La vera mission per una città che tra 8 anni incontrerà se stessa: immaginare quello che ancora non c'è e non morire di quello che è stato
“Vorrei incontrarti fra cent’anni
tu pensa al mondo fra cent’anni
ritroverò I tuoi occhi neri tra milioni di occhi neri
saran belli più di ieri”.(Ron, Vorrei incontrarti tra 100 anni).
Latina si troverà ad incontrarsi davvero con sé stessa tra 8 anni a 100 dal suo inizio. Nei mesi scorsi lo Stato, su iniziativa del senatore Nicola Calandrini, ha creato una fondazione ed ha messo risorse. Sono il risultato di un’azione politica ad ampio raggio: che ha saputo coinvolgere tutto il centrodestra ma anche tutto il mondo progressista, generando un progetto identitario ma non nostalgico. Sul quale alla fine Calandrini ha fatto in modo che tutti si riconoscessero. Ma questa è solo una faccia del problema.
L’altra e più evidente è: ma ora che si vuole fare? In città è nato un confronto, un dibattito, come una gigantesca seduta di psicanalisi urbana.
Riportare l’arcobaleno
Latina è una graziosa bambina a cui stiamo chiedendo: vuoi più bene a mamma o papà? Cosa vuoi fare da grande? Latina è una bambina che quando doveva ancora giocare e iniziare l’asilo è arrivata una guerra che le ha tolto il gusto del gioco. E con lui gli amichetti, la bellezza di essere spensierata. Una bambina con cui non voleva giocare nessuno una bambina silenziosa e triste per via dei suoi papà e delle sue mamme: troppo legati ad una stagione durata vent’anni e finita nel peggiore dei modi. (Leggi qui: Se La legge sul Centenario guarda l’Italia in modo nuovo).
Che fare, allora? Ridarle il sorriso spiegandole che la guerra è finita, gli orchi sono morti e chi li ricorda come angeli è baro.
Latina deve riportare i colori dell’arcobaleno, le differenze la fanno bella, il consenso l’ha costretta serva. Latina non è una Roma spostata, non è scesa dai Lepini con la piena, non è il residuo di mori venuti dal mare è una utopia possibile. L’ idea che nella vita ci si può riprovare. È una sponda che non c’era, è una bomba nucleare ma di energie capaci di fare sempre altro di quello che non c’era.
Non diciamo che qui saremo turistici, o distributori di kiwi, o testimoni di olive di Gaeta. Diciamo che saremo una possibilità che oggi non sappiamo neanche immaginare. Saremo forse un poco più indiani, poi se quelli dei pellerosse o più vicini agli eroi di Salgari fa poco. Saremo giovani e non staremo a vedere come, ma saremo senza nostalgie di domani, ma sicuri che qualcosa di diverso si possa fare.
Non da dove vieni, ma cosa sai fare
Latina è l’unica città americana di questo vecchio e stanco continente; qui non ci chiedevamo da dove vieni, ma che sai fare. E abbiamo fatto tanta energia da muovere il mondo con tecnici che venivano da Londra, abbiamo fatto l’ elettronica con gente di Milano.
L’uva Italia con gente che stava in Africa parlando italiano e che si arrabbiava in francese, e pure il kiwi è “oceanico”. Ecco che deve fare la fondazione … immaginare quello che ancora non c’è e non morire di quello che è stato.
Ci vediamo tra 100 anni … Pardon, viviamo questi 8.