I falsi consociati

La falsa storia che in provincia di Frosinone esista un accordo contronatura tra Pd e FdI. E che addirittura governerebbero insieme. Ecco cosa dicono i fatti

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

A riflettori spenti e palcoscenico svuotato, ci sono alcuni elementi rimasti sullo sfondo della telenovela sul ministro Gennaro Sangiuliano che ha occupato in maniera intrigante l’estate. Abbandonati nell’ombra, possono essere scambiati per oggetti di scena secondari e privi d’importanza. Non è così.

Non lo è in particolare per quello che può essere considerato uno specchio deformante, del tipo che un tempo si trovava nei Luna Park: nei quali l’immagine veniva riflessa in maniera distorta e surreale.

I finti consociati

Fabio Tagliaferri ed Alessandro Giuli

Con l’esperienza di chi le scene le ha calcate fin da bambina, Giorgia Meloni ha imposto subito l’uscita di scena per il Ministro mettendo fine ad uno spettacolo che avrebbe logorato l’immagine del suo esecutivo. In genere il pubblico non ama gli spettacoli che finiscono subito e all’improvviso: così gli scenografi hanno provato a riempire il palco con uno spettacolo di rabboccatura nella speranza che saziasse la platea. Entra così sotto i riflettori l’ex vicesindaco di Frosinone Fabio Tagliaferri con una telenovela nella quale è stato complesso comprendere la trama: se il titolare era accusato di avere intrigato con la stagista, a lui si addebitava d’essere nato a Frosinone e di avere campato con una sua società di autonoleggio, oltretutto senza rubare né compiere manovre losche. Il sipario è calato subito.

Lasciando però un oggetto di scena che va chiarito: altrimenti quello specchio deformante rischia di alterare l’intera immagine residua. Quella che ritrae la politica della provincia di Frosinone.

Nei palazzi romani e nei resoconti riportati su più di un giornale nazionale, si è data l’idea che negli Enti e nelle società pubbliche della provincia di Frosinone sia in atto un accordo contronatura tra Partito Democratico e Fratelli d’Italia. Una sorta di patto consociativo in base al quale due formazioni politiche dalle ideologie contrapposte e antitetiche si sarebbero bellamente messe d’accordo per spartirsi il potere. È un’immagine distorta.

Confronto si, inciucio no

Antonio Pompeo (presidente della Provincia – Pd) e Daniele Maura (suo delegato all’Aula – FdI)

I massimi rappresentanti di questo consociativismo contro natura, stando all’immagine proiettata sarebbero proprio gli esponenti massimi dei due Partiti sul territorio. Non furieri o retroguardie ma proprio generali e stati maggiori. Che rispondono ai nomi dell’ex parlamentare Ue Francesco De Angelis e dell’ex senatore ed oggi deputato Massimo Ruspandini.

Chi ha fatto notare quell’immagine distorta ne ha fornito anche le evidenze. Esaminandole anche con poca attenzione si scopre che sono come l’immagine riflessa di cui si innamorò Narciso: soltanto un riflesso.

La prima evidenza portata è il fatto che Pd e FdI governino insieme la Provincia di Frosinone. Vero. Ma della cosa andrebbe chiesto conto non a Ruspandini e De Angelis bensì a Graziano Delrio e Matteo Renzi con la loro psichiatrica riforma che ha castrato le vecchie Province. Mettendo da parte il fatto che i risparmi sono stati pari allo zero periodico, in Ciociaria quella decisione ha prodotto un Frankenstein politico: dalla prima elezione l’aula di piazza Gramsci è risultata divisa a metà.

Graziano Delrio

Con saggezza, il primo presidente Antonio Pompeo ha scelto una via che è stata portata avnti in tutte le sue quattro consiliature. E cioè: la riforma ha voluto le Province come enti di secondo livello e allora tutti devono essere rappresentati, non c’è maggioranza ed opposizione, ognuno deve avere un ruolo. Lo stesso ha fatto il suo successore Luca Di Stefano. Il presidente Dem (Pompeo) ha voluto che il presidente d’Aula fosse di centrodestra: il primo fu Danilo Magliocchetti (Forza Italia), poi sono stati Daniele Maura (FdI), Luca Zaccari (Lega).

Per essere chiari: Antonio Pompeo è l’antitesi interna a Francesco De Angelis: se uno dice che fuori è giorno l’altro assicura che sia notte. Impossibile sostenere la tesi dell’inciucio.

Il patto alla Saf

Fabio De Angelis

La seconda evidenza portata è quella del board di Saf, la società a capitale interamente pubblico che si occupa dello smaltimento dei rifiuti prodotti nei 91 Comuni della provincia di Frosinone. A presiederla è il dottor Fabio De Angelis di Fratelli d’Italia che si vuole sia stato eletto attraverso un patto con il Partito Democratico che esprime in CdA l’ex presidente del Consiglio regionale del Lazio Mauro Buschini.

Le evidenze dicono altro. E pure il Codice Civile. Perché Saf – Società Ambiente Frosinone è una Società per Azioni di diritto privato seppure a capitale interamente pubblico. Non appartiene ai Partiti politici ma in parti assolutamente uguali (a prescindere da abitanti, estensione, immondizia prodotta) ai 91 Comuni ciociari più l’ente provincia.

L’assemblea dei sindaci sulla Saf

Ne consegue che ad eleggere il suo presidente ed il CdA sia l’assemblea dei soci, una larga parte dei quali non ha tessera di Partito ed appartiene a quell’area dei non allineati pronta a posizionarsi in base alle convenienze amministrative di volta in volta.

Sciocco sarebbe dire che i Partiti non mettono il becco. Altrettanto sciocco sarebbe dire che possono determinare da soli il risultato. O si giunge ad un compromesso o non se ne esce. Perché se l’Ente Provincia è storicamente diviso in due blocchi, i Comuni ciociari sono divisi in tre blocchi: centrodestra, centrosinistra e non allineati. Dentro ci stanno tutti perché i rifiuti non sono solo di destra o di sinistra.

I casi di Ferentino e Veroli

Piergianni Fiorletta

C’è poi un’altra evidenza che viene portata: le amministrazioni comunali di Ferentino e Veroli. Che è forse il tema più sensato. Ma per il motivo opposto a quello che è stato indicato. A Ferentino ha rivinto le elezioni Piergianni Fiorletta: era stato sindaco per due mandati dieci anni prima, ha partecipato alla fondazione del Partito Democratico nel Lazio. Nonostante questo ha capitanato una coalizione nella quale hanno partecipato liste civiche con esponenti della Lega e di Fratelli d’Italia.

Una cosa analoga è accaduta a Veroli dove Germano Caperna (già Consigliere provinciale Pd poi passato con Italia Viva seguendo la svolta di Matteo Renzi) ha stravinto come Fiorletta al primo turno. A sostenerlo c’erano anche liste civiche con esponenti di Lega e Fratelli d’Italia.

In entrambi i casi l’evidenza è una: Piergianni Fiorletta e Germano Caperna erano i candidati più popolari ed avrebbero vinto comunque le elezioni; forse non con quel distacco siderale e forse non al primo turno. Avrebbero vinto comunque perché entrambi hanno avuto la capacità di non buttarla in politica bensì di mettere le loro città al centro del progetto presentato ai cittadini. Infatti, entrambi ora governano con un esecutivo di stampo amministrativo.

La tara dai due esempi

Il sindaco Germano Caperna ed il vice Francesca Cerquozzi (Foto: Gianluca Franconetti)

Vero quello che a Ferentino dice un giorno si e l’altro pure, l’ex sindaco Antonio Pompeo. E cioè che il nodo arriva al pettine ogni volta che si presenta una mozione sull’autonomia differenziata o su argomenti divisivi. Lì la maggioranza si dissolve. Ma altrettanto è vero che quei temi è sempre lui a sollevarli dall’opposizione e non fanno parte del programma amministrativo della città: scuole, parcheggi, sviluppo industriale.

I Partiti farebbero bene a studiare i casi di Ferentino e Veroli, rileggendoli alla luce della profezia fatta da Francesco Cossiga dopo la caduta del Muro di Berlino: i Partiti hanno esaurito il ruolo che gli era proprio fino a quel momento, ora il mondo è cambiato. Ha modificato le sue distanze e le sue dimensioni. Al punto che parlare di politica e di Partiti in Comuni che hanno circa 20mila abitanti ormai appare antistorico. Lo hanno detto i cittadini – elettori di Veroli e Ferentino che hanno votato con il 60% quelle coalizioni. Provate a dirlo a loro che è ‘consociativismo