
Riverberi frusinati e romani di una frattura che ha trovato conferma in Puglia al Forum di Bruno Vespa. E con un siparietto Tajani-Salvini in chiave "Ursula"
Il Forum pugliese in Masseria organizzato annualmente da Bruno Vespa a Manduria riecheggia di quel che il toponimo suggerisce: a volte è “primitivo”. Lo è in senso arcigno, quasi militare, perché spesso quello è il posto dove i Partiti ed i loro leader si scornano anche in barba alla cementina fessa delle loro alleanze. A casa del conduttore di Porta a Porta diventa perciò abbastanza facile veder aleggiare lo spirito di George C. Patton che amava dire cose più truci perfino del suo truce sguardo. Cose come “non dobbiamo morire per il nostro Paese. Facciamo in modo che a morire siano quei bastardi dall’altra parte…”.
Insomma, niente mistica da eroismo, piuttosto cinismo di vessillo. Ed in chiave politica oggi i due vessilli, quelli che sono di fatto ciascuno dalla sua parte del campo di battaglia, sono quelli di Forza Italia e Lega. E lo sono dipanati in un lungo fil rouge (Cav perdonaci per la cromia) che collega la Ciociaria alla Regione Lazio fino ad arrivare al Paese.
Da Frosinone a Manduria, via Pisana

Perché la Ciociaria? Perché nel di lei capoluogo, Frosinone, proprio in questi giorni si è consumato lo strappo di Forza Italia con l’amministrazione di Riccardo Mastrangeli. Con il sindaco che si è beccato ritiro degli azzurri dalla compagine di governo cittadino ed appoggio esterno. Che è come dire “faremo come vorremo, quando vorremo e se vorremo”. E che proprio in queste ore ha avviato un mini rimpasto con il cognome Vicano a fare da trait d’union tra suo insediamento e prima crisi seria di governo cittadino. (Leggi qui: La crisi è finita, Mastrangeli inizia il rimpastino: Laura Vicano in giunta).
Perché il Lazio? Perché è il contesto politico nel quale meglio si sta preparando il terreno che sarebbe piaciuto di più a Silvio Berlusconi. Cioè una Forza Italia che ritorna alle sue radici liberali e si distanzia dai sovranismi della Lega e dai patriottismi dei Fratelli d’Italia. Recuperando una posizione centrista che tra poco potrebbe tornare centrale nel dibattito politico nazionale.
Si spiega così l’assedio che da mesi il senatore Claudio Fazzone sta muovendo nei confronti degli alleati. Nella campagna per le Europee non ha risparmiato critiche ad alzo zero puntando la tacca di mira tanto su Matteo Salvini quanto sul suo ex sodale Mario Abbruzzese. Ma è sul piano della concretezza che il disegno tattico è più visibile: a Civitavecchia e Palestrina alle Comunali di giugno gli azzurri non sono andati con carroccio e patrioti; idem a Veroli mentre a Ferentino hanno cominciato ad attaccare l’amministrazione che ha al suo interno Lega e FdI. A Terracina i forzisti firmano con il Pd le interrogazioni contro l’amministrazione FdI mentre in Provincia di Latina un esponente azzurro ha fatto il facente funzioni del presidente renziano mentre il resto del centrodestra è stabilmente in minoranza.
Orgoglio azzurro

Forza Italia vuole contare. Non è evaporata con la dipartita del suo fondatore: al contrario ha riportato a casa decine di pezzi pregiati. E migliaia di suoi elettori. Quello che sta accadendo in tutto il Lazio è l’upgrade tutto locale di una frattura che trova polpa nelle richieste azzurre di ridisegnare la Giunta regionale del Lazio sulla scorta dei nuovi equilibri. Solo che tanto a Roma quanto a Frosinone, Forza Italia si è ritrovata briscolata e con nuove maniglie extra format. Sia il sindaco Riccardo Mastrangeli che il governatore Francesco Rocca non si sono spostati d’un centimetro: se Forza Italia vuole un riequilibrio di deleghe se ne può parlare; d’andare oltre, al momento nessuno sembra intenzionato.
Men che meno azzerare la Giunta a Frosinone o giubilare l’assessore regionale della Lega Pasquale Ciacciarelli in modalità ultimo giap sull’isola. Nessuno dei ring ha sortito soluzioni accomodanti ed eccoti servita l’estate rovente di Fi e Lega. Un’estate che ha riverbero e genesi primeva al contempo anche a livello nazionale. E che di quel riverbero si è beata lungo l’asse che dalla Masseria di Vespa porta dritto alla Ciociaria di Mastrangeli ed Adriano Piacentini.
Proprio sotto il sole rovente di Puglia, e poco prima che Giorgia Meloni andasse al 75mo della Nato, il caso ha trovato nuova sostanza e lo ha fatto ovviamente in chiave post voto europeo. Lo ha fatto dopo che la necessità di una verifica a tre è diventata indispensabile: a Bruxelles si sta andando ognuno per conto proprio e dall’autunno c’è la necessità di tagliare ancora di più sui conti, con i Comuni inviperiti per quanto è stato già limato dai milioni del Pnrr.
Il vertice che non partirà dal caso locale

Se non ci sarà un raffreddamento dei toni nel Lazio, la Lega porterà nell’agenda di quel vertice anche le questioni Pisana e Frosinone. Lo farà dicendo che se si deve rimpastare nel Lazio va bene ma a condizione che si rimpasti anche in Lombardia. Ed agli azzurri del Nord la cosa non garba molto.
Perciò niente emergenzialità di odg, se ne parlerà all’interno di summit già calendarizzati. Ma c’è un dato aggiuntivo: quello per cui si è creata ormai la necessità assoluta che Antonio Tajani e Matteo Salvini se le cantino a dovere davanti a Giorgia Meloni, a testimonianza di uno status quo che ormai è palese, palese e pericoloso. Tanto pericoloso che i due si sono già elargiti lividi anche all’ombra degli ulivi secolari e dei vigneti di Vespa a Manduria.
Come e su cosa? Ovvio, su composizione e peso dei gruppi parlamentari Ue dopo il voto di giugno che non ha tolto i cerotti alla Lega e che ha dato le vitamine a Forza Italia. E soprattutto sulla questione chiodata che bascula tra la riconferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione e lo spostamento di Salvini nel gruppo neo-orbaniano dei “Patrioti per l’Europa”.
Scintille pugliesi fra Tajani e Salvini

Lì il quadro è da spine lunghe e puntute, perché anche Vox, il partito spagnolo di destra più adiacente allo spleen della presidente Ecr Meloni, ha lasciato i conservatori per spostarsi a destradestra. Tajani e Salvini sono stati quindi protagonisti di un siparietto che di fatto è stato termometro della temperatura rovente tra i due partiti ed “inside” la maggioranza di governo. Fabio Insenga di AdnKronos riporta la domanda delle cento pistole e la risposta del segretario azzurro.
L’avvicinamento di Matteo Salvini a Viktor Orban in Europa non può creare problemi in Italia? “No, perché l’Europa è un’altra cosa rispetto all’Italia. Noi siamo una coalizione politica che governa il Paese, regioni, comuni, che corre sempre unita. Con un’unica eccezione: il collocamento dei singoli partiti del centrodestra nelle famiglie politiche europee“.
Poi la stoccata: “Salvini fino all’altro giorno era nel gruppo Id, che si sta trasformando di fatto nel gruppo dei Patrioti per l’Europa. Ma è un gruppo ininfluente perché nessuno vuole discutere poi con loro. Ancora non è neanche ufficialmente formato perché non c’è un numero di nazionalità sufficiente a formare un gruppo politico al Parlamento Europeo. In questo momento è un progetto politico che si sta costruendo ma ancora non c’è”. Qualcun narra di aver udito le fonde delle cultivar di Coratina stormire forte, da quanto l’aria si è fatta all’improvviso gelida dopo quella risposta.
Cambio panel e replica del Capitano

E Salvini? Al cambio panel non se l’è tenuta ed ha replicato secco. ”Vedevo che a pochi metri di distanza l’amico e collega Antonio Tajani definiva ininfluente e irrilevante quello che può essere il terzo gruppo al parlamento Europeo”.
“Io aspetterei metà luglio per verificare chi è rilevante e chi è irrilevante. Siamo seriamente prendendo in considerazione la possibilità di quello che può essere il terzo gruppo europeo”. Che significa? Che il fu Capitano ha lanciato la stoccata del 18 luglio prossimo venturo.
Cioè quando alla fine si capirà se un Ursula bis è nel novero delle cose o se, tra franchi tiratori di FdI e votanti iperdestrorsi, la presidente uscente potrebbe diventare la presidente uscita.
Con il Ppe ed i socialisti messi sotto briscola e con Forza Italia messo in un angolo tutto suo. Come a Frosinone ed in Regione Lazio, dove gli azzurri premono, i leghisti arginano ed i “Fratelli” un po’ gongolano ed un po’ si maledicono.
Per un ruolo a metà tra arbitrale e sciacallo che no, proprio non lo avrebbero voluto tra i piedi, ma che se proprio je tocca…