Da Firenze al Lazio, l’area dei riformisti come Pompeo che torna al centro

La vittoria toscana di Giani rilancia i riformisti, con Renzi terza forza e un’area politica che si riaffaccia con ambizioni concrete. Il Lazio osserva e valuta: il risultato può innescare un nuovo protagonismo al centro del Campo largo.

La Toscana lancia un segnale, il Lazio drizza le antenne. La vittoria centrata ieri dal centrosinistra non è solo la conferma di Eugenio Giani come presidente: è uno spartiacque politico che rilancia i Riformisti come soggetto con peso politico sostanziale.

In quella tornata elettorale, la lista Casa Riformista di Matteo Renzi, nonostante fosse una newcomer in molti territori, si è piazzata come terza forza, superando molti avversari di lungo corso. Non un exploit occasionale ma una dichiarazione di esistenza: “noi ci siamo”, sembra dire il polo renziano non più relegato all’analisi ma protagonista dell’atto politico. Che può avere molte implicazioni nel Lazio.

Non è un’appendice

Eugenio Giani festeggia la rielezione

In Toscana, dove il candidato del Campo largo ha vinto con il 53,9% contro il 40,9% del centrodestra, si è vista una coalizione capace di reggere – e di includere più anime. Eppure, sotto il profilo elettorale, l’avanzata di Casa Riformista non è mera appendice al successo del Pd: è segno che uno spazio politico si è riossigenato. La sinistra “moderata”, il centro progressista, il progetto riformista — tutti elementi che sembravano sopiti — sono tornati in campo con un sorriso concreto. (Leggi qui: I veri vincitori in Toscana: Renzi, Bundu e l’astensionismo a Livorno).

Ora il tema è: quanto potrà incidere questa riossigenazione nel tessuto politico del Lazio? Qui il campo è più complesso, le identità più stratificate, le alleanze meno fluide. Il Partito Democratico gode di un radicamento forte, il polo riformista esiste ed è in larga parte al suo interno. Lo interpreta Energia Popolare, la componente nella quale sono confluiti gli ex renziani rimasti nel Pd e guidati dall’ex presidente della provincia di Frosinone Antonio Pompeo.

C’è poi una fascia di elettorato progressista che non si riconosce nel Pd e mai ne avrebbe fatto parte se non fosse intervenuta Elly Schlein 5 minuti dopo la sua elezione a Segretario nazionale cooptando figure popolari e dal concreto seguito elettorale: come Valeria Campagna a Latina e Marta Bonafoni a Roma o il comitato Parte da Noi in provincia di Frosinone. È un mondo che non avrebbe mai votato il Pd se non ci fosse stato quel Segretario Nazionale e quel convolgimento. Il risultato di Matteo Renzi può innescare un effetto simile in un’altra area politica: quella del cattolicesimo democratico e del riformismo moderno.

Prospettiva Lazio con i riformisti

Claudio Mancini e Daniele Leodori

Se i riformisti riuscissero a ottenere una posizione visibile nel Lazio, potendo mediare tensioni e offrire una proposta credibile, potrebbero diventare chiave per rompere le rigidità dello schieramento. E coinvolgere tanti dei loro elettori che sono parte di quel 50% di non voto che ormai anche nella regione con Roma è consolidato.

Immaginiamo uno scenario: alle prossime elezioni regionali la casa riformista corre con propri candidati o proprie liste coordinate con il Pd. Non per dividere ma per completare il Campo largo. Per offrire agli elettori una via media — tra il radicalismo intransigente e la moderazione conservatrice. Se il Lazio sud e la Ciociaria in particolare, sente il peso dell’isolamento economico (pensiamo al tema delle ZES e ZLS), i riformisti potrebbero diventare uno spazio attivo di proposta per chi non si riconosce né nella destra né nella sinistra estrema. Perché i Fratelli d’Italia nonostante la loro nutrita pattuglia parlamentare nel Lazio Sud continuano a non ottenere la Zes. Mentre Renzi ed il renzismo incisero molto nel mondo delle imprese con i vari Bonus ed Industria 4.0.

Antonio Pompeo e Roberto Gualtieri

Il riassetto della Segreteria regionale del Lazio voluto dal Segretario regionale Daniele Leodori dialogando con il leader della componente avversaria Claudio Mancini ha ben chiaro questo schema. È per questo che ad Antonio Pompeo è stato riservato un posto per nulla di secondo piano nella Segreteria rinnovata. Ed al di là dei numeri, qualsiasi sia il risultato del Congresso Provinciale Pd di Frosinone occorrerà la stessa capacità di visione dimostrata dal regionale nel comporre la nuova Segreteria Provinciale che uscirà dalle urne.

Non basta il risultato toscano

Ma attenzione: non basta il buon risultato toscano, né l’orgoglio di ripartire. Serviranno leadership locali credibili, figure territoriali capaci di mettere da parte l’orgoglio personale per costruire una nuova identità di Partito. Più che una lista riformista serve un’area riformista all’interno del Pd: visibile e non impegnata in una eterna lotta tra correnti che finora ha portato solo guasti come dimostra il Congresso ciociaro ancora aperto dopo un anno di liti.

Matteo Renzi (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

In Toscana, la sinergia è stata ben orchestrata; nel Lazio dovrà essere fatta con mano ferma, non con stecche fragili. Quel che è certo è che la politica italiana ha bisogno di un’alternativa al duopolio “estremo vs establishment”. I risultati di Renzi in Toscana suggeriscono che non siamo più nella fase dell’irrilevanza riformista ma siamo all’alba di un possibile ritorno utile. Se il Lazio saprà coglierlo, potremmo veder nascere non un semplice “terzo poloma un rinnovato centro progressista che tiene insieme sviluppo, equità e modernità.

Il futuro del centrosinistra laziale potrebbe passare proprio da lì. E chi non lo vede, rischia davvero di essere spettatore della propria sconfitta.