I disastri della Legge Elettorale: Storace «Io la soluzione la trovai»

Il dibattito sulla Legge Elettorale del Lazio. Ed i suoi limiti evidenti. Francesco Storace, ex governatore, trovò la soluzione nel "Listino" per l'elezione equa di un nucleo di Consiglieri regionali, bilanciando province e genere. Critica la legge elettorale attuale: "Se poi una volta eletti scappano a che serve?”

Io la soluzione la trovai col “Listino” più giusto che ci fosse: tutte le province rappresentate, metà uomini e metà donne. Il resto è fuffa, demagogia, palazzo”. Francesco Storace ha governato la Regione Lazio dal 2000 al 2005 prima di andare a fare il Ministro della Salute nel terzo Governo guidato da Silvio Berlusconi.

Sotto il suo mandato venne messo a punto il nuovo Statuto della Regione Lazio: permeato di una forte impronta cattolica e del dialogo inteso che Storace aveva con il mondo della Chiesa. Lì c’era la famiglia come nucleo centrale della società laziale: non una famiglia qualsiasi ma quella fondata sul matrimonio, celebrato in Chiesa o in Comune non faceva differenza. Da lì derivarono i sussidi per le ragazze madri, il sostegno agli oratori

Le elezioni secondo Francesco

Francesco Storace

Soprattutto c’era il nucleo portante delle regole per eleggere i 70 Consiglieri regionali del Lazio. Sessanta indicati direttamente dai cittadini con le loro preferenze, dieci al seguito del candidato Presidente eletto senza doversi far votare personalmente. Stava al candidato Presidente allestire un Listino ben bilanciato: quello di Francesco Storace prevedeva 5 nomi romani e 5 dei territori e cioè uno per ciascuna Provincia. Bilanciato anche sulla rappresentanza di genere: metà uomini e metà donne.

Per lui era questa la soluzione più equilibrata. Lo dice alla luce del dibattito che si sta aprendo per una revisione della Legge Elettorale Regionale. Quella di Storace venne modificata sul finire del primo mandato di Nicola Zingaretti. Ed ha messo in luce alcune lacune clamorose. L’esempio più lampante è quello che riguarda il l’assessore della Lega Pasquale Ciacciarelli: con 14.030 preferenze a Frosinone non è stato eletto, il suo collega Angelo Tripodi a Latina è entrato con 8.119. Il primo ha preso il 12,31% dei consensi mentre a Latina la percentuale è stata del 12,71%. Cioè a Ciacciarelli sarebbero serviti altri 450 voti per far scattare il seggio e toglierlo a Latina.

Ma non è l’unico paradosso. La provincia di Rieti ha 150mila abitanti ed elegge 2 Consiglieri, la provincia di Viterbo ne ha 300mila e sempre 2 ne elegge, mentre Frosinone ha mezzo milione di abitanti e ne elegge solo uno in più nonostante abbia 3 volte gli abitanti della Sabina e quasi il doppio di quelli della Tuscia.

Serve un vincolo

Il dibattito che sta iniziando a prendere corpo riporta a molto della Legge elettorale di Storace. Che fissava il numero di consiglieri che sarebbero stati eletti, provincia per provincia. Cioè si stabiliva da prima, in base alla popolazione, quanti Consiglieri regionali sarebbero stati eletti.

Ma c’è anche un altro aspetto che oggi Francesco Storace richiama all’attenzione: «Se eleggi i Consiglieri e quelli scappano altrove a che serve parlare di legge elettorale?». Il riferimento è al fatto che i Consiglieri Regionali, così come i parlamentari nazionali, sono soggetti solo al giudizio del loro elettori. Cioè non sono vincolati a restare sotto la bandiera nella quale sono stati eletti. È accaduto anche in questa Legislatura regionale: Forza Italia è passata da 3 Consiglieri eletti a 7 Consiglieri. Lo ha fatto imbarcando 2 esponenti del Movimento 5 Stelle e 2 della Lega.

In questo modo – fa capire Storace – chiunque governi deve occuparsi anche delle dinamiche interne, sottraendo energie alla gestione dei territori. Per questo, suggerisce «Una riflessione sull’inserimento di un vincolo di mandato».