Quirinale e Campidoglio vicini come non mai nell'architettura dell'immediato futuro politico. Con Raggi che tenta il bis fra rimpasti e salvezza improbabile e con Conte che sul colle cerca (anche) la kryptonite per disinnescare Renzi.
Chissà l’invidia che staranno provando Maurizio Zamparini e Massimo Cellino. Perché loro, i presidenti mangia-allenatori per antonomasia del calcio italiano, a tanto non s’erano davvero mai spinti. Virginia Raggi in 5 anni ha cambiato 24 assessori. Un record assoluto, quello della sindaca di Roma che però, proprio come tante volte è capitato a Zamparini e Cellino, non è detto che le basterà ad assicurarle la salvezza.
I sondaggi dicono che un’eventuale ricandidatura in solitaria per un secondo mandato in Campidoglio la vedrebbe inesorabilmente tagliata fuori dal ballottaggio. Con molta probabilità ne chiuderebbe la breve carriera politica.
Nuova squadra, un Raggi balneare
Quanto alla nuova squadra di governo, già definita giunta elettorale (per essere balneare dovrebbe sperare nello spostamento a ottobre delle elezioni causa Covid), si presta ad alcune considerazioni.
Il vicesindaco e assessore alla Cultura Luca Bergamo, l’unica testa politica in giunta, è stato fatto fuori per divergenze politiche. Pare che l’ex fedelissimo abbia provato a spiegare alla Raggi l’inutilità di mettere su due liste civiche ispirate a lei, primo perché ben pochi sono gli aspiranti candidati, secondo perché le chance di rielezione non cambierebbero. (Leggi anche Virginia ‘scansate’: è il Movimento che te lo chiede).
L’assessore ai Trasporti Pietro Calabrese viene così promosso vicesindaco per meriti sul campo. Tutti i romani hanno prova del funzionamento del sistema di trasporto pubblico locale, in effetti (sic!).
Alla Cultura va invece Lorenza Fruci, già delegata alle Pari Opportunità con un passato tra starlette del Burlesque… che poi, sì insomma, è cultura pure quella.
Al Commercio, al posto dell’altro defenestrato Carlo Cafarotti va Andrea Coia, già presidente della commissione consiliare competente. Anche Cafarotti, come Bergamo, paga le dure critiche espresse pubblicamente sulla decisione della Raggi di ricandidarsi.
Risiko si, ma nel frattempo Raggi…
Con questa squadra la Raggi tenterà nei prossimi mesi di convincere i romani a darle una nuova possibilità e altri 5 anni di mandato. Nel frattempo, mentre lei si dedica al Risiko di giunta, l’amministrazione soffre. Roma Metropolitane, tanto per fare un esempio, affoga nei debiti: entro il 31 gennaio il Campidoglio deve trovare 6 milioni di euro. Mancano 6 giorni: serve un milione al giorno. Se Roma Metropolitane fallisse, chiuderebbero Metro A e Metro B, dove l’azienda sta curando la manutenzione dell’impianto anticendio.
Senza contare che oltre all’approvazione del bilancio, bisogna mettere mano al piano industriale, ai contratti per i nuovi lavori. E dal primo febbraio comincerà la cassa integrazione per i lavoratori. Altro che rimpasto di giunta…
La Raggi pensa però di ricandidarsi, nonostante tutti i problemi. C’è un motivo concreto ad incoraggiarla: di sfidanti all’orizzonte – Calenda a parte – non se ne vedono.
Dal Quirinale al Campidoglio
Ma tra qualche giorno, massimo qualche settimana, tutto sarà più chiaro. Perché dalla crisi di governo che oggi ha visto il presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte salire al Quirinale per rassegnare le dimissioni e provare a imboccare la strada del Conte ter, uscirà anche il candidato sindaco del Pd. E non è detto che sia diverso da quello del M5S.
Due parole su questa crisi allora vanno spese. A Conte premier non esiste alternativa, se non, forse una: Luigi Di Maio. Improponibile per il Pd. Il M5S, dal canto suo, senza Conte finirebbe con l’implodere né potrebbe accettare un capo del governo democratico, avendo molti più parlamentari, significherebbe consegnarsi al Nazareno, ridando fiato a Casaleggio Junior e ad Alessandro Di Battista.
Nei 5 Stelle, che da un anno ormai non riescono a risolvere il problema della guida politica, significherebbe una sorta di Vietnam. E nessuno se lo può permettere. Oltretutto il Pd, che sull’asse Zingaretti-Bettini da tempo ha deciso di fare dell’esperienza di governo rosso-gialla una coalizione politica (con legge elettorale proporzionale), sa bene che questo progetto è realizzabile solo con Conte premier. Magari un po’ meno forte, questo sì. Per poi decidere insieme il prossimo Capo dello Stato.
Conte ter, con Iv alla finestra
Quindi non c’è alternativa al Conte ter. Al voto non crede nessuno, Italia viva è alla finestra: tornerebbe al governo ma il pallino non è in mano a Renzi. Se Conte trova 10 senatori il Matteo di Rignano o entra nell’esecutivo come comprimario (come comunque auspica il Pd) o ne resta fuori. L’obiettivo di Conte comunque è che Renzi non sia più in grado di dare le carte.
I costruttori, per sostenere il governo, chiedevano le dimissioni del premier e l’avvio formale di un nuovo governo. Conte ha fatto il primo passo, adesso spetta all’Udc e ai transfughi di Forza Italia. Che comunque pongono una condizione: la formazione dei gruppi parlamentari dev’essere il presupposto per costruire poi una lista ispirata all’Avvocato del popolo, la quale tuttavia farebbe perdere voti tanto al M5S quanto al Pd.
Ma dall’allargamento del numero dei ministri e dalla nascita di una nuova maggioranza parlamentare potrebbe davvero nascere una nuova coalizione politica da testare già alle prossime amministrative. E in quel caso un posto per Virginia Raggi al governo potrebbe essere già stato messo in conto da Di Maio e Zingaretti. E se Renzi ne resta fuori tanto meglio.
Ecco perché i due colli più importanti di Roma – il Quirinale e il Campidoglio – mai come oggi sono così vicini.