Il capogruppo di Fdi propone di intitolare una piazza ai “rossi”

Cesare Bruni ha ricordato a Latina di essere capitale e non una piazza con intorno dei borghi. E l'occasione è l'eccidio di Roccagorga avvenuto nel 1913

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Ci voleva uno di destra, ma destra destra a richiamare il “dovere” di Latina di ricordare l’eccidio di Roccagorga con l’intitolazione di una strada. Roccagorga, provincia di Latina.

Una proposta davanti ad una Latina che non ha mai compreso il suo ruolo politico di Capoluogo, inteso come Capitale di un territorio ed invece si è chiusa in se stessa. Rinunciando così al suo dovere di traino, di proposta, di guida.

Cesare Bruni, capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio comunale, fa la proposta di intitolare una strada all’eccidio dei rossi non per provocazione politica né per ricerca di una patente democratica. Lo fa solo per passione della storia e perché non è che celi le sue origini di Roccagorga.

Lo ha spiegato in dialetto

Cesare Bruni

Anzi ha parlato in dialetto in Consiglio comunale a Latina davanti a troppi che negano i loro idiomi di origine.

E questo ha dato un valore ancora più forte alla sua proposta. Perché è proposta della terra, che viene dalla terra, per tutelare la storia della terra. Senza vergogna delle radici.

Una volta mia zia Maria si accorse che facevo finta di non vedere mio padre che tornava sporco dall’oliveto: mi diede l’unico scappellotto che ho ricevuto in vita. E mi impartì l’ordine, forte e categorico: mai rinnegare le tue origini. Ammiro quindi chi lo fa: a prescindere dalla tessera politica e dalle convinzioni.

La Campagna dell’Avanti di “M”

C’è anche un altro valore storico: i fatti di Roccagorga furono oggetto di una campagna stampa, la prima in Italia, condotta dall’ Avanti! il quotidiano del Partito Socialista. Allora a dirigere il giornale era Benito Mussolini, socialista rivoluzionario, antimilitarista e antigiolittiano: l’eccidio di Roccagorga fu il fatto di sangue più grave del periodo.

Lo racconta con rara precisione di dettagli il volume “Roccagorga, dalle origini ad oggi” di Antonio Restaini. Correva l’anno 1913 ed eravamo ancora lontani dalla Prima Guerra Mondiale e la sua macelleria. Nel giorno dell’Epifania ci fu a Roccagorga un comizio della “Società Agricola Savoia”. In quel tempo il Regno d’Italia era governato da Giovanni Giolitti, figura storica che durante i suoi Governi approvò molte leggi dalla forte impronta sociale: il riconoscimento dell’invalidità e della vecchiaia, degli infortuni, del lavoro femminile e quello infantile. Aveva ottenuto importanti successi anche all’estero: l’Italia conquistò la Libia al termine della guerra contro l’impero Ottomano.

Ma le tensioni interne non mancavano. Su tutte la questione di un Mezzogiorno alla fame. In quel 1913 Roccagorga era inserita nel Circondario di Frosinone: povero, senza industrie, dove i lavori principali erano quelli di bracciante, ed i qualificati erano zappaterra o badilante; Roccagorga era il centro più povero tra i più poveri, con meno di 2500 abitanti ed un forte tasso di emigrazione verso le Americhe.

Il comizio e gli spari 

La piazza di Roccagorga

In quel comizio si parlò proprio di riscatto sociale. Gli animi erano infiammati e si verificarono incidenti. Nel corso dei quali i più esaltati dissero di voler occupare il Municipio. Le forze dell’ordine si schierarono in difesa del palazzo ed aprirono il fuoco sulla folla lasciando sul terreno morti e feriti.

I contadini manifestavano pacificamente a difesa dei loro diritti. Sette furono i morti fatti dai fucili dei soldati regi, tra le vittime un bimbo.

La sinistra di Latina si è guardata bene da rivendicare questa storia, come non conosce gli scioperi alla rovescia, l’occupazione delle terre, la rivolta delle arance. Merito a Cesare Bruni di aver ricordato a Latina di essere capitale e non una piazza con intorno dei borghi, sarebbe come se la Ferrari si sentisse produttore di monopattini.