno. Questione di talee.

Un suo post, datato e settato su altro contesto, spiegava ad esempio molto meglio quello che l’ex assessore della Città Martire ha voluto far capire. Qui raccogliamo i frutti del raccolto seminato insieme. Questo il bellissimo messaggio che mi ha inviato ieri sera Pino Valente con cui abbiamo collaborato tanto in questi anni insieme a tutta l’associazione Cassino Red Poppy.

Grossi aveva incalzato: “E di frutti, sono sicuro se ne raccoglieranno ancora tanti, perché la semina è stata bella, appassionata, rigogliosa. Solo qualche anno fa pochissimi credevano che i sentieri, i cammini potessero scoprirsi dei veri e propri diamanti grezzi da curare e su cui fondare un pezzo di economia”.

Turismo e fondi PSR

Enzo Salera (Foto: Michele Di Lonardo)

Poi lo scenario: “Ed invece eccoci qua dopo qualche anno ad accogliere migliaia di turisti che ogni anno si appassionano alle nostre radici storiche, culturali, naturalistiche, religiose. E con questo finanziamento del PSR ricevuto per la prima volta dal comune di Cassino e a cui abbiamo lavorato per anni insieme proprio a Lina e Pino Valente, ad Antonio de Rosa che a quel tempo era vicepresidente dell’associazione. (A loro) ed al grande consigliere Riccardo Consales che ha seguito anche gli aspetti tecnici, si aprono a Cassino nuove e importanti prospettive per il turismo della memoria ed turismo dei cammini”.

Un vero e proprio testamento morale dunque, di quelli che lasci quando metti assieme due tipi di soddisfazione, una genuina ed un’altra un filino amara. Nel caso di Landini invece la situazione è più complessa e parte da un assunto in negativo: in quel caso infatti il segretario della Cgil aveva seminato benissimo ma sta raccogliendo malaccio.

Elly non è più in affanno, Maurì…

Questo perché l’aura ed il carisma che aveva squadernato sul tavolo della politica italiana ai tempi di una Schlein in evidente affanno ha perso luminescenza. E non perché Landini, che è e resta un leader sindacale di pregio assoluto, abbia perso mordente, ma perché a recuperare mordente è stata proprio la Schlein. Con i risultati elettorali in Ue ed ai ballottaggi, con la sua nuova veste di “cardine” di possibili grandi alleanze nazarenocentriche e perfino con il riflesso possibilista sulle stesse emanato dal voto francese.

Il sunto è che la Schlein di oggi tesse tele, dà direttive e sposta l’asse massimalista dei dem con molta più sicurezza di quanto non facesse prima. Non sta scegliendo la corrente migliore Elly, ne sta creando una sola che coincida ci dem. Tutti. Perciò i varchi di inerzia e le contraddizioni dalle quali la figura di Landini era emersa quasi per cernita fisiologica come alternativa alla segretaria oggi paiono solo brutte cicatrici.

Il “nervosismo” del leader Cgil

Maurizio Landini (Foto: Marco Merlini © Imagoeconomica)

Il Foglio ha disegnato lo scenario con una certa, agra soddisfazione, ma la polpa è la stessa. “Raccontano che Maurizio Landini in quest’ultimo periodo sia nervoso. Negli ambienti sindacali dicono, con una certa dose di malizia, che il segretario della Cgil sia in difficoltà. Perché fino ad alcuni mesi fa, vedendo un Pd in affanno e un Movimento 5 stelle sempre più in declino, era convinto di poter diventare lui vero leader della sinistra”. Attenzione, qui vale una precisazione doverosa sia per l’analisi presente che per quella del quotidiano di Cerasa.

Non si sta parlando, né si è mai parlato, di un Landini che “scende in campo” in politica, ma di altro, roba più sottile. Di un leader sindacale cioè che aveva i numeri per ricoprire un ruolo cruciale nel compattare la sinistrasinistra, magari tenendola ancorata ai quadri del Nazareno anche al netto dei traccheggiamenti della Schlein che fu. Tuttavia “il movimentismo e l’attivismo di Elly Schlein lo hanno spiazzato”.

Il Foglio, che è infido ed arguto al contempo, cita la presentazione dei quesiti referendari promossi dalla Cgil. Lì ci si aspettava un Landini conducator e superstar. Ed invece era arrivata una Schlein in tale stato di grazia e talmente convinta nel chiamare a raccolta gli altri partiti in chiave anti Meloni che Landini aveva fatto la fine degli Aerosmith con i Black Crowes a Napoli.

Il dialogo perfino con Renzi

Matteo Renzi (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Cioè di un gruppone storico pronto al mega concertone che invece era stato surclassato dal gruppo di spalla. “Del resto, Schlein, che, come ormai avrebbero dovuto capire tutti, è assai più esperta di quel che si credeva. Ai suoi lo aveva detto: ‘Non mi farò scavalcare da Landini’. E così è stato”.

Senza contare che la Schlein di oggi abbozza dialoghi traversi anche e persino con le forze politiche più eccentriche rispetto alla linea della Cgil. Si pensi a Matteo Renzi ed a Italia Viva, con una segretaria che pare stare benone sia nella galassia massimalista che in quelle dei riformisti.

E che oggi dà forse più carte di quante non ne contenga il suo mazzo. Un mazzo nel quale oggi Maurizio Landini, aspirante leader, è ridotto un po’ come il quattro a tressette.