
Il giudizio a tratti implacabile dell'ex presidente della Provincia sulle soluzioni amministrative a Ferentino e Veroli
“Il fritto misto non lo condivido”: non parla di ristoranti, Francesco Scalia. Avvocato di fama nazionale, inserito nel Top 50 del Libro d’Oro degli esperti di Diritto Amministrativo italiani, prima di tornare a concentrarsi sulla professione e sull’insegnamento universitario è stato senatore. Poi assessore regionale, presidente della Provincia (quando li eleggevano i cittadini) e prima ancora giovanissimo sindaco di Ferentino.
In diretta Tv l’altra sera su Teleuniverso nella puntata di A Porte Aperte non le ha mandate a dire.
Il pensiero a due binari di Scalia

Al contrario: Scalia ha detto con chiarezza devastante cosa pensa delle vicende della sua Ferentino ma anche di Veroli ed ora di Frosinone. Tra città che hanno alla loro guida sindaci di un colore politico sostenuti però da una maggioranza che coinvolge anche i colori politici opposti. A Veroli il sindaco Germano Caperna (Italia Viva) amministra insieme al Pd e ad esponenti di Fratelli d’Italia; a Frosinone il sindaco Riccardo Mastrangeli (civico di indicazione Leghista) ha blindato la sua rissosa maggioranza grazie ai voti del suo avversario alle urne Domenico Marzi che è stato tra i fondatori del Pd.
A Ferentino Francesco Scalia è stato sindaco dal 1996 al 2001. Oggi in quel palazzo municipale indossa la fascia tricolore il suo amico Piergianni Fiorletta che aveva già ricoperto la carica per dieci anni, per altri dieci era stato in Aula mentre amministrava un altro amico di Scalia, Antonio Pompeo. Poi il ritorno in prima linea ed il terzo mandato. Questa volta però, Fiorletta è sostenuto da un’ala del Pd (quella che fa riferimento ad Area Dem), da esponenti di Fratelli d’Italia e della Lega: tutti rigorosamente sotto una bandiera civica, mentre il Pd ufficiale di Pompeo sta all’opposizione.
Le orecchie che fischiano a Ferentino

“La mia fu una stagione di grande confronto ma ognuno con i propri simboli. Poi quando c’era da governare veniva prima di ogni cosa il territorio. Faccio un esempio. Anche all’epoca c’era una questione simile a quella dei giorni attuali con le aree Zes: le Province di Frosinone e Latina vennero escluse da quei Fondi Strutturali e di Coesione. Erano amministrate rispettivamente da una giunta di centrosinistra e da una di centrodestra presieduta da Armando Cusani. Ma nonostante questa differenza politica facemmo squadra, convocammo gli Stati generali delle due province ed insieme riuscimmo ad ottenere l’ammissione a quei fondi, dai quali eravamo stati tenuti fuori per far entrare Roma. Ci si confrontava ma dopo il voto. Qui invece siamo in presenza di esperimenti di fritto misto che non condivido”.
È la sconfessione di un modello politico. E di un’amministrazione in carica. Per Scalia è lecito discutere ed eventualmente accordarsi nel nome del territorio ma solo dopo una conta chiara che abbia stabilito con esattezza le posizioni di ciascuno. I grandi cartelli, le alleanze extralarge non lo convincono.
Escludo il ritorno

L’ex sindaco ed ex presidente della Provincia con altrettanta convinzione ha escluso un suo ritorno alla politica attiva. “Il richiamo della foresta c’è sempre: dalle proprie passioni non ci si dimette. La passione rimane. Ma io ritengo che ci sia un tempo per ogni cosa. Ho cercato di dare il massimo negli anni in cui ho fatto l’amministratore ed oggi sto facendo altre cose con la stessa passione: la professione e l’insegnamento mi stanno dando belle soddisfazioni. Ogni cosa ha il suo tempo”.
Non tornerebbe né per fare il sindaco, né per guidare la Provincia, meno ancora per fare il consigliere e l’assessore regionale, meno di tutto per fare il senatore. “Amministrare mi è piaciuto ma adesso è tempo di fare altro”.
Sarà forse anche per una questione di menù politico: è tempo di fritto misto. Ed a Scalia non piace.