Festival delle Storie, un paradigma per il rilancio della Ciociaria

Il giornalista e scrittore Vittorio Macioce racconta il grande evento culturale che ogni anno illumina la Val di Comino e può rappresentare una spinta per rivalorizzare un territorio in crisi economico-sociale. Stellantis? Non ha alcun interesse a restare a Cassino

Chiara Boezi

Ma non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo

Giornalista e scrittore italiano, Vittorio Macioce è conosciuto per la sua attività nel campo dell’informazione e della letteratura. Nato a Cassino nel 1967, si laurea in Giurisprudenza ma intraprende la carriera giornalistica, diventando una delle firme di punta de Il Giornale. Amante da sempre della sua terra natia, si occupa da quindici anni dell’organizzazione del Festival delle Storie nella Val di Comino.

L’evento celebra la narrazione in tutte le sue forme, ospitando scrittori, giornalisti, artisti e intellettuali da tutto il mondo. Per una settimana, i piccoli borghi della valle si trasformano in scenari pieni di incontri, dibattiti, spettacoli e laboratori, tutti legati al mondo delle storie. Grazie alla capacità di creare un ponte tra tradizione e innovazione, vengono attirati appassionati e curiosi di tutte le età. Archiviata l’edizione 2024, Vittorio Macioce racconta ad alessioporcu.it il “Festival delle Storie” con un occhio ai problemi ed al futuro della Ciociaria.

Un evento che crea opportunità per i giovani

Vittorio Macioce
Il Festival delle Storie è ormai una realtà strutturata, e forse anche un’eccezione nel panorama culturale del basso Lazio. Cosa le lascia questa edizione appena trascorsa e quali i programmi per il prossimo anno? 

“Questa edizione ha rappresentato la ripartenza dopo un anno di pausa. È stato un modo per ritrovare un po’ noi stessi e per riorganizzare il Festival. Abbiamo ritenuto importante fare una pausa. Queste attività si fanno per passione e non per denaro. Può capitare, quindi, di accusare un po’ di stanchezza. Inoltre, il modello Festival dopo quattordici anni stava invecchiando. Forse non avevo più stimoli. Non mi emozionava più”.

Forse c’era bisogno di una nuova formula…

In realtà, stiamo ancora cercando una nuova formula. Ciò che interessa in questo momento è creare delle opportunità per i ragazzi che vivono nella Valle di Comino. I bambini di quindici anni fa, grazie al festival, hanno allargato molto i loro orizzonti e le loro opportunità. Pensiamo al festival come ad un lavoro simile a quello del contadino: la cultura rappresenta il dissodamento della terra, che bisogna arare, seminare e concimare. Oggi, dopo quindici anni di Festival delle Storie, qualsiasi seme può crescere rapidamente nella Val di Comino. E può fiorire. Un terreno non lavorato, invece, diventa arido”. 

Ci sono stati ospiti di un certo livello…
Eugenia Roccella (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

“Con il nostro lavoro, abbiamo educato un pubblico che, da quindici anni, è stato abituato ad ascoltare chiunque. L’ospite del Festival delle Storie può essere più o meno conosciuto. Ma l’attenzione e la curiosità della Valle sono le stesse. Abbiamo ospitato, infatti, Pupi Avati ed Eugenia Roccella. Però, per me, è più importante che abbiamo scoperto Pietro Trellini, che ha presentato il romanzo ‘’R4’’.

Tutto nacque grazie a Grayson Caps

Macioce durante il Festival delle Storie
Ci racconta com’è nata l’idea del Festival delle Storie e quali sono i ricordi delle varie edizioni a cui è più affezionato? 

“Racconterò solo la prima, che poi è l’edizione numero zero del Festival delle Storie. Nel 2009 sono stato ospitato a ‘’Piacenza Blues’’: un festival di musica blues in cui c’era un angolo dedicato alla letteratura americana che, a quei tempi, era una mia grande passione. Mi sono ritrovato in una sorta di pub con la nipote di Woody Guthrie, il maestro di Bob Dylan e con un altro musicista, un grande folk singer del New Orleans: Grayson Caps. Grayson ha composto la colonna sonora del film ‘’A love song for Bobby Long’’, di cui il padre era sceneggiatore. Disse che sarebbe venuto in Italia per tenere un concerto a Bologna e che avrebbe voluto visitare la mia terra.

Nel frattempo, ho organizzato con i miei amici una giornata dedicata agli Stati Uniti, a San Donato, pensando che il piatto forte sarebbe stato, appunto, Caps. Non avrei mai pensato che quel giorno si presentasse alla stazione di Frosinone e, invece, è avvenuto un miracolo: in quell’occasione, ha cantato la colonna sonora del film di Bobby Long fino alle quattro del mattino, avvolto da un’atmosfera meravigliosa”.

San Donato dove nasce il Festival delle Storie

Quell’esibizione è stato il seme del Festival delle Storie. “Da quel momento ho pensato che si potesse fare un progetto più strutturato. In seguito, insieme ai miei collaboratori, abbiamo deciso di fare il Festival delle Storie itinerante, di piazza in piazza, di paese in paese. I primi quattro paesi furono: San Donato, Alvito, Atina e Picinisco. Nel 2009 era ancora viva mia madre e, dopo l’edizione numero zero, mi disse: ‘’fai qualcosa per questa terra’’. E ho deciso, così, di crearlo anche per lei”. 

La storia di Clodia, femminista ante litteram

Cicerone (Foto © DepositPhotos.com)
La Valle di Comino e più in generale la provincia di Frosinone possono offrire molte storie legate anche all’antichità, per esempio alla storia romana. Ci direbbe quali sono le sue preferite e perché?

Una delle storie che preferisco accade a Roma, ed è la storia di Cicerone e Clodia. Cicerone, di Arpino, era il grande oratore e salvatore della patria del I secolo a. C. Inoltre, Cicerone era anche il vicino di casa di Clodia. Famosa è la leggenda che di lei si sia poi innamorato un provinciale di Verona, un giovane poeta di nome Catullo. Clodia era, quindi, la famosissima Lesbia: donna scandalosa ma anche ultramoderna, che rivoluziona i costumi femminili di Roma perché rappresenta l’anti matrona.

Lei è l’opposto della mamma di Cesare, Aurelia, donna austera e che teneva molto alla propria dignitas. Cicerone è più vecchio di Clodia, ma questa ragazzina scandalosa lo attrae e si convince di poter avere una storia con lei, ma poi viene rifiutato. Da qui nasce la grande antipatia di Cicerone per la famiglia dei Clodi, a causa di una femminista ante litteram”.

La crisi di Stellantis affosserà la Ciociaria
L’ingresso dello stabilimento Stellantis di Cassino

Lei in questi mesi si è occupato anche del caso relativo alla Fiat di Cassino. Quale futuro per quello stabilimento così cruciale per la nostra terra? 

“Penso che andrà ad esaurirsi nel corso dei prossimi anni. Stellantis non ha alcun interesse nel tenere aperta la Fiat di Cassino, a meno che non ci siano incentivi e sovvenzioni statali. Servirebbe una forma di sostentamento per evitarne la morte. Ma mi sembra di capire che Stellantis non ne abbia alcun interesse. A meno che, come sta accadendo a Mirafiori, la Fiat non venga presa dai cinesi. La Meloni è stata a Pechino da poco, non so se ha discusso del futuro degli stabilimenti italiani di Stellantis”.

Comunque, già adesso, nello stabilimento di Cassino, gli operai lavorano sedici ore a settimana. Il resto è sotto cassa integrazione. Dal ritorno dalle ferie non c’è stato quell’incremento e quelle ordinazioni che si aspettavano. Il problema maggiore è che Cassino rappresenta anche l’indotto del territorio circostante. Se chiude, la provincia di Frosinone finirà in una voragine immensa”. 

Lavoro e cultura ci salveranno dal degrado sociale

La droga una delle piaghe della provincia (Foto © DepositPhotos.com)
A proposito di questo, la provincia di Frosinone sembra ormai “camorrizzata”. Anche oggi i giornali raccontano di ulteriori episodi di violenza, per esempio il ragazzo massacrato di botte ad Alatri, l’ennesimo, per un tentativo di approccio con una ragazza impegnata. Cos’è che sta degradando i nostri territori? Quali sono gli elementi che potrebbero contribuire a una rinascita culturale della provincia tutta? 

“I nostri territori, in particolare il Nord della provincia, hanno troppi ‘’non luoghi’’. Quello che sta avvenendo in molte zone è lo spaesamento, che vuol dire perdita di identità, di coscienza di sé. Questo provoca violenza, perdita di lavoro, perdita di commercio e di artigianato, in particolar modo nei centri storici. Tutto questo spaesamento è curato grazie allo spaccio della criminalità organizzata, grazie alla diffusione della sostanza che da sempre – tra i vari scopi che ha – è quello di far fuggire in maniera artificiale dalla noia: la cocaina viene utilizzata nelle metropoli per rendere efficiente il lavoro. Oppure, viene utilizzata insieme all’eroina nei piccoli paesi per trovare un’alternativa malata per fuggire dalla noia. Non ho dati precisi, ma credo che la nostra provincia abbia reali problemi riguardanti la dipendenza dalle droghe”. 

Come si esce da tutto questo?
Maurizio Stirpe

“Non c’è una formula magica. Chiaramente, le ricette sono sempre le stesse: il lavoro, il futuro e la prospettiva garantiscono una qualità di vita maggiore. Penso che la cultura possa dare una prospettiva ma, da sola, non basta. Il problema vero della provincia di Frosinone è la mancanza in primo luogo di infrastrutture, sia quelle del Novecento sia quelle del XI secolo: senza una rete efficiente, è difficile lavorare in smart working nei piccoli paesi. Manca, inoltre, la ricerca di imprese innovative, di incubatori”.

Il nostro territorio potrebbe essere un grande incubatore di idee – grazie alla vicinanza con Roma – in termini di costo e qualità della vita. Per far fiorire di nuovo la provincia di Frosinone bisognerebbe avere un orizzonte, una visione – non soltanto da parte politica – ma da parte di tutta l’élite della provincia di Frosinone. Si dovrebbe prendere esempio dal presidente del Frosinone, Maurizio Stirpe, che mi sembra essere un visionario. Ma uno solo non basta. Sono convinto che ci siano tutte le potenzialità per immaginare qualcosa di grande e di ambizioso”.  

Intelligenza artificiale, pro e contro

Un altro tema che sta seguendo è l’avvento della Intelligenza artificiale. Ci aspetta un futuro distopico o ce la caveremo?

“Non dobbiamo vederla in maniera apocalittica. Dobbiamo partire da un presupposto: questa è la quarta rivoluzione tecnologica. Ogni rivoluzione porta con sé vantaggi e svantaggi. Il cambio di paradigma tecnologico ha sconvolto l’Inghilterra e poi l’Europa nel Settecento. Anche Henry Ford, con il Fordismo – che è un metodo di lavorazione abbastanza alienante – ha sconvolto l’America. Adesso, ci troviamo di nuovo in un cambio di paradigma molto particolare, che mette al centro una domanda a cui si deve dare una risposta: cos’è l’umano? Qual è il rapporto tra l’umano e la macchina intelligente? È chiaro che ci sia un problema di sostituzione del lavoro. Però, c’è un vantaggio”.

Siamo di fronte a tre grandi rivoluzioni tecnologiche: una è, appunto, quella dell’intelligenza artificiale; la seconda è l’internet quantistico, che darà all’umanità una capacità di calcolo e di trasferimento delle informazioni in tempo reale; la terza grande rivoluzione che avverrà sarà quella della fusione nucleare. Mentre la fissione nucleare scompone l’atomo e l’energia, la fusione tende, appunto, a fondere l’atomo, che costituisce la stessa dinamica del sole. Quindi, avremo tanti piccoli soli che forniscono energia infinita a costo zero, senza inquinare”.

Ognuna delle tre è indispensabile per rendere meno gravi le conseguenze della rivoluzione quantistica ed è indispensabile che si integrino bene tra loro. Molto dipende dall’umano e dalla sua capacità di assumersi grandi responsabilità. È chiaro che, oltre ad una metamorfosi tecnologica, serva anche una metamorfosi etica. Su quello, forse, sono un po’ più pessimista. Sarà una lunga fase di transizione”.