Da segretario a leader sotto traccia che è diventato conducator presenzialista ed "urticante" di Lega e Fdi: come nel capoluogo
La situazione di Frosinone sta messa così: Forza Italia di fatto non è più partito di governo cittadino e, dopo un appoggio esterno che sapeva di diplomazia delle cannoniere, sta all’opposizione. Quando nel 2027 si andrà a votare questa situazione, per adesso più di “maquillage” che legata a scenario organici di amministrazione, disegnerà un plausibile e nuovo scenario in un centrodestra che sta messo come la marmellata senza la pectina.
Probabilmente ci penseranno Pasquale Cirillo e Maurizio Scaccia a dare il fuoco alle polveri, ed a tenere il focone ci saranno Anselmo Pizzutelli, Giovanni Bortone e Maria Antonietta Mirabella. Al momento loro non sono ancora nella fase dell’imposizione, piuttosto della ferma dichiarazione di un assioma di ferro.
“Malpancisti ciociari” in attesa del 2027
Quella per cui le logiche del partito che in Regione fa capo a Claudio Fazzone e che in provincia risponde a Rossella Chiusaroli prevalgono sulla maggior parte delle subdirectory amministrative di Riccardo Mastrangeli e sodali.
Quello che Claudio Fazzone sta facendo in queste ore (lasciando le impronte digitali di Rossella Chiusaroli) è de abuzzesizzare Forza Italia. Estirpare in maniera radicale e definitiva qualunque ricordo della precedente stagione in cui il Partito nella provincia di Frosinone era gestito dall’allora Presidente del Consiglio Regionale Mario Abbruzzese e dall’allora coordinatore provinciale Pasquale Ciacciarelli. La sua non è sciocca furia iconoclasta ma ragionata tattica politica: in base alla quale Forza Italia della Ciociaria deve essere funzionale ad una strategia che esca dalla visione provinciale per entrare in quella di collegio, Frosinone e Latina insieme. Cioè il territorio che se fa squadra elegge il senatore per il Sud del Lazio. Cioè il territorio che conta un milione di abitanti e se sta unito può puntare i piedi di fronte alle scelte che si fanno in regione Lazio.
In questa visione, Forza Italia deve dimostrare di avere un ruolo all’interno del governo comunale di Frosinone. E non di essere appiattita fideisticamente sulle posizioni del sindaco. È esattamente quello che è stato rimproverato all’assessore Adriano Piacentini chiedendone le dimissioni coerentemente con il nuovo ruolo di opposizione del Partito. Che consentirà di giocarsi una partita con le mani completamente libere alle elezioni del 2027.
La visione Tajani
Sganciare Forza Italia dall’ortodossia del centrodestra per darle un ruolo più centrista e centrale. È un po’, anzi un bel po’ quello che sta facendo anche l’uomo al vertice di Forza Italia, che ha inaugurato in questa estate 2024 un modello che fa scuola ed ha ridondanza ciociara. Non si impone nulla ma non si accettano imposizioni. La casella di Antonio Tajani è così netta che da questo punto di vista il suo esser stata ribadita al recente meeting di Rimini è apparsa una via di mezzo tra falso superfluo ed amuse-bouche.
In particolare quest’ultima chiave di lettura, quella che prelude una mezza “abboffata” azzurra di irrendentismo soprattutto anti Carroccio, è quella prevalente. Il leader di Forza Italia in odor di pezzottismo iniziale ma battezzato conducator di grana fina è anche ministro degli Esteri.
Ma è all’interno che ha dato il meglio di sé. Perché se in politica estera Tajani poteva “solo” divaricare le distanze con la Lega di Matteo Salvini, nelle logiche inside del Paese lui ha potuto cominciare ad inserire il forcipe anche con Via della Scrofa. Come? Con lo ius scholae e con segnature rosse e blu sotto il libro mastro della destradestra in tema di immigrati. La parola d’ordine, come ha spiegato in maniera cristallina Salvatore Merlo su “Il Foglio”, è “distinguersi”.
Rilascio interviste, ergo sum
Perciò e al di là di un merito concettuale che da sempre vede gli azzurri su posizioni più morbide o comunque meno draconiane sui temi sociali la cosa è funzionalista. Lo è in perfetto stile Berlusconi, che da vivo era capace di smentire se stesso in tre giorni netti pur di mettere il sale sulla coda di una Giorgia Meloni che non aveva mai sopportato, non come leader almeno. Per perseguire ed applicare in maniera certosina questo mood Tajani ha scelto la via dell’upgrade, del fuoco estivo di linea.
“Trentaquattro interviste ai giornali tra luglio e agosto, 153 lanci di agenzia. I diritti e la cittadinanza, lo ius scholae e l’autonomia differenziata che lo differenzia dalla Lega ma al tempo stesso conferma il suo ruolo di guida nel partito”. Ed un approccio chilometrico che lo aveva portato perfino tra gli scout Agesci a Verona, in piena riserva indiana leghista. Frenesia da evidenziatore? Non solo, come a Frosinone con i “malpanciasti” quella di Tajani è tattica canina in purezza, la tattica di chi sa che se alzi la zampa addosso ad ogni arbusto del giardino di centrodestra alla fine tutto saprà di te.
E il mainstream non potrà fare altro che dar conto in maniera quasi ossessiva delle tue posizioni ed impalcarci analisi nelle praterie di spazio infinito dei “menabò” estivi. Tutto questo a sua volta ingenera un format: la classe media italiana ha un uomo di riferimento. Uno solo ed a capo di un solo partito.
A messa dal “verolano” Zuppi
E se quell’uomo di riferimento ha abbastanza “cazzimma” da andare ad ascoltare la messa con il cardinale di origini verolane Matteo Zuppi, che è brand chierico-prog, gatta ci cova. E la gatta dice che Forza Italia sta guardando ad una certa fetta dem che non è immune alle lusinghe della middle class che sbircia agli ultimi come si guaterebbe uno spunto.
Ventimila ragazzi Agesci sono anche almeno 12mila voti adesso e tanti di più tra qualche anno, non provarci è da fessi. E i frondisti azzurri, quelli che non temono gli scout, ma lo scoutismo del loro segretario, zitti e a cuccia. Sì, ma a Frosinone? E’ lecito pensare ad una conversione a lungo termine degli azzurri verso un certo universo centrista che guarda ai prog? Un mondo che oggi come opposizione è meno skillato degli azzurri ciociari?
L’orizzonte prog che nessuno dice
A questo punto nulla è impossibile perché sì, la situazione è fluida assai. Tanto fluida che Tajani lancia perfino moniti truci: “Non ho mai partecipato a un complotto ma li ho sempre schivati”. E con essi rassicurazioni mielose ma strategiche. mani buttate vanti sul fatto che sì, dietro di lui c’è l’Arcore-Team al completo e nessuno si sogni di pensare a lui come ad un battitore libero.
Piacionismo aziendale e fronda urticante assieme, pericolo imminente e zio bonario, uno ‘Ndonio falso grullo con la roncoletta attaccata dietro la cintola insomma. Uno che riempie perfettamente gli spazi della vignetta che ha diffuso in questi giorni l’amico Antonio Martusciello. E che lo ha fatto magari a mo’ di monito per i cecchini interni. “’Qual è la differenza fra Tajani e Gesù?’. Un ragazzo alza la mano e risponde: ‘Che Gesù è in ogni posto, ma Tajani c’è già stato’”.
Ecco, quando nelle storielle dei politici di rango iniziano ad apparire paragoni e metafore evangeliche, quello è il momento clou. Il momento esatto in cui i protagonisti passano di rango. E da segretari diventano leader. Leader che hanno visto Meloni e Salvini fare summit in Puglia. E che si sono fatti un nodo al fazzoletto grosso così.
Fazzoletto azzurro, magari con qualche striatura di rosso non troppo carico. O di qualunque colore che serva a fare…. centro.