
Due facce della stessa medaglia, con von der Leyen impegnata a confrontarsi con i player ed Urso con i lavoratori cassinati
Due facce della stessa medaglia, quella di scenario ampio e strategico e quella di scala tattica, faccia cassinate. La faccia di persone che vedono la loro vita appesa ad un timer che corre, e che il 31 gennaio si fermerà. Fino, forse, a fermare le speranze dei 32 lavoratori della De Vizia di poter continuare a portare il pane a casa. Dopo l’ultimo summit al Mimit retto da Adolfo Urso le parti si erano alzate dal tavolo con una proroga dei contratti per il solo mese di gennaio, poi sarebbero scattati i licenziamenti.
L’automotive e la crisi sistemica che sembra attanagliarlo stanno apparecchiando drammi umani, produttivi e lavorativi, ma c’è un dato. La medaglia che effigia la delicata questione di facce ne ha due, e solo l’attenzione mainstream può fare argine a ché la seconda, quella cassinate paradigmatica di tutti i piccoli sistemi, non passi da problema a dramma.
D’Avino (ri)suona la carica

Ad oggi, ed a poco più di una settimana dall’incontro in agenda, non risultano convocazioni per quelli della De Vizia. Ed il segretario provinciale della Uilm Gennaro D’Avino ha cominciato a tirare le pelli dei tamburi di guerra. Leggo Cassino riposta le sue parole: “In assenza di risposte entro questa settimana, o quantomeno della convocazione del tavolo, lunedì prossimo, 27 gennaio, quando riapriranno i cancelli di Stellantis, noi saremo ancora lì. A protestare con manifestazioni e sit-in come abbiamo fatto per mesi”.
E giusto nelle ore in cui potrebbero ripartire i picchetti lo scenario si allargherà a macchia: da Cassino fino a Roma e Bruxelles. E con l’era Trump già disegnata per grandi linee che pungolano l’Ue sul core del problema: un Green Deal messo poco a sistema nei decenni precedenti e che oggi è diventato mannaro più per fretta che per assenza di merito, che è e resta incontestabile.
L’eco dall’altra sponda dell’Atlantico
Se dall’altra sponda dell’Atlantico arrivano proclami sul voler “annullare il mandato sulle auto green”, qui in Europa sarà il 30 gennaio il Giorno più Lungo dell’Industria. Per quella data è previsto lo start al dialogo strategico sull’automotive. Una cosa che sa molto dell’atavica ed irrisolta logorrea del Vecchio Continente ma che pone comunque sul tavolo questioni cruciali.

Come ad esempio, nell’enunciazione dell’Ansa, “riposte concrete alla complessa transizione all’elettrico e dall’implacabile concorrenza di Pechino, a cui si aggiunge la minaccia di possibili dazi americani che rappresenterebbero un altro duro colpo”.
Un mese di tempo per trovare una quadra che, strategicamente e su scala di comparto, probabilmente è la più complessa della storia economica recente.
Temi, prospettive e scenari
Quali sono le prospettive ed i possibili scenari? Quello auspicabile potrebbe essere una soluzione mediata tra importanza della transizione elettrica e l’urgenza di non farne una crociata talebana, magari un argine ideologico al trumpismo di ritorno. I costruttori attendono, ma la politica in questa faccende ci puccia dall’altro del suo identitarismo di bottega.
Perciò questo potrebbe essere un altro fattore destabilizzante rispetto a soluzioni praticabili. Matteo Salvini, ad esempio, non rinuncia alla sua libbra di slogan. E proclama di voler accogliere “gli auspici dell’Italia per difendere, con buonsenso, famiglie e imprese contro ‘gli eco-estremisti'”. Dal canto suo l’uomo sul campo, il ministro Adolfo Urso, ha in agenda il momento più cruciale.
Urso, i commissari e Fitto

Quello del confronto quattro commissari Ue ad un evento “organizzato dalla delegazione di FdI al Parlamento europeo”. E tra questi ultimi c’è Raffaele Fitto. Insomma, serve pragmatismo, serve tenere ben aperta la ricetta sullo sviluppo di Mario Draghi alla pagina giusta ma serve anche un po’ di duttilità. In termini di competitività da Bruxelles arrivano segnali incoraggianti, ma per ora relegati alla paciosa logorrea premilinare.
L’Ue infatti “riconosce l’urgente necessità di agire per proteggere l’industria automobilistica europea e darle un futuro”. Ed Ansa elenca i temi caldi: “Incentivi per stimolare la domanda di auto green legati a flotte aziendali, mercato dell’usato, elettrificazione, oltre alla protezione dai maxi-sussidi cinesi e alla garanzia di sovranità sulle materie critiche essenziali”.
Prima il voto in Germania

Senza contare che per lo step due dell’intera operazione, quello legato al Clean industrial deal, bisognerà attendere l’esito delle elezioni in Germania, cioè in uno dei tre grandi player convolti da crisi automotive e necessità di arginarla. La domanda è sempre la stessa. Come si possono conciliare capacità di essere competitivi e saggezza climatica? Come sarà possibile scongiurare altri casi come quello della De Vizia pur avendo preservato a monte l’ambiente?
L’elettrico come elemento di transizione non si tocca, ma la possibilità di cambiare i format nel 2026, anno della possibile revisione delle regole, al momento resta la sola speranza per l’industria europea.
E per quelli che, vittime della sua paralisi, tra una settimana forse saranno di nuovo davanti ai cancelli di Cassino Plant a Piedimonte San Germano.