
La provincia di Frosinone vive un grave isolamento, con strade obsolete che ostacolano la mobilità. Nonostante il potenziale flusso di spostamenti interni e esterni, il sistema viario è inadeguato. Il presidente Luca Di Stefano richiede urgentemente opere strategiche per migliorare i collegamenti e prevenire l'irrilevanza economica del territorio.
Isolati. Letteralmente. In un’Italia che corre verso il futuro, la provincia di Frosinone si ritrova con le ruote bucate e la mappa stradale del secolo scorso. Un sistema viario disegnato per la Fiat Balilla, non per una mobilità moderna, efficiente, europea. E mentre tutto intorno si costruiscono connessioni, reti, flussi, qui si resta fermi. O peggio: si arretra.
Una rete che non tiene più

Le strade della Ciociaria sono figlie di un tempo che fu. Sono rimaste quelle. La Superstrada Cassino – Formia era all’epoca un’autostrada senza casello per raggiungere il mare; oggi è una banalissima via di collegamento. Lo stesso vale per la Monti Lepini che doveva collegare Frosinone con Latina: di scorrimento veloce e sicuro è rimasto poco, il traffico industriale soffre su quel traffico.
Il Libro Bianco della Camera di Commercio messo a punto dal vicepresidente Paolo Marini parla chiaro: dal 1991 la provincia si è andata sbriciolando in piccoli centri rurali, sempre meno connessi tra loro, sempre più orientati all’esterno. Un segnale su tutti: Latina ha superato Frosinone per capacità attrattiva. E non da ieri. Dal 2011.
Secondo i dati Audimob, il bacino di Frosinone genera il maggior volume di spostamenti nel Lazio meridionale: 80.423 interni al territorio, 60.275 in uscita, 38.105 in ingresso. Numeri importanti, che però si scontrano con un sistema stradale che non regge. Latina, con una struttura più snella ma più efficace, ha lo stesso numero di flussi attratti. Sora, Cassino, Sabaudia, tutti territori che mandano più persone fuori di quante ne ricevano. E questo la dice lunga: la Ciociaria non trattiene, non intercetta, non valorizza.
L’auto è regina. Il reame è in panne.

Nel Lazio l’auto privata rappresenta il 70% degli spostamenti. Solo a Roma si salva il trasporto pubblico, e non è una sorpresa. Fuori, tra i borghi e le valli, si guida. Sempre. Anche per prendere il treno. È così a Frosinone, dove persino per raggiungere la stazione bisogna usare l’auto. È la normalità. Eppure la rete non è fatta per sostenere tutto questo traffico. Il Piano Regionale dei Trasporti fotografa un paradosso: si va ovunque in macchina, ma senza le strade adatte.
Nel lazio ci sono 9.700 chilometri di rete stradale. Solo il 5% è autostrada. In provincia di Frosinone passa l’A1, certo, ma serve una manciata di centri e lascia scoperto tutto il resto. C’è la SS214 Frosinone-Sora, la SS690 per Avezzano, la SS627 della Vandra, la SS509 per Cassino. È una ragnatela discontinua, disomogenea, a due corsie e mille problemi. I collegamenti con Latina? Roba da rally: la SR156 e la SR630 sono strette, pericolose, senza margini. Non all’altezza, punto.

Nel frattempo, la Pontina (SR148) porta Latina direttamente a Roma. L’Appia (SS7) connette il litorale fino alla Campania. E Frosinone? A guardare il Contratto ANAS aggiornato a maggio 2022, è un’ombra sulla mappa. Sei interventi previsti nel Lazio, uno solo nel Sud, e per Formia. Nient’altro. Nulla su Sora, Cassino, Frosinone. Come se non esistessero.
Serve una visione. E serve adesso.

A battere un colpo è stato Luca Di Stefano, presidente della Provincia, che ha chiesto ad Anas di muoversi. Subito. Basta attendismi. Basta promesse. “Servono opere strategiche” ha detto. E ha ragione. A partire dal raddoppio della Sora-Cassino, essenziale per collegare il mare all’entroterra. Poi il completamento della superstrada Ferentino-Sora-Avezzano, che darebbe finalmente respiro ai collegamenti con l’Abruzzo. Infine la riqualificazione della Monti Lepini-Terracina, oggi imbuto per turisti e tir diretti al litorale.
La strategia è decisa, la decisione politica ed amministrativa è presa. Così, il presidente Luca Di Stefano ha incaricato il suo delegato al coordinamento del Comitato per lo Sviluppo Andrea Amata di chiamare a raccolta Regione, Governo e Anas. Il Comitato per lo Sviluppo è pronto a sedersi al tavolo.

Ma non bastano sedie. Servono decisioni. Cronoprogrammi. Investimenti. Serve un cambio di passo. Perché mentre gli altri territori si organizzano, Frosinone rischia di restare una periferia dimenticata. Non è solo un problema di mobilità. È un’emergenza di sistema. È questo il concetto che Luca Di Stefano ha voluto che emergesse e che ispirasse quel tavolo.
Se Frosinone non viene collegata, resterà tagliata fuori dalle grandi dinamiche di sviluppo. Il rischio è l’irrilevanza. Il futuro non aspetta chi resta indietro. E la Provincia non può permettersi un altro decennio di isolamento. Le strade sono il primo passo. Ma devono esserci.