Ogni mattina, a migliaia, si imbarcano in quelle che è diventata ormai un'avventura: tra problemi tecnici, ritardi e scioperi
Sono migliaia, iniziano ad arrivare ogni mattina. Si accalcano sotto le pensiline quando è ancora notte, continuano lentamente fino alle prime luci del giorno. Lo fanno a Cassino, a Roccasecca, a Ceccano, a Frosinone, a Ferentino, ad Anagni: salgono sui treni regionali che arrivano alla Stazione di Roma Termini. E ogni giorno tutti loro si fanno sempre la stessa domanda: che succederà oggi? È un’avventura il loro viaggio verso la Capitale.
I pendolari Ciociari che sono costretti, per studio o lavoro, ad utilizzare la tratta ferroviaria Cassino-Frosinone-Roma, non sanno mai cosa capiterà lungo il tragitto. Viaggiano con il brivido dell’imprevisto: all’andata o al ritorno dalla Capitale. Una sorta di thriller cinematografico del trasporto ferroviario.
Come in un thriller su rotaia
Sanno a che ora suona la sveglia ed a che ora arriveranno in stazione: poi comincia il brivido dell’imprevisto. Nessuna certezza che il treno si affacci dalla curva in fondo ai binari, un’oscillazione più o meno ampia sui minuti di ritardo che farà, nessuna garanzia di timbrare in orario sul posto di lavoro o all’università. Meno certezze ancora nel pomeriggio: se riusciranno a rientrare a casa in tempi umanamente accettabili. L’unica cosa che arriva con imbarazzante puntualità è l’annuncio del ritardo del treno.
Si tratta di una moltitudine enorme di persone, alle quali nessuno riesce più a disegnare sul volto un sorriso. Perché la frustrazione, l’angoscia, in alcuni momenti la disperazione e alla fine la rassegnazione, hanno ormai trovato stabile residenza nelle loro vite. Di pendolari. Di disperati. Coloro cioè che hanno perso la speranza che le cose possano migliorare.
La dignità “sotto ad un treno”
Ma soprattutto di persone, giovani ed anziani, che vedono la loro dignità calpestata e violentata. Da ritardi, cancellazioni, guasti sulla linea, eventi accidentali, cali di tensione elettrica, precedenze con altri treni veloci, vagoni iperaffollati oltre la normale capienza. E poi servizi igienici inutilizzabili, carrozze inspiegabilmente calde d’estate e fredde d’inverno, e ogni ulteriore casistica di disagio e stress, che chi deve raggiungere la Capitale con il treno conosce perfettamente e sperimenta sulla propria pelle.
Ogni giorno. Si tratta di militari, insegnanti, docenti, professionisti, avvocati, personale ausiliario della scuola. E medici, infermieri, ministeriali, impiegati pubblici e privati, bancari, operai, poliziotti, carabinieri, studenti, commesse, operatori della ristorazione. E chi più ne ha, ne metta. Nessuno di loro si alza quando fuori è ancora notte per un capriccio personale, non lo fanno per loro divertimento. Ma perché c’è il pane da portare a casa, il servizio da svolgere, la lezione da seguire, l’esame da sostenere.
Con la macchina non è possibile andare: tempi impossibili, costi proibitivi. Nella capitale non c’è possiilità di alloggiare: l’affitto costa più di un mutuo a Frosinone. Il treno è proletario.
La diagnostica ferma sui binari
Porta spesso anche tante persone anziane che devono raggiungere la Capitale per effettuare importanti esami clinici o cure mediche. In casa non ci sono quasi più i figli che una volta si facevano carico di accompagnare gli anziani: i figli sono sempre meno ed il lavoro è sempre più lontano. Una volta esportavamo braccia, ora cervelli: poco male l’importante è che stiano bene. E così gli anziani a Roma le visite vanno spesso a farle soli. Dovrebbero arrivare in orario e, se possibile, senza alcuno stress ulteriore.
Hanno paura gli anziani. Perché tutto diventa precario, il mondo intorno a loro è cambiato: non hanno più la forza per dominarlo che li animava da giovani. E allora per paura di sbagliare partono prima, cercano di andare in anticipo e si lasciano una possibilità di errore. Si spostano da casa solo per necessità. Reale necessità. Ed in questi casi la puntualità è tutto.
Non chiedono l’impossibile ma un sistema di trasporto ferroviario nella tratta FL6: dignitoso, puntuale, efficiente, in linea con gli standard degli altri Paesi europei.
Una tratta tra le più utilizzate
Ma che così non è. Mai. Almeno sulla linea Cassino-Roma-Cassino. Sono gli invisibili. Cittadini italiani (ma anche tanti stranieri): che pagano regolarmente le tasse oltre a un oneroso abbonamento. Invisibili dei quali nessuno si preoccupa se non in occasione di qualche campagna elettorale. Per poi, ad elezioni concluse, ritornare ad essere solo un fastidioso problema.
Eppure, la tratta ferroviaria Cassino-Roma è una delle linee più utilizzate del Lazio, collega numerosi comuni e serve quotidianamente migliaia di pendolari e viaggiatori. Le cause che determinano questa sorta di quotidiano girone dantesco sono tutte note e da tempo.
Ad esempio i Binari Obsoleti: in vari punti della linea, i binari richiedono interventi di manutenzione straordinaria per garantire un flusso costante e sicuro del traffico. Oppure, la Segnaletica e Sistemi di Controllo. In alcune stazioni o tratti, la segnaletica e i sistemi di controllo risultano datati, causando rallentamenti e difficoltà nella gestione del traffico ferroviario.
Più una ulteriore precisa serie di concause tecniche e gestionali (il pesce puzza sempre dalla testa) altrettanto note, da altrettanto tempo. Ma, di fatto, sempre ignorate o comunque sottovalutate, da chi avrebbe il dovere di intervenire e per questo rimaste irrisolte.
Diritto allo sciopero, dovere di soffrire
A questo quadro di perenne incertezza e disagio per chi viaggia, si aggiungono gli scioperi del personale ferroviario. Ormai a cadenza settimanale. Un diritto sacrosanto: anche per chi lavora in un servizio pubblico essenziale come il trasporto ferroviario. Ma c’è qualcosa che non quadra.
Non quadra se incrociare le braccia deve servire ad ottenere qualcosa. Si crea un disagio per spingere qualcuno a fare. Perché il danno creato dal disagio è tale da indurre a riconoscere ciò che gli sciperanti chiedono. L’ultimo – proclamato martedì dalle 9 alle 17, in seguito all’accoltellamento di un capotreno sul Genova-Busalla – ha trasformato nell’ennesimo incubo la giornata dei tanti pendolari partiti dalla provincia di Frosinone. In questo caso, lo sciopero non ha danneggiato Ferrovie: è ricaduto tutto intero sulle spalle dei pendolari.
Che, per l’ennesima volta, si sono trovati a fronteggiare, senza armi e senza alcuna colpa, ritardi enormi e cancellazioni di treni per raggiungere casa.
Al limite della sopportazione
Quella dei pendolari che utilizzano la tratta ferroviaria regionale Cassino-Frosinone -Roma è una situazione giunta ormai al limite della umana sopportazione. Fisica e psicologica. Ed il dramma ulteriore è che non frega niente a nessuno.
Nessuno interviene. Nessuno assume provvedimenti. Nessuno prova a migliorare, seriamente, il servizio che, paradossalmente e nonostante gli annunci roboanti di politici e istituzioni, va sempre peggio. Invece di migliorare.
Figuriamoci cosa potrà accadere l’anno prossimo con il Giubileo straordinario della Chiesa, quando a Roma sono previsti milioni di pellegrini. Di questo passo, il collasso del sistema ferroviario è pressoché garantito. Non è più una mera ipotesi.
Gli unici che reclamano, che gridano la loro disperazione, che chiedono attenzione, che si indignano, che vorrebbero qualcuno a curarsi di loro, sono i pendolari. Certo negli anni, – perché questa totale inefficienza del trasporto ferroviario regionale, parte oggettivamente da lontano – non sono mancate, puntuali come le cambiali, le inutili quanto irritanti convocazioni dei vertici di Trenitalia, nelle commissioni regionali. Oppure, le audizioni in sede parlamentare del Management delle Ferrovie. Risultati? zero carbonella.
Le “Catilinarie” che non trovano risposta
Solo qualche bel comunicato stampa o intervista giornalistica, utile esclusivamente ai protagonisti istituzionali, per far vedere alla gente, e agli stessi pendolari, che si stava facendo qualcosa. Ma in realtà è stata sempre la solita fuffa. Una fuffa stucchevole, irrispettosa e fastidiosa. Che non incanta più nessuno, che invece rivela la totale drammatica inadeguatezza del servizio del trasporto regionale.
Che le risorse economiche nazionali e i vari fondi FESR negli anni avrebbero dovuto migliorare. Mentre a Frosinone si guarda al futuro, con il progetto della nuova stazione ferroviaria e della linea ad Alta velocità, i pendolari ciociari, che ogni giorno si recano a Roma, vivono un dramma. Non è bello. Non è normale. E nemmeno giusto.
“Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?”