
Con Bin Salman accordi per 10 miliardi, con reset ed autoassoluzione per quando la premier accusava il principe per Khashoggi
La combo Arabia Saudita-Ciociaria non è molto ricca di episodi totem, ma quei pochi che ci sono sono tutti di calibro. Dal “caso Soulé” del 2024, con il calciatore in prestito al Frosinone dalla Juventus appetito da una squadra araba al… Moscardini. E qui, in questo secondo caso, le cose si fecero da subito più serie. Era il 2023 quando l’allora Vicepresidente della Provincia di Frosinone, Valentina Cambone, prima di cedere il ruolo ad Enrico Pittiglio e con Luca Di Stefano già presidente, andò a rappresentare Palazzo Iacobucci all’aeroporto Moscardini del capoluogo.
Lo scopo? Presenziare alla “consegna dei brevetti da pilota di elicottero a due frequentatori dell’Arabia Saudita”. Due piloti arabi che erano la prova provata di due cose: l’interessamento del paese guidato da Bin Salman per le specializzazioni militari di aeronautica ad ala rotante e la presenza di una precisa formula tra Roma e Riyad. Ribadita in queste ore dall’Ad di Leonardo Cingolani per l’interesse da client di Ryiad sul programma Italia, Regno Unito e Gappone per il caccia di VI generazione in arrivo.
La Cambone ed il Moscardini

Quale? Quella dei rapporti bilaterali, che consente iniziative di reciprocità in determinati ambiti. Ecco, non è più così perché dopo il viaggio di Giorgia Meloni fresca di indagine per il caso Almasri assieme a Carlo Nordio, Matteo Piantedosi ed Alfredo Mantovano a “casa (tenda) Salman” adesso quei rapporti sono di più. Sono stati elevati in upgrade, a “partenariato strategico”, il che presuppone non più occasionali sacche di interesse (quella dell’Arabia per il Moscardini risale addirittura al 2013) ma una cooperazione strutturata.
E’ roba grossa e sugosa per l’Italia meloniana e, presumibilmente, per l’Italia tutta, ma anche roba amara per Matteo Renzi. Per colui cioè che da Bin Salman ci andava da privato cittadino a tenere conferenze retribuite (benissimo ed in maniera del tutto regolare) e che poche settimane fa era stato invece “incarcerato” da una legge che lui ritiene essere stata contra personam.
Quella per cui è fatto divieto a parlamentari e rappresentati istituzionali di rango della Repubblica di ricevere compensi extra Ue, cioè proprio dove Renzi faceva più cassa: a Riyad. Ovvio ed evidente che quel che ha movimentato la premier è materia di pubblico interesse e quel che movimentava Renzi era materia di relazione internazionale con riconoscimento anche per le sue tasche, ma l’ossimoro concettuale resta. Almeno nell’ottica del battagliero senatore di Rignano.
La premier come sir Peter O’ Toole

Insomma, i grazie sono diventati ecumenici e la premier ne sta incassando a iosa, come una novella “Giorgia d’Arabia” che nelle sue peregrinazioni desertiche si è ben guardata dall’incrociare l’imbarazzante ministra Daniela Santanché (che era a Gedda) sotto scacco di magistratura ed opposizioni. E che, emulando il giovane tenente cartografo immortalato nel film con un immenso Peter O’Toole, ha deciso di marchiare la storia ordinaria con l’eccezionalità di quel che lei chiede alla sua persona in chiave politica.
E’ il vecchio ed irrisolto cruccio della Meloni, quello di finire sui libri di storia invece che nei registri di una onesta mission istituzionale. Perciò da “casa Salman” la premier è tornata con patti commerciali per “circa 10 miliardi di dollari”. Lo aveva annunciato alla tavola rotonda di alto livello Italia-Arabia Saudita ad Al-Ula. “Siamo tutti consapevoli che la relazione tra i sistemi economici italiano e saudita ha molti margini di crescita: è nostro comune interesse fare un salto di qualità”.

E dopo il summit con il principe ereditario e primo ministro saudita Mohamed bin Salman ha snocciolato il lessico di un britannico che ha conquistato il cuore dei beduini. Così: “C’è un enorme potenziale non sfruttato nella nostra cooperazione, e questa visita può aprire una fase completamente nuova nella nostra partnership. Per questo, abbiamo elevato le nostre relazioni bilaterali al livello della partnership strategica“.
Distinguo tra comprare e cooperare
Poi il distinguo che, nelle intenzioni, dovrebbe dare polpa a quella che è l’iniziativa cardinale di Palazzo Chigi e della sua inquilina: il Piano Mattei. “A mio avviso c’è una differenza tra il semplice comprare o vendere qualcosa e il cooperare davvero. Cooperare è tutta un’altra cosa, che significa confrontarsi, ragionare insieme sulle indifferenze in uno scenario sempre più incerto in cui saper ascoltare ed essere ascoltati è fondamentale ed è il primo passo. Più il dialogo è franco e intenso, più si svilupperà naturalmente”.

Parlare di franchezza con uno Stato implicato nell’omicidio brutale di Jamal Khashoggi, giornalista saudita del Washington Post e dissidente, ucciso il 3 ottobre del 2018 nel consolato saudita di Istanbul, è difficile ma non impossibile. A patto però che ci si ricordi di quando, all’epoca, da Fdi e da Meloni in persona piovevano strali su esponenti politici di altro fronte.
Il primo marzo del 2021 ad esempio Giorgia Meloni scriveva: “L’intelligence USA collega direttamente l’atroce omicidio del giornalista Jamal Khashoggi in Turchia alla famiglia reale saudita. Ed in particolare al principe ereditario Mohammad bin Salman, che avrebbe dato l’ordine di sequestrarlo e farlo a pezzi per le critiche che muoveva al regime saudita. Si tratta dello stesso principe elogiato servilmente da Matteo Renzi come fautore di un nuovo Rinascimento“.
Poi la futura premier incalzava: “Ma non è solo Renzi che deve chiarire i suoi rapporti col principe saudita, sono anche tutti quei partiti, sinistra in testa, che hanno sempre taciuto sugli Stati integralisti islamici che in nome della Sharia calpestano ogni diritto umano nei loro territori e diffondono propaganda islamista che avvelena il mondo musulmano e crea l’humus nel quale cresce il terrorismo che insanguina l’Europa”.
I soli a denunciare, i primi a scordare

La chiosa di Meloni sa davvero di ragionamento invecchiato malissimo: “Fratelli d’Italia è da sempre l’unica forza politica che ha il coraggio di denunciare i metodi usati da Stati fondamentalisti come l’Arabia Saudita o il Qatar, abituati a comprarsi il sostegno e l’omertà di media e partiti politici”.
Oggi la premier scrive come lei pensi “che Italia e Arabia Saudita possano lavorare molto bene insieme, perché ciò che accade lì è importante per entrambi. Non abbiamo una seconda agenda, come spesso accade con altri attori, e credo che ciò faccia la differenza nel modo in cui si coopera”. E spiega, attaccata dalle opposizioni, che “non c’è nessuna incoerenza” nel suo atteggiamento. Ma non specifica molto bene perché.
Qualcosa deve essere cambiato e non ce ne siamo accorti. Perché giorno dopo giorno a Meloni tocca l’onere peggiore: quello di scoprire la differenza tra sbraitare e governare. E di accorgersi che quella differenza è un boomerang. A volte insanguinato.