I veri vincitori in Toscana: Renzi, Bundu e l’astensionismo a Livorno

Le vittorie nella vittoria e le piccole sconfitte interne in un voto toscano che sta già prospettando nuovi scenari

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Piangono soprattutto Giuseppe Conte e Roberto Vannacci. Ma il dato è un altro, il dato è cercare di capire chi ride oggi dopo il voto regionale in Toscana che ha confermato Eugenio Giani Master and Commander di una Regione che è “rossa” dal 1970. (Leggi qui: L’ultima trincea rossa tiene ancora. Ma quante crepe nei muri della Toscana).

A dirla tutta ridono in tre, anche se non sempre c’è da ridere. Se la ride innanzitutto l’astensionismo ormai fisiologico di un Paese che non intercetta più troppo i voti dei cittadini moderati. Basti pensare che a Livorno, tecnicamente una delle cinque città più rosse d’Italia, non si è andati oltre il 40%, e se un comunista non va a votare…

Il sorriso di un ex premier

Se la ride poi la “nemesi” di questo stato dell’arte, con il risultato eccellente di Casa Riformista, per cui in casa di Matteo Renzi, che sulla campagna elettorale ci ha speso l’apporto calorico di un T Rex, qualcosa di centrista comunque è spuntato.

E se la straride Antonella Bundu, che sotto il vessillo tecnico di Toscana Rossa ha capitalizzato più voti della fallimentare Lega con subdelega ardita di Matteo Salvini ad un ex generale amante delle vestaglie e del lessico destrorso radicale.

Sì, è vero, se la ridacchia anche Elly Schlein, che con il “lusinghiero” ma sindacale risultato conseguito (dead line al 33% con oltre il 34%) ha scansato la Notte dei Lunghi Coltelli dei riformisti. Ma Giani è un riformista, e i voto riformisti di Renzi l’hanno spinta oltre la stessa deadline oltre la quale sarebbe scattata la berlina inside al Nazareno.

Resa dei conti scansata?

Insomma, incastri nuovi e vecchie combinazioni che hanno un po’ sparigliato le carte, un po’ lasciato il vecchio “castello” del nonno sul tavolo.

Ieri sera un sornione Matteo Renzi, ad esempio, è stato ospite da Lilli Gruber ad Otto e Mezzo, e qualcosina l’ha lasciata intendere. Innanzitutto il suo antico mantra, che poi sarebbe quello per cui con una Casa Riformista forte, agguerrita ed allargata Meloni al Quirinale nel 2029 non ci andrà.

Poi ha lanciato un segnale distensivo… ad Elly Schlein anche quando la conduttrice sottolineava la sudditanza della segretaria dem al massimalismo di un Giuseppe Conte che neanche ha superato la soglia di sbarramento.

La mano tesa ad Elly

Matteo Renzi ed Elly Schlein (Foto materiali Immagoeconomica)

Ed il perché è intuibile: Renzi sa benissimo un paio di cose. Che gli appetiti polarizzanti della leader del Pd escono fortemente ridimensionati dal voto toscano perché senza i riformisti suoi e di Giani non sarebbe andati a vincere, mentre si sarebbe vinto tranquillamente anche senza sacrificarsi e mettersi i Cinquestelle “in casa”.

Poi che se lui non approfitta di questo momento “magico” per la sua Creatura per contrabbandarla come panacea e format nazionale perde un treno. E l’auspicata stagione delle tribune centrali di nuovo piene con le curve mezze deserte della politica italiana tarderà.

E lui, che oggi è tra i vincitori, questo non può permetterselo.