Gualtieri, il blitz e l’eterna lotta nel Pd

Come va letta l'operazione compiuta ieri sera in Campidoglio. Le tre righe che lasciano vedere il nervo scoperto. Il rischio dell'Op ostile. E la chiave di lettura del Partito Trasversale del Campidoglio. Sullo sfondo un equilibrio che è venuto a saltare. E rischia di fare danni

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

La sintesi sta tutta in una nota di una sola frase: “Il gruppo Pd capitolino e la maggioranza sono compatti nel sostegno al sindaco e le insoddisfazioni sono limitate ad alcuni esponenti territoriali”. La riporta l’Agenzia Dire e sintetizza il clima del giorno dopo il blitz: quello con cui il sindaco Roberto Gualtieri ha messo a segno un rimpasto lampo che ha trasformato in modo radicale l’assetto della sua squadra di governo e di quella amministrativa. Lanciando così una sfida al centrodestra per la rielezione del sindaco di Roma ed una interna al Pd per i nuovi equilibri di Partito. (Leggi qui: Gualtieri nomina Smeriglio alla Cultura, Ruberti capo segreteria).

Operazione di componente, non di Partito

Claudio Mancini (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

Sono due le espressioni chiave in quella nota di tre righe. Sonoinsoddisfazioneedesponenti territoriali. Significano che il rimpasto lampo annunciato a sorpresa ieri sera intorno alle 19.30 ha lasciato il segno. Non nel Gruppo in Campidoglio. Ma dentro il Pd di Roma. L’operazione è stata letta come un raid dell’onorevole Claudio Mancini e della sua area Rete Democratica, non come un’operazione corale del Partito Democratico per il consolidamento della maggioranza.

Nel Gruppo, l’operazione non ha creato grossi sussulti: perché già dallo scorso febbraio i tre Consiglieri Pd di Area Dem (componente di Dario Franceschini e Daniele Leodori) si erano riposizionati dando vita a Radici Democratiche. Infatti, ieri sera appena il sindaco gli ha comunicato l’operazione hanno chiesto piccoli aggiustamenti interni che non mettevano in discussione il rimpasto. Non hanno chiesto spiegazioni politiche a quel riassetto.

I malumori vengono dall’esterno del Campidoglio, dalle stanze del Partito Democratico. Dove le altre componenti hanno saputo del rimpasto, dei nuovi equilibri e dei nuovi assetti leggendolo dai siti e dalle agenzie. Clamorosa l’indiscrezione secondo la quale il Segretario romano del Pd Enzo Foschi fosse del tutto all’oscuro. Ed escludere Enzo Foschi significa non coinvolgere Nicola Zingaretti.

Il rischio dell’Opa ostile

Daniele Leodori (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Il che ha dato spazio all’interpretazione di un’operazione ostile. Perché se da un lato è vero che i tre di AreaDem si sono spostati in un’altra posizione interna, altrettanto è vero che le altre sensibilità Pd si aspettavano un coinvolgimento nel rispetto del loro impegno per raggiungere l’elezione del sindaco Gualtieri. Una questione di forma che però è sostanza.

Con la quale riaccendere l’eterno scontro interno tra l’area di Claudio Mancini e quella che fu del compianto Bruno Astorre ed oggi è guidata da Daniele Leodori. Una contrapposizione che ha avuto riflessi sulle scorse elezioni Regionali del Lazio, contribuendo insieme alla posizione del M5S a determinare la sconfitta. E che ha avuto ulteriori riflessi sulla corsa per eleggere il Segretario Nazionale.

Per contro: la stagione che ha visto le due aree capaci di individuare un equilibrio di sistema è coincisa con l’elezione di Nicola Zingaretti in Regione, Roberto Gualtieri al Campidoglio, la celebrazione di un Congresso regionale vero con una conta senza tregua ma senza morti e feriti politici lungo il percorso.

Non si poteva perdere un solo secondo

Roberto Gualtieri (Foto: Andrea Di Biagio © Imagoeconomica)

Esiste però anche un’altra chiave di lettura. Per comprenderla occorrono un altro paio di elementi. Il primo lo ha fornito oggi il sindaco Gualtieri, scrivendo su Facebook “La Capitale non si ferma. Preso atto della scelta dell’assessore Miguel Gotor di dimettersi abbiamo ritenuto importante non perdere un secondo e rimettere subito in corsa la macchina, per garantire piena operatività a Roma in una fase di eccezionale trasformazione e di sfide decisive per il futuro“.

In pratica: ‘non si poteva perdere un secondo‘ e ‘La Capitale non si ferma: è in fase di trasformazione e sfide‘.

C’è poi la vulgata secondo la quale direttamente il sindaco Gualtieri avrebbe tentato di informare Enzo Foschi prima dell’annuncio ma proprio in quel frangente il Segretario si trovava in una zona priva di campo radiolettrico per lo smartphone.

Partito trasversale del Campidoglio

Goffredo Bettini (Foto Leonardo Puccini / Imagoeconomica)

Fatte e prese per buone, con ogni beneficio d’inventario, queste due premesse: sul piano politico si sta tentando di dare vita ad un ‘partito trasversale del Campidoglio‘. E l’operazione si comprende se viene osservata senza tenere in mano la mappa delle componenti. E senza posizionare il binocolo sull’altura della Regione Lazio. La partita si comprende se la si legge come il tentativo di emulare le migliori stagioni del ‘modello Roma’ guidato nel passato da Goffredo Bettini.

Non a caso proprio Bettini profetizzò un impiego di Smeriglio nella Giunta di Gualtieri. Lo scrisse alla fine dello scorso gennaio quando l’allora eurodeputato Pd lasciò il Partito per ricandidarsi ma nella lista di Alleanza Verdi Sinistra. Scrisse il papa nero del Pd: “Quando si allontana un dirigente del valore di Massimiliano Smeriglio, resta sempre l’amaro in bocca. E’ stato un protagonista del governo della Regione negli anni migliori di Zingaretti; sono sicuro continuerà ad esserlo a Roma con il sindaco Gualtieri“.

L’ora della discussione

Elly Schlein (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Si affilano i coltelli in vista della Direzione e dell’Assemblea del Pd di Roma convocate per sabato. Il caso approderà lì. Il vero nodo sta nella rottura di un equilibrio che fino alle scorse Europee sembrava stare in piedi, sulla base dei campi di forza definiti dal Congresso Regionale culminato con le elezioni di Daniele Leodori come Segretario regionale e Francesco De Angelis come Presidente Pd del Lazio.

In assenza di un equilibrio che passi per le elezioni comunali di Roma, le Regionali del Lazio e le varie tappe intermedie, si rischia una guerra guerreggiata in un clima di costante confronto interno. Era quello che l’elezione di Elly Schlein avrebbe dovuto superare. Chiunque avesse pensato una cosa simile nella Democrazia Cristiana sarebbe stato accompagnato ad indossare una camicia di forza: il Pd è cosa diversa sul piano dei tempi, dell’ideologia ma è cosa uguale in quanto Partito strutturato e dalle varie sensibilità. Negarlo equivale a lasciare che l’assenza di un equilibrio mantenga in conflitto i fronti interni. Ma gli avversari stanno fuori dai Partiti e solo dopo averli superati ci si può dedicare ai fronti interni.