
Il piano industriale, i costi del green e "l'endorsement" operativo di Camilli: tutto quello che il candidato di Azione ha da dire su un tema cruciale
Non se ne esce, comunque la si pensi: per titolare il tuo slogan “L’Europa, sul serio” devi essere una persona seria te che lo proclami. Sennò finisce che si guasta tutto prima ancora di cominciarla, la campagna elettorale. E che Alessio D’Amato sia uno che le cose le prende con serietà assoluta è un fatto. Fatto testimoniato, tanto per dire, da una onorificenza di Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana che l’ex assessore della Pisana alla Sanità ha ricevuto per come ha “sderenato” il Covid.
Con una strategia puntigliosa tanto efficace che alla fine il “metodo D’Amato” è diventato quasi paradigma di una certa efficienza funzionalista, esattamente quella che potrebbe mancare a Bruxelles con ricette sovraniste e di pancia. Il coordinatore del Welfare di Azione e Carlo Calenda ha dalla sua anche un’altra skill.
Il candidato multitasking

D’Amato è un multitasking, uno cioè che applica ed adatta il suo se stesso migliore ad ogni comparto sul quale mette attenzione. Come ad esempio quello di un’industria che per troppo tempo è stata ghettizzata. Pochi sembrano aver capito che proprio a livello europeo la produzione industriale deve rinnovarsi secondo criteri green, snellezza e supporto infrastrutturale, non arretrare lasciando vuoti occupazionali e macroeconomici.
Sul tema D’Amato, che è candidato al Parlamento Ue con Azione-Siamo Europei nell’Italia Centrale, ha carnet pieno.
Recentemente nella sede di Unindustria lei ha affrontato il tema della strategia comune per lo sviluppo del settore: dove finisce lo slogan e dove comincia la ricetta D’Amato?

“L’industria senza l’Europa non esiste. L’Europa senza l’industria non può esistere. Sta qui il segno della sfida che abbiamo di fronte. Nessuno stato può pensare di competere da solo di fronte agli scenari internazionali. La competizione globale avviene con la Cina, con l’India, con l’America del Nord, e solo una dimensione europea può essere competitiva”.
“Ecco perché c’è bisogno di un piano industriale europeo che ponga innanzitutto il tema del mercato delle materie prime, dove l’Europa è ancora indietro”.
“Pochi sanno, ad esempio, che l’ottanta per cento dei principi attivi in ambito farmaceutico arriva dall’Asia. “Per non parlare del mercato dei microprocessori o delle batterie. Ecco perché il Presidente Draghi ha fatto bene a sottolineare l’importanza di una politica di forte investimento industriale. Questo significa un bilancio europeo più forte, un tesoro europeo e anche una difesa europea. Ecco perché gli elettori non devono farsi catturare dagli incantatori di serpenti. Ovvero le forze sovraniste che lavorano per indebolire l’Europa”.
Chi paga il green
“Fabbrica Europa” è di fatto un contesto che trova già molte sponde normative in Ue; tuttavia, quello che sembra mancare è l’input a trasformare una visione comune in un’azione comune. Come lo colmerebbe lei il gap?

“Il gap a cui lei si riferisce va colmato con più poteri a livello europeo e superando il meccanismo della unanimità nelle decisioni“.
Far tornare la produzione industriale al centro ma in chiave green, e senza mortificare il mercato. Ci spieghi com’è possibile secondo Azione e secondo lei che per Azione si candida alle Europee.
“Il tema green è fondamentale, ma bisogna sempre tenere presente i tempi e chi paga. I costi non possono essere scaricati sulle famiglie e sulle imprese. Per quanto riguarda la transizione energetica e la questione climatica, il punto di fondo è far prevalere la scienza. Ecco perché è importante riaprire il dibattito sul nucleare. Noi abbiamo bisogno di un mix energetico che includa sia fonti rinnovabili che l’energia nucleare”.
Il board di Confindustria è cambiato e vede una folta rappresentanza regionale: oltre che buon segno, è anche un’occasione per il Lazio?

“Il Lazio e il centro Italia hanno una opportunità di contare di più se si scelgono persone competenti. Abbiamo filiere importanti dal punto di vista industriale penso al farmaceutico, all’aerospazio, alla industria meccanica di precisione, alla industria del cinema che vanno sostenute”.
La produzione non può esistere senza credito, semplificazione e risorse infrastrutturali. E’ possibile equalizzare questi fattori al di là della composizione politica del Parlamento europeo, oppure questa è la sola occasione politica per equalizzarli con Renew Europe?
“La semplificazione è fondamentale se penso ad esempio che qui in Italia un farmaco per entrare in commercio ha bisogno di 400 giorni in Germania la metà. Ci sono doppioni autorizzativi, ecco perché l’Europa deve contare di più”.
Angelo Camilli, presidente di Unindustria, ha parlato di “esortazione di Confindustria a rimettere l’industria al centro delle politiche Ue”. Lei che di piani ben riusciti se ne intende, ce l’ha un piano per farlo accadere?
“Il presidente Camilli ha ragione ed il programma di Fabbrica Europa è ampiamente sovrapponibile con i dieci punti del programma di Azione“.
Quel che dice Camilli

“Quello che aggiungo io è che serve una politica europea dei salari. Oggi l’Italia è il finalino di coda in Europa e la contrazione salariale accompagna la difficoltà di sostenere la domanda e il potere di acquisto delle famiglie”.
“Dall’altro il piano industriale europeo va accompagnato dal rafforzamento del pilastro sociale europeo. Ovvero quelle politiche di welfare che debbono ridurre le diseguaglianze.
“Ecco perché Azione propone di ripartire dalla discussione sul Mes sanitario che potrebbe essere per il nostro Paese una terapia d’urto importante per la nostra sanità. Siamo gli unici a parlare di sanità e continueremo a farlo anche in Europa”.